di Maurizio Cucchi
Marco Forti è un critico ormai storico della nostra letteratura contemporanea, un critico che già aveva molto lavorato sulla poesia (dai tempi di «Le proposte della poesia negli anni Sessanta», fino al più recente e riassuntivo «Il Novecento in versi»), ma che ha sempre, con uguale interesse, spaziato anche nel vasto campo della narrativa, di cui ci offre ora un vasto repertorio di ritratti e recensioni in un volume di oltre mille pagine edito dalla Fondazione Mondadori e dal Saggiatore: «Narrativa e romanzo nel Novecento italiano» (euro 35). Si tratta di un’opera che prende in considerazione il secolo a partire da una sua fase già piuttosto avanzata, e dunque dal 1920 (anno, tra l’altro, della scomparsa prematura di uno dei nostri narratori più importanti e originali di sempre, Federigo Tozzi), per arrivare ad esperienze ormai classiche di secondo Novecento come sono le opere di Italo Calvino, Paolo Volponi, Francesca Sanvitale, Goffredo Parise, Giuseppe Pontiggia, Dacia Maraini. Un campionario dunque molto vasto, che nelle parti precedenti esamina altri autori imprescindibili del secolo ormai trascorso. Forti entra in modo analitico e puntuale nella vastissima materia che affronta. E lo fa con la discrezione e la competenza di chi sa che suo compito non è quello di mettere se stesso - il critico - in primo piano, ma è quello di far emergere la personalità dell’autore tenendosi in ombra, pur essendo a sua volta autore, e autore formatosi in una realtà culturale ben precisa, quella della letteratura fiorentina del dopoguerra, ermetica e immediatamente postermetica. Leggendo o consultando questo libro si affacciano naturalmente due considerazioni. La prima riguarda la funzione e l’apertura culturale e mentale del critico: Marco Forti è stato uno dei pochi, come dicevo, in grado di muoversi con uguale disinvoltura sul terreno della poesia come su quello della prosa. Tra i maggiori studiosi di Montale, curatore della prima serie dell’Almanacco dello Specchio, è stato direttore della stessa collana di poesia dello Specchio, e ci offre in questo libro (che riprende saggi e articoli usciti su giornali e riviste in vari periodi) interventi di qualità su narratori come Aldo Palazzeschi, Carlo Emilio Gadda, Lalla Romano, Mario Soldati, Alberto Moravia, Guido Piovene, Tommaso Landolfi, Giorgio Bassani, Vasco Pratolini, Elsa Morante, Carlo Cassola, Beppe Fenoglio ecc. Mi si perdoni l’interminabile elenco, ma proprio da un elenco di questo genere nasce una seconda considerazione, che riguarda la vitalità e la varietà della nostra narrativa nel Novecento. Molto spesso, infatti, si sente ripetere che la nostra è una letteratura che non ha saputo produrre molta narrativa di qualità, quanto meno rispetto ad altre letterature. Ma il secolo che ci siamo lasciati alle spalle dimostra chiaramente che questo è un equivoco da smantellare, e che nella sua fase centrale il Novecento ha prodotto molta narrativa di qualità, oltre gli stessi molti nomi citati, oltre gli stessi molti autori considerati da un critico imparziale e giustamente severo come Marco Forti.
Occorre, io credo, rileggere il meglio di quei romanzi e forse potrebbero farlo anche molti narratori stagionali del nostro tempo, nei cui libri si vedono pochissime radici solide e molto kitsch assorbito meccanicamente dal varietà totale della società d’oggi.
Occorre, io credo, rileggere il meglio di quei romanzi e forse potrebbero farlo anche molti narratori stagionali del nostro tempo, nei cui libri si vedono pochissime radici solide e molto kitsch assorbito meccanicamente dal varietà totale della società d’oggi.
«Avvenire» del 10 dicembre 2009
Nessun commento:
Posta un commento