di Sabino Acquaviva
Il mondo cambia così, poco a poco, con l’aiuto di scienza e tecnica, mentre le più o meno vecchie ideologie politiche restano nel cassetto, se non finiscono nella pattumiera. Un esempio? L’archivio del mondo, cioè il cosiddetto supermemorizzatore. Quanto prima potremo disporre di un congegno, da portare in tasca, capace di rendere accessibile online tutta la “sapienza” del pianeta. Nel frattempo sin d’ora è possibile consultare, su Google, nove miliardi di pagine, attraverso le quali si è sconvolto il modo di accedere all’informazione. Ma questo supermemorizzatore è destinato a diventare uno strumento per la costruzione di una prigione del mondo? Difficile dirlo. È vero, comunque, che le chiavi dell’informazione saranno in poche mani. Inoltre, non possiamo dimenticare gli altri strumenti che questa seconda, o terza, rivoluzione tecnicoscientifica mette a nostra disposizione: strumenti sempre più sofisticati e incontrollabili di intercettazione, telecamere “pubbliche” di ogni tipo, etichette intelligenti che sfruttano le radiofrequenze, scanner che leggono le impronte digitali in luoghi sensibili, a cominciare dalle banche, eccetera, eccetera. Inoltre, il controllo dell’opinione pubblica mondiale diventa compito (in America) di un organismo specializzato destinato, entro relativamente poco tempo, ad archiviare di tutto: le ricevute dei biglietti aerei, gli scontrini di cassa di negozi di ogni tipo, le telefonate via cellulare, le pagelle scolastiche, i percorsi autostradali, le ricette mediche, le conversazioni via internet, le telefonate private e pubbliche, eccetera. In conclusione, come osserva uno dei sui dirigenti, «questo nuovo organismo sta creando una tecnologia rivoluzionaria». Alcuni anni or sono Peter Aldridge, allora sottosegretario americano alla Difesa, sosteneva che la connessione di miliardi di informazione è essenziale. E diceva: «Abbiamo un oceano di dati e non li sfruttiamo». Il supermemorizzatore che continua a dilatarsi, poco a poco ma inesorabilmente, è uno strumento capace, e forse destinato, a coordinare e unificare appunto l’oceano di dati che è possibile masticare e digerire. Ma la cosa essenziale è il fatto che la nostra immagine del mondo è fatalmente destinata a mutare, anzi, è già differente. Parole come opinione pubblica, democrazia, privacy, e simili stanno cambiando di senso applicate a un mondo e una civiltà così diverse.
Certamente, dobbiamo essere liberi, capaci di decidere del nostro destino, indipendenti e con la possibilità di vivere e fare nostre autentiche e personali esperienze politiche, religiose, umane e culturali. Ma come difenderci dallo strapotere di scienza e tecnica applicate al quotidiano della vita di miliardi di individui che, a loro volta, elaborano e trasmettono miliardi di informazioni con metodi espressivi e di comunicazione un tempo inesistenti o sconosciuti? Tra l’altro penso che saremo costretti a ripensare, anche politicamente, il nostro futuro.
Un esempio: si parla di una legge sulla privacy. Di chi e per chi? Per gli italiani o per i miliardi di individui che elaborano infinite informazioni controllate e immagazzinate da forse migliaia di organismi “ad hoc”? E poi, alla fine, è possibile controllare questo gigantesco sistema di spionaggio elettronico? Ho l’impressione che continuiamo a discutere, come sempre e con il linguaggio di ieri, di una realtà radicalmente nuova.
Certamente, dobbiamo essere liberi, capaci di decidere del nostro destino, indipendenti e con la possibilità di vivere e fare nostre autentiche e personali esperienze politiche, religiose, umane e culturali. Ma come difenderci dallo strapotere di scienza e tecnica applicate al quotidiano della vita di miliardi di individui che, a loro volta, elaborano e trasmettono miliardi di informazioni con metodi espressivi e di comunicazione un tempo inesistenti o sconosciuti? Tra l’altro penso che saremo costretti a ripensare, anche politicamente, il nostro futuro.
Un esempio: si parla di una legge sulla privacy. Di chi e per chi? Per gli italiani o per i miliardi di individui che elaborano infinite informazioni controllate e immagazzinate da forse migliaia di organismi “ad hoc”? E poi, alla fine, è possibile controllare questo gigantesco sistema di spionaggio elettronico? Ho l’impressione che continuiamo a discutere, come sempre e con il linguaggio di ieri, di una realtà radicalmente nuova.
«Avvenire» del 23 aprile 2010
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