di Vittorio Sabadin
Per la prima volta un’inchiesta realizzata da un sito Internet ha vinto il premio Pulitzer, il maggiore riconoscimento del giornalismo americano. E’ una buona notizia da molti punti di vista. Ma in particolare perché conferma che la qualità potrà sopravvivere alla crisi dei giornali, grazie a nuove organizzazioni editoriali che nessuno fino a pochi anni fa aveva anche solo provato a immaginare. Il premio è stato assegnato a Sheri Fink, del sito ProPublica.org, per un servizio realizzato negli ospedali di New Orleans durante il passaggio dell’uragano Katrina. La giornalista aveva documentato in 13 mila parole il dramma dei medici rimasti a operare nelle sale allagate e prive di energia elettrica, e costretti a praticare iniezioni letali ai pazienti che non potevano essere evacuati.
Molti servizi del genere, focalizzati sul pubblico interesse, hanno ricevuto in passato il premio intitolato a Joseph Pulitzer, l’editore che lasciò nel 1911 tutti i suoi averi alla Columbia University. Ma il comitato indipendente che lo assegna ha voluto questa volta dare anche un’indicazione di come si augura che il giornalismo investigativo, quasi scomparso dai quotidiani, possa sopravvivere in futuro.
ProPublica.org è stato ideato nel 2007 per iniziativa di un gruppo di giornalisti che hanno deciso di lasciare la carta stampata per fondare un proprio sito web. Il direttore, Paul Steiger, era capo redattore del Wall Street Journal e il suo principale collaboratore, Stephen Engelberg, era un cronista di punta del New York Times. Insieme hanno a lungo riflettuto sui danni che le voraci aspettative degli azionisti e l’ossessione degli editori per alti margini di utile stavano causando al giornalismo americano. Le grandi inchieste richiedono molto tempo, sono costose e quando cominciano non danno nessuna certezza di poter essere tramutate in articoli e in copie vendute: molte storie che sembravano promettenti finiscono spesso nel nulla.
Il principale problema di Steiger, quello di trovare i soldi per finanziare la qualità, è stato risolto grazie all’aiuto della Fondazione di Herbert e Marion Sandler, filantropi progressisti e grandi finanziatori del partito di Obama. Essendo un’organizzazione non-profit, ProPublica spende tutti i soldi che riceve e non paga tasse. Altre imprese, come California Watch e Texas Tribune, hanno utilizzato lo stesso modello, sempre con l’obiettivo di difendere il giornalismo investigativo e l’interesse collettivo.
ProPublica ha ora alle proprie dipendenze 32 giornalisti e cede i suoi articoli, senza alcun compenso, ad altre pubblicazioni tradizionali. Il servizio da New Orleans è stato messo online con foto e approfondimenti multimediali ed è stato pubblicato come semplice articolo dal New York Times Magazine, cosa che ha di certo contribuito a renderlo famoso. Nel solo 2009, il sito ha prodotto 138 inchieste di rilievo, in collaborazione con 38 riviste e giornali. Secondo Sig Gissler, amministratore del Premio Pulitzer, «l’editoria deve aspettarsi in futuro numerose collaborazioni di questo tipo, visto che le imprese editoriali affronteranno situazioni finanziarie sempre più difficili».
Il mondo di Internet era stato ammesso al Pulitzer lo scorso anno, ma avevano vinto i tradizionali giornali su carta. Questa volta il web è stato legittimato anche dal premio per la migliore vignetta satirica, che il San Francisco Chronicle ha pubblicato solo nella propria edizione online. Tutto sta cambiando molto in fretta, e nessuno è ancora in grado di dire quale sarà davvero il futuro dell’informazione nel nuovo mondo digitale, ma l’esperimento di ProPublica sembra a molti un’idea da tenere in considerazione. Poiché il buon giornalismo è ancora (e sempre più) necessario alle società civili, chiunque trovi il modo di continuare a realizzarlo va incoraggiato e premiato.
Molti servizi del genere, focalizzati sul pubblico interesse, hanno ricevuto in passato il premio intitolato a Joseph Pulitzer, l’editore che lasciò nel 1911 tutti i suoi averi alla Columbia University. Ma il comitato indipendente che lo assegna ha voluto questa volta dare anche un’indicazione di come si augura che il giornalismo investigativo, quasi scomparso dai quotidiani, possa sopravvivere in futuro.
ProPublica.org è stato ideato nel 2007 per iniziativa di un gruppo di giornalisti che hanno deciso di lasciare la carta stampata per fondare un proprio sito web. Il direttore, Paul Steiger, era capo redattore del Wall Street Journal e il suo principale collaboratore, Stephen Engelberg, era un cronista di punta del New York Times. Insieme hanno a lungo riflettuto sui danni che le voraci aspettative degli azionisti e l’ossessione degli editori per alti margini di utile stavano causando al giornalismo americano. Le grandi inchieste richiedono molto tempo, sono costose e quando cominciano non danno nessuna certezza di poter essere tramutate in articoli e in copie vendute: molte storie che sembravano promettenti finiscono spesso nel nulla.
Il principale problema di Steiger, quello di trovare i soldi per finanziare la qualità, è stato risolto grazie all’aiuto della Fondazione di Herbert e Marion Sandler, filantropi progressisti e grandi finanziatori del partito di Obama. Essendo un’organizzazione non-profit, ProPublica spende tutti i soldi che riceve e non paga tasse. Altre imprese, come California Watch e Texas Tribune, hanno utilizzato lo stesso modello, sempre con l’obiettivo di difendere il giornalismo investigativo e l’interesse collettivo.
ProPublica ha ora alle proprie dipendenze 32 giornalisti e cede i suoi articoli, senza alcun compenso, ad altre pubblicazioni tradizionali. Il servizio da New Orleans è stato messo online con foto e approfondimenti multimediali ed è stato pubblicato come semplice articolo dal New York Times Magazine, cosa che ha di certo contribuito a renderlo famoso. Nel solo 2009, il sito ha prodotto 138 inchieste di rilievo, in collaborazione con 38 riviste e giornali. Secondo Sig Gissler, amministratore del Premio Pulitzer, «l’editoria deve aspettarsi in futuro numerose collaborazioni di questo tipo, visto che le imprese editoriali affronteranno situazioni finanziarie sempre più difficili».
Il mondo di Internet era stato ammesso al Pulitzer lo scorso anno, ma avevano vinto i tradizionali giornali su carta. Questa volta il web è stato legittimato anche dal premio per la migliore vignetta satirica, che il San Francisco Chronicle ha pubblicato solo nella propria edizione online. Tutto sta cambiando molto in fretta, e nessuno è ancora in grado di dire quale sarà davvero il futuro dell’informazione nel nuovo mondo digitale, ma l’esperimento di ProPublica sembra a molti un’idea da tenere in considerazione. Poiché il buon giornalismo è ancora (e sempre più) necessario alle società civili, chiunque trovi il modo di continuare a realizzarlo va incoraggiato e premiato.
«La Stampa» del 14 aprile 2010
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