Le disperate iperboli di chi si vanta di essere «non-genitore»
di Umberto Folena
Negli
Jonathan Swift rabbrividisce, dalla tomba: possibile che qualcuno mi abbia preso sul serio? «L’infanticidio è saggezza se non si può avere contraccezione o aborto», pare abbia detto, in un impeto d’entusiasmo durante il primo «Non-genitori party di Francia» (o «No kids day», se preferite), la giornalista Laure Nouahlt. Già in quel remoto 1729, quando l’autore satirico pubblicava la sua «Modesta proposta», alcuni sudditi di Sua Maestà britannica dalla singolare mancanza di abilità critica, non sapendo di humour, presero sul serio Swift e, inorriditi, lo denunciarono per le idee abnormi, abominevoli, perverse.
Eppure la premessa di Swift, quasi tre secoli fa, non è troppo dissimile da quella dei partecipanti al party parigino dei giorni scorsi: «Si può scegliere di non avere bambini semplicemente perché non piacciono, ma anche per molte altre ragioni politiche, come la lotta all’inquinamento dei pannoloni o l’anidride carbonica prodotta dai neonati o perché è assurdo procreare in un mondo marcio dove non c’è abbastanza posto per tutti». Tutto estremamente ragionevole e scientificamente provato, non come gli irrazionali superstiziosi che cianciano di amore e altruismo e dedizione e, soprattutto speranza. Siamo dei disperati che abitano un mondo disperato, punto.
Swift, assai prosaicamente, aveva a che fare con mamme mendicanti seguite da un codazzo di bimbi straccioni da sfamare. Finché avessero avuto quel codazzo, tali mamme non avrebbero potuto cercarsi un lavoro e migliorare la propria condizione. Che fare, dunque? Semplice: tramutare il problema in una risorsa. Il problema dei bambini diventa una risorsa se quei bambini vengono venduti, il ricavato dato alla mamma, e loro avviati a fare parte della dieta delle classi benestanti. Per chi non avesse capito, Swift invitava a vendere, comprare e mangiare quei bambini, all’insegna della logica per cui 'tutto è mercato'.
Nulla di nuovo, dunque. L’unica differenza, un’inezia, è che Swift voleva colpire l’indifferenza nelle classi dirigenti colte inglesi di fronte al dramma della povertà estrema delle campagne irlandesi cattoliche, 'inventando' la metafora del ricco che divora il povero, peraltro dietro equo compenso. Ma Corinne Maier («40 buone ragioni per non avere figli» il suo capolavoro) o Theophile de Giraud («L’arte di ghigliottinare i procreatori») scherzano fino a un certo punto. Ce l’hanno con i bambini inquinatori, che non si capisce bene quando possano essere considerati 'persona' (e qui torna alla mente un altro agghiacciante racconto, «Le pre-persone» di Philip K. Dick), tanto da poter ipotizzare, provocatoriamente, l’infanticidio. Un neonato che sarà mai? Un feto un po’ cresciuto, incapace di essere indipendente.
Dopo Swift, oltre Swift. L’autore del «Gulliver» impugnava, come un metodico ragioniere, il pallottoliere per dimostrare i benefici di opportuni allevamenti di bambini cattolici irlandesi al fine di arricchire di proteine la dieta dei ricchi britannici. L’attore e critico belga Noel Godin si limita a sibilare, senza sottintesi «Mangiamoceli», accanto a un’esposizione di bambolotti torturati. Ma certo che scherza.
Esagera. È iperbolico, come tutti gli artisti. Se poi qualcuno lo piglia sul serio e trova conferma alla propria idea che i bambini, in fondo, sono 'oggetti' di proprietà ...
Eppure la premessa di Swift, quasi tre secoli fa, non è troppo dissimile da quella dei partecipanti al party parigino dei giorni scorsi: «Si può scegliere di non avere bambini semplicemente perché non piacciono, ma anche per molte altre ragioni politiche, come la lotta all’inquinamento dei pannoloni o l’anidride carbonica prodotta dai neonati o perché è assurdo procreare in un mondo marcio dove non c’è abbastanza posto per tutti». Tutto estremamente ragionevole e scientificamente provato, non come gli irrazionali superstiziosi che cianciano di amore e altruismo e dedizione e, soprattutto speranza. Siamo dei disperati che abitano un mondo disperato, punto.
Swift, assai prosaicamente, aveva a che fare con mamme mendicanti seguite da un codazzo di bimbi straccioni da sfamare. Finché avessero avuto quel codazzo, tali mamme non avrebbero potuto cercarsi un lavoro e migliorare la propria condizione. Che fare, dunque? Semplice: tramutare il problema in una risorsa. Il problema dei bambini diventa una risorsa se quei bambini vengono venduti, il ricavato dato alla mamma, e loro avviati a fare parte della dieta delle classi benestanti. Per chi non avesse capito, Swift invitava a vendere, comprare e mangiare quei bambini, all’insegna della logica per cui 'tutto è mercato'.
Nulla di nuovo, dunque. L’unica differenza, un’inezia, è che Swift voleva colpire l’indifferenza nelle classi dirigenti colte inglesi di fronte al dramma della povertà estrema delle campagne irlandesi cattoliche, 'inventando' la metafora del ricco che divora il povero, peraltro dietro equo compenso. Ma Corinne Maier («40 buone ragioni per non avere figli» il suo capolavoro) o Theophile de Giraud («L’arte di ghigliottinare i procreatori») scherzano fino a un certo punto. Ce l’hanno con i bambini inquinatori, che non si capisce bene quando possano essere considerati 'persona' (e qui torna alla mente un altro agghiacciante racconto, «Le pre-persone» di Philip K. Dick), tanto da poter ipotizzare, provocatoriamente, l’infanticidio. Un neonato che sarà mai? Un feto un po’ cresciuto, incapace di essere indipendente.
Dopo Swift, oltre Swift. L’autore del «Gulliver» impugnava, come un metodico ragioniere, il pallottoliere per dimostrare i benefici di opportuni allevamenti di bambini cattolici irlandesi al fine di arricchire di proteine la dieta dei ricchi britannici. L’attore e critico belga Noel Godin si limita a sibilare, senza sottintesi «Mangiamoceli», accanto a un’esposizione di bambolotti torturati. Ma certo che scherza.
Esagera. È iperbolico, come tutti gli artisti. Se poi qualcuno lo piglia sul serio e trova conferma alla propria idea che i bambini, in fondo, sono 'oggetti' di proprietà ...
«Avvenire» del 20 maggio 2010
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