Come far capire ai ragazzi che non devono idolatrare le nuove tecnologie? Parla il massmediologo americano Glenn Mosley
di Vincenzo Grienti
«Le nuove tecnologie offrono opportunità di sviluppo tanto ai flussi di comunicazione positiva quanto a quelli di comunicazione negativa, sebbene bisogna ammettere che questo tipo di considerazione può essere altrettanto applicata ai tradizionali mezzi di comunicazione, che hanno sperimentato questo aspetto per anni'. Ne è convinto Glenn Mosley, direttore del laboratorio audiovisivo della Scuola di Giornalismo e Mass Media dell’University of Idaho, negli Stati Uniti. Docente dal 1996 di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico e radiotelevisivo, Mass media e società, presso la School of Journalism and Mass Media della University of Idaho, Mosley è un giornalista di lungo corso che ha lavorato come reporter per Northwest Public Radio e per altre stazioni radio pubbliche diffuse in tutta la costa pacifica, nordoccidentale degli Stati Uniti.
Con l’avvento di Internet è cambiato anche il modo di fare giornalismo. Secondo lei i giornali di carta, anche per via della crisi economica che ha investito i mercati mondiali, scompariranno per far posto alle edizioni on line, così come annunciato dal 'New York Times'?
«Non credo che nessuno sappia realmente cosa il futuro ci riservi, in termini di quale mass media sopravviverà o quale invece soccomberà in base ai cambiamenti in atto al momento nel nostro sistema industriale.
Qualsiasi previsione sarà incerta finché non saranno creati nuovi modelli di produzione di revenue, ossia di profitto o di reddito. Alla fine probabilmente osserveremo la combinazione di vecchi e nuovi media, ma tutto questo è soltanto una supposizione. In realtà, tutto questo sarà determinato dalle richieste del mercato e dei consumatori. A tale proposito, è importante che giornalisti e organi di comunicazione rispondano alla domanda che proviene dalle nuove tecnologie di comunicazione e trovino i modi per garantire una informazione leale e accurata, utilizzando sapientemente le tecnologie a portata di mano nel contesto di tali informazioni».
Oggi internet è uno spazio interattivo che registra una nuova fase definita Web 2.0 anche per via dell’utilizzo dei «social network» da parte degli utenti. Secondo lei c’è il rischio come scrive il sociologo Bauman di una «solitudine di tastiera» da parte degli utenti e in particolare dei giovani?
«Quello psicologico è in effetti un aspetto della nuova tecnologia digitale in cui fatichiamo ancora a orientarci. Ancora non sappiamo quali saranno gli effetti dell’impatto di tutti questi fattori, e probabilmente resterà comunque poco chiaro ancora per anni. In base alla mia esperienza, mi sembra corretto, tuttavia, rilevare che la competenza linguistica, in altri termini la scrittura e la comprensione nella lettura, è precipitata negli ultimi dieci-dodici anni».
Con i «social network» virtuale e reale si integreranno sempre di più oppure arriveremo a un prossimo futuro in cui tutti saremo sempre connessi?
«Questo è uno dei classici temi utilizzato per anni dagli autori di sceneggiature di fantascienza: controlleremo la tecnologia oppure saremo controllati da essa? È un quesito molto importante. Avremo certamente notato esempi di studenti che parlano più con il loro computer portatile che con gli altri studenti. Per contro, l’utilizzo delle nuove tecnologie aiuta ciascun studente ad arricchire se stesso e a seguire un altro studente modello che si trova in un altro paese, il che certamente allarga l’esperienza umana e il bagaglio culturale, senza ovviamente sminuirlo affatto. Ancora una volta ci tocca valutare la faccia positiva e negativa della medaglia tecnologia».
A suo avviso quali sono i passi da compiere per contribuire a educare e a far prendere coscienza dei nuovi strumenti di comunicazione?
«Prima di tutto bisogna capire che ciò che è considerato 'nuovo' o una 'risorsa' da parte di un docente, può rappresentare una novità 'vecchia' per uno studente universitario. Per uno studente la tecnologia è semplicemente lì davanti a loro, dove tutti la usano.
In secondo luogo, non possiamo perdere di vista il fatto che come società abbiamo sempre avuto una 'nuova tecnologia' da usare: la radio era una novità e a suo tempo, anche le immagini in movimento lo erano, e persino la televisione fu una novità. La questione, piuttosto, è sempre stata relativa al cosa fare con la tecnologia, quali siano i contenuti che dovremmo creare.
Piuttosto, dovremmo chiedere agli studenti se abbiano qualcosa da dire in merito. Continuiamo a formarli sulle competenze di base: la scrittura, l’abilità grammaticale e sintattica, il pensiero critico, le strategie per la risoluzione di problemi e allo stesso tempo facciamo del nostro meglio per tenerci al passo con le nuove tecnologie».
Con l’avvento di Internet è cambiato anche il modo di fare giornalismo. Secondo lei i giornali di carta, anche per via della crisi economica che ha investito i mercati mondiali, scompariranno per far posto alle edizioni on line, così come annunciato dal 'New York Times'?
«Non credo che nessuno sappia realmente cosa il futuro ci riservi, in termini di quale mass media sopravviverà o quale invece soccomberà in base ai cambiamenti in atto al momento nel nostro sistema industriale.
Qualsiasi previsione sarà incerta finché non saranno creati nuovi modelli di produzione di revenue, ossia di profitto o di reddito. Alla fine probabilmente osserveremo la combinazione di vecchi e nuovi media, ma tutto questo è soltanto una supposizione. In realtà, tutto questo sarà determinato dalle richieste del mercato e dei consumatori. A tale proposito, è importante che giornalisti e organi di comunicazione rispondano alla domanda che proviene dalle nuove tecnologie di comunicazione e trovino i modi per garantire una informazione leale e accurata, utilizzando sapientemente le tecnologie a portata di mano nel contesto di tali informazioni».
Oggi internet è uno spazio interattivo che registra una nuova fase definita Web 2.0 anche per via dell’utilizzo dei «social network» da parte degli utenti. Secondo lei c’è il rischio come scrive il sociologo Bauman di una «solitudine di tastiera» da parte degli utenti e in particolare dei giovani?
«Quello psicologico è in effetti un aspetto della nuova tecnologia digitale in cui fatichiamo ancora a orientarci. Ancora non sappiamo quali saranno gli effetti dell’impatto di tutti questi fattori, e probabilmente resterà comunque poco chiaro ancora per anni. In base alla mia esperienza, mi sembra corretto, tuttavia, rilevare che la competenza linguistica, in altri termini la scrittura e la comprensione nella lettura, è precipitata negli ultimi dieci-dodici anni».
Con i «social network» virtuale e reale si integreranno sempre di più oppure arriveremo a un prossimo futuro in cui tutti saremo sempre connessi?
«Questo è uno dei classici temi utilizzato per anni dagli autori di sceneggiature di fantascienza: controlleremo la tecnologia oppure saremo controllati da essa? È un quesito molto importante. Avremo certamente notato esempi di studenti che parlano più con il loro computer portatile che con gli altri studenti. Per contro, l’utilizzo delle nuove tecnologie aiuta ciascun studente ad arricchire se stesso e a seguire un altro studente modello che si trova in un altro paese, il che certamente allarga l’esperienza umana e il bagaglio culturale, senza ovviamente sminuirlo affatto. Ancora una volta ci tocca valutare la faccia positiva e negativa della medaglia tecnologia».
A suo avviso quali sono i passi da compiere per contribuire a educare e a far prendere coscienza dei nuovi strumenti di comunicazione?
«Prima di tutto bisogna capire che ciò che è considerato 'nuovo' o una 'risorsa' da parte di un docente, può rappresentare una novità 'vecchia' per uno studente universitario. Per uno studente la tecnologia è semplicemente lì davanti a loro, dove tutti la usano.
In secondo luogo, non possiamo perdere di vista il fatto che come società abbiamo sempre avuto una 'nuova tecnologia' da usare: la radio era una novità e a suo tempo, anche le immagini in movimento lo erano, e persino la televisione fu una novità. La questione, piuttosto, è sempre stata relativa al cosa fare con la tecnologia, quali siano i contenuti che dovremmo creare.
Piuttosto, dovremmo chiedere agli studenti se abbiano qualcosa da dire in merito. Continuiamo a formarli sulle competenze di base: la scrittura, l’abilità grammaticale e sintattica, il pensiero critico, le strategie per la risoluzione di problemi e allo stesso tempo facciamo del nostro meglio per tenerci al passo con le nuove tecnologie».
«Avvenire» del 15 aprile 2010
Nessun commento:
Posta un commento