La lezione degli stati vegetativi
E' accaduto a tre famiglie di persone in stato vegetativo: un team medico che lavora in un centro di avanguardia per gli studi sul coma, in Belgio, è venuto in Italia, e per di più completamente a titolo gratuito, su richiesta dei familiari di persone per le quali le diagnosi erano ' senza speranza', per esaminarne le condizioni. Risultati? Qualcuno sorprendente, complessivamente un’esperienza preziosa. Dovrebbe sempre funzionare così, il rapporto medico-paziente, nel ventunesimo secolo, quello del poderoso progresso medico-scientifico: una corretta informazione sui media, il contatto dei familiari con gli specialisti, l’arrivo degli studiosi, l’applicazione di protocolli medici innovativi, e qualche volta anche una diagnosi più adeguata. Sempre, comunque, uno scambio proficuo di conoscenze fra gli addetti ai lavori, dagli studiosi del settore a chi si occupa dell’assistenza quotidiana. Nessuna guarigione improvvisa, intendiamoci, ma nuove diagnosi e soprattutto un approccio diverso nei confronti di persone che, nella migliore delle ipotesi, sono ben curate ed assistite nel quotidiano ma ' abbandonate' scientificamente. D’altra parte, per quale motivo un giovane studioso di medicina dovrebbe impegnarsi a osservare e capire le condizioni di una persona che da quattordici anni ( come uno dei tre pazienti visitati) non dà segni di consapevolezza di sé? Persone con cui non si riesce a comunicare, a stabilire un contatto? Che illustri scienziati non esitano a definire «vegetali», «né morti né vivi » , con una « vita artificiale » , e potremmo continuare nell’elenco, tanto lungo quanto offensivo di espressioni ed epiteti buoni solo a descrivere una vita non più degna di essere vissuta, e quindi ancor meno di essere compresa, studiata e accompagnata?
Il motivo è semplice, e lo hanno ben capito coloro che hanno incontrato medici e studiosi ( come quelli venuti dal Belgio, ma non solo) che di questo si occupano: quelle in stato vegetativo sono innanzitutto persone, pienamente persone. E come tali vanno trattate.
Esseri umani in uno stato ancora poco conosciuto, dei quali sappiamo solo che con loro non riusciamo a stabilire un contatto come si fa abitualmente: con la parola, lo sguardo, i gesti. Non siamo in grado di escludere ma neppure di ipotizzare, e tanto meno di immaginarne le sensazioni, i sentimenti, i pensieri, il grado di coscienza e di consapevolezza di sé.
Vegliano e dormono, respirano come noi, e il resto è mistero. Un mistero che nuove conoscenze stanno cercando di sondare, e i primissimi risultati sono promettenti. Lo sviluppo delle neuroscienze – di queste stiamo parlando – inizia ad aprire una finestra affacciata su un mondo finora buio e inaccessibile, quello delle persone con gravi disturbi della coscienza, coloro che si trovano in stato vegetativo: la tecnologia e le conoscenze necessarie per i nuovi percorsi di diagnosi sono a portata di chiunque intenda servirsene, non ci sono ostacoli insormontabili. Non si tratta di alimentare illusioni, ma di incoraggiare fortemente gli studi nel settore, perché solo da questi potranno venire – forse, un giorno – percorsi riabilitativi o modalità impreviste per relazionarsi e comunicare con persone colpite da disabilità profonde ed estreme. Risultati che arriveranno solamente a condizione che ci si ricordi sempre di avere di fronte uomini e donne come noi, vivi, con la nostra stessa dignità, tutta intera. Misteriosamente, incomprensibilmente, ma pienamente persone.
Il motivo è semplice, e lo hanno ben capito coloro che hanno incontrato medici e studiosi ( come quelli venuti dal Belgio, ma non solo) che di questo si occupano: quelle in stato vegetativo sono innanzitutto persone, pienamente persone. E come tali vanno trattate.
Esseri umani in uno stato ancora poco conosciuto, dei quali sappiamo solo che con loro non riusciamo a stabilire un contatto come si fa abitualmente: con la parola, lo sguardo, i gesti. Non siamo in grado di escludere ma neppure di ipotizzare, e tanto meno di immaginarne le sensazioni, i sentimenti, i pensieri, il grado di coscienza e di consapevolezza di sé.
Vegliano e dormono, respirano come noi, e il resto è mistero. Un mistero che nuove conoscenze stanno cercando di sondare, e i primissimi risultati sono promettenti. Lo sviluppo delle neuroscienze – di queste stiamo parlando – inizia ad aprire una finestra affacciata su un mondo finora buio e inaccessibile, quello delle persone con gravi disturbi della coscienza, coloro che si trovano in stato vegetativo: la tecnologia e le conoscenze necessarie per i nuovi percorsi di diagnosi sono a portata di chiunque intenda servirsene, non ci sono ostacoli insormontabili. Non si tratta di alimentare illusioni, ma di incoraggiare fortemente gli studi nel settore, perché solo da questi potranno venire – forse, un giorno – percorsi riabilitativi o modalità impreviste per relazionarsi e comunicare con persone colpite da disabilità profonde ed estreme. Risultati che arriveranno solamente a condizione che ci si ricordi sempre di avere di fronte uomini e donne come noi, vivi, con la nostra stessa dignità, tutta intera. Misteriosamente, incomprensibilmente, ma pienamente persone.
«Avvenire» del 21 aprile 2010
Nessun commento:
Posta un commento