Sull’Unità bocciò la faziosità di Santoro. E ora fa a pezzi l’antiberlusconismo a priori. Ecco lo scrittore "duro e puro" che non accetta come compagni né Fini né Travaglio
di Luigi Mascheroni
Come esiste anche una destra ignorante, populista, persino xenofoba e illiberale, così esiste anche una sinistra intelligente, moderata, persino umile e simpatica. Ad esempio: Francesco Piccolo. Un uomo «di sinistra» tutto d’un pezzo, che a Silvio Berlusconi, a questo governo e a questa destra non ha mai fatto, né farà mai, sconti. Un intellettuale «organico», come si diceva una volta, capace di essere coscienza critica del Paese, e quando serve anche di se stessi, cioè della propria parte politica. E pronto, tutte le volte che serve, a parlare, a confrontarsi, a dialogare senza vergogna né spocchia con «l’altro». O perlomeno disposto ad ascoltarlo, senza pregiudizi. Caso abbastanza raro peraltro in Italia, dove appena uno scrittore di sinistra scrive una riga su un giornale di destra è condannato per «collusione» col nemico.
Temiamo che la cosa non gli faccia piacere, ma Francesco Piccolo - 46 anni, casertano trapiantato a Roma, un talento per la scrittura narrativa e cinematografica - rischia di passare per un intellettuale di sinistra che piace anche a destra. Dopo che Umberto Eco ha tagliato la barba, è anche uno dei pochi ad avere il physique del maître à penser.
Scrittore che ha pubblicato da Feltrinelli (ma anche da Einaudi, e senza sensi di colpa) raccolte di racconti e romanzi molto fortunati e ben recensiti, come Allegro occidentale o La separazione del maschio, e sceneggiatore che ha lavorato a film molto popolari e citati, come Il Caimano (e il prossimo Habemus Papam) di Nanni Moretti o Caos calmo di Sandro Veronesi, Francesco Piccolo ha più volte dimostrato di saper superare lo snobismo sprezzante e la presunzione di verità propri della sua casta, guadagnandosi silenziosi plausi dai «nemici» e altrettanto velati appunti dagli «amici». Come la volta, un anno fa esatto, che dalle pagine dell’Unità - dove scrive regolarmente - impallinò i “compagni” dopo una puntata di Annozero in cui Michele Santoro aveva usato il terremoto e i terremotati dell’Aquila come pretesto per l’ennesima accusa a Berlusconi: «C’era una forma evidente di violenza, di arroganza, tipiche delle persone che si sentono dalla parte giusta ma che per questo motivo sono convinte di poter esercitare una violenza, adottare una volgarità, un sarcasmo che io non solo non riesco a condividere, ma di solito, da queste serate, ne esco sempre con un sentimento di compassione per i maltrattati, anche se i maltrattati sono persone di cui non condivido una sola parola». Spiegando perché molti, a sinistra, non hanno l’onestà di esprimere il proprio dissenso verso Santoro: «Quindici anni di berlusconismo hanno prodotto un pensiero pericoloso e piatto, che è il seguente: tutti coloro che sono antiberlusconiani stanno dalla stessa parte (...) Se Santoro fa una puntata violenta e poco condivisibile sul terremoto, se Vauro disegna vignette volgari, non importa, poiché sono sotto attacco del nemico, bisogna per forza stare dalla parte loro. E quello che ti piace per davvero, non conta più».
Intellettuale così anomalo per i salotti-snob da sembrare normale (non disdegna i talent show e i reality, e gli piacciono persino i kolossal americani come Avatar), e così ortodosso per il popolo anti-Cav da apparire eretico (proprio in nome della purezza delle proprie idee non accetta di stare negli stessi cortei con i grillini o i Di Pietro che con la sinistra non c’entrano nulla), Francesco Piccolo ha l’incoscienza e il coraggio di smascherare una «casta» culturale e politica che nel nome dell’antiberlusconismo a prescindere si è staccata dal resto della società. Rimpiazzando semplici idee di senso comune con l’ignorante pregiudizio del profitto ideologico.
L’altroieri, sempre sull’Unità, a proposito della corte serratissima che certa sinistra sta facendo da tempo a Gianfranco Fini, Piccolo ha scritto: «La speranza del tramonto di Berlusconi è talmente pressante che si trasforma in una faziosità senza alcuna coerenza. Imbarchiamo dalla nostra parte qualsiasi essere respirante abbia da dire contro Berlusconi: che siano giornalisti di destra, o ex fascisti che hanno messo in piedi leggi violente contro l’immigrazione. Chiunque può diventare il nostro eroe, da un giorno all’altro; persino Bocchino». Una riflessione talmente banale nella sua lucidità ma così fastidiosa nella sua sfacciataggine da creare una coda polemica, ieri, sul Corriere della sera. Dove, in un’intervista, Piccolo tra le altre cose ha spiegato: «Se c’è uno che non è di sinistra, quello è Di Pietro: eppure tutti lì, ad applaudirlo»; che «Grillo è un maestro di populismo: siamo andati a fargli festa nelle piazze mentre ci stava facendo perdere le elezioni»; e che «Travaglio è uno che non ha niente di sinistra, e come lui tanti, tanti altri... ». Concludendo, amareggiato, che «così non facciamo più politica propositiva, ma sempre e solo invettiva (...) Alla fine ciò che conta è scagliarsi, aggredire».
Di fronte a una coalizione politica sinceramente e confusamente democratica, oltreché «faziosa» e «intollerante», che non ha più identità tanto da aggrapparsi a qualsiasi cosa di destra serva per stare galla, ci voleva un intellettuale duro e puro come Piccolo, romanziere-antropologo e incidentalmente “paroliere” di Nanni Moretti, per «dire qualcosa di sinistra». Anche a costo, come succederà, di passare per uno di destra.
Temiamo che la cosa non gli faccia piacere, ma Francesco Piccolo - 46 anni, casertano trapiantato a Roma, un talento per la scrittura narrativa e cinematografica - rischia di passare per un intellettuale di sinistra che piace anche a destra. Dopo che Umberto Eco ha tagliato la barba, è anche uno dei pochi ad avere il physique del maître à penser.
Scrittore che ha pubblicato da Feltrinelli (ma anche da Einaudi, e senza sensi di colpa) raccolte di racconti e romanzi molto fortunati e ben recensiti, come Allegro occidentale o La separazione del maschio, e sceneggiatore che ha lavorato a film molto popolari e citati, come Il Caimano (e il prossimo Habemus Papam) di Nanni Moretti o Caos calmo di Sandro Veronesi, Francesco Piccolo ha più volte dimostrato di saper superare lo snobismo sprezzante e la presunzione di verità propri della sua casta, guadagnandosi silenziosi plausi dai «nemici» e altrettanto velati appunti dagli «amici». Come la volta, un anno fa esatto, che dalle pagine dell’Unità - dove scrive regolarmente - impallinò i “compagni” dopo una puntata di Annozero in cui Michele Santoro aveva usato il terremoto e i terremotati dell’Aquila come pretesto per l’ennesima accusa a Berlusconi: «C’era una forma evidente di violenza, di arroganza, tipiche delle persone che si sentono dalla parte giusta ma che per questo motivo sono convinte di poter esercitare una violenza, adottare una volgarità, un sarcasmo che io non solo non riesco a condividere, ma di solito, da queste serate, ne esco sempre con un sentimento di compassione per i maltrattati, anche se i maltrattati sono persone di cui non condivido una sola parola». Spiegando perché molti, a sinistra, non hanno l’onestà di esprimere il proprio dissenso verso Santoro: «Quindici anni di berlusconismo hanno prodotto un pensiero pericoloso e piatto, che è il seguente: tutti coloro che sono antiberlusconiani stanno dalla stessa parte (...) Se Santoro fa una puntata violenta e poco condivisibile sul terremoto, se Vauro disegna vignette volgari, non importa, poiché sono sotto attacco del nemico, bisogna per forza stare dalla parte loro. E quello che ti piace per davvero, non conta più».
Intellettuale così anomalo per i salotti-snob da sembrare normale (non disdegna i talent show e i reality, e gli piacciono persino i kolossal americani come Avatar), e così ortodosso per il popolo anti-Cav da apparire eretico (proprio in nome della purezza delle proprie idee non accetta di stare negli stessi cortei con i grillini o i Di Pietro che con la sinistra non c’entrano nulla), Francesco Piccolo ha l’incoscienza e il coraggio di smascherare una «casta» culturale e politica che nel nome dell’antiberlusconismo a prescindere si è staccata dal resto della società. Rimpiazzando semplici idee di senso comune con l’ignorante pregiudizio del profitto ideologico.
L’altroieri, sempre sull’Unità, a proposito della corte serratissima che certa sinistra sta facendo da tempo a Gianfranco Fini, Piccolo ha scritto: «La speranza del tramonto di Berlusconi è talmente pressante che si trasforma in una faziosità senza alcuna coerenza. Imbarchiamo dalla nostra parte qualsiasi essere respirante abbia da dire contro Berlusconi: che siano giornalisti di destra, o ex fascisti che hanno messo in piedi leggi violente contro l’immigrazione. Chiunque può diventare il nostro eroe, da un giorno all’altro; persino Bocchino». Una riflessione talmente banale nella sua lucidità ma così fastidiosa nella sua sfacciataggine da creare una coda polemica, ieri, sul Corriere della sera. Dove, in un’intervista, Piccolo tra le altre cose ha spiegato: «Se c’è uno che non è di sinistra, quello è Di Pietro: eppure tutti lì, ad applaudirlo»; che «Grillo è un maestro di populismo: siamo andati a fargli festa nelle piazze mentre ci stava facendo perdere le elezioni»; e che «Travaglio è uno che non ha niente di sinistra, e come lui tanti, tanti altri... ». Concludendo, amareggiato, che «così non facciamo più politica propositiva, ma sempre e solo invettiva (...) Alla fine ciò che conta è scagliarsi, aggredire».
Di fronte a una coalizione politica sinceramente e confusamente democratica, oltreché «faziosa» e «intollerante», che non ha più identità tanto da aggrapparsi a qualsiasi cosa di destra serva per stare galla, ci voleva un intellettuale duro e puro come Piccolo, romanziere-antropologo e incidentalmente “paroliere” di Nanni Moretti, per «dire qualcosa di sinistra». Anche a costo, come succederà, di passare per uno di destra.
«Il Giornale» del 28 aprile 2010
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