di Giuseppe Conte
Leggo sempre con vivissimo interesse il «Corriere» e gli articoli di Ernesto Galli della Loggia in particolare. Quello di ieri, in verità, mi è sembrato esplosivo nei suoi contenuti, anche se poi nel finale si normalizza con il discorso sulla politica italiana berlusconizzata. Galli della Loggia sostiene che l'Occidente svanisce, l'Europa svanisce, la famiglia e la Chiesa, se non svaniscono, certo perdono ogni giorno di più la forza di coesione sociale a loro connesse. Ora, ci vuol poco a capire la dimensione apocalittica di questa analisi, che apre scenari nuovi e di terribile importanza. Manca al quadro apocalittico il tema della emergenza ambientale e dell'attacco violento dell'uomo alla Madre Terra. Ma su di esso gli intellettuali italiani in genere hanno lo stesso atteggiamento dei politici dell'estremo Ponente ligure verso la mafia: non esiste. Ora, io non credo che la politica italiana, spesso afflitta da pronuncia dialettale e da mentalità di cortile, possa da sola affrontare simili scenari che hanno aspetti sovranazionali, etici, metafisici. Questi sono compiti per la cultura. Per una cultura nuova, aperta, rivoluzionaria. Sono compiti per l'immaginazione creatrice di poeti e scrittori. Invece cosa succede? La cultura italiana, mediamente, è vecchia come e più della politica, cieca, eurocentrica, ombelicale, passatista, conformista, narcisistica. Fatta da gente che ritiene per esempio una grande battaglia protestare contro l'editoria e il mercato, salvo desiderare con la lingua di fuori di entrarvi, o una gran novità rifondare una rivista degli anni Settanta, già chiusa e settaria allora. Nessun grande progetto, nessun grande sogno, nessun futuro da inventare su nuovi assetti della società, dell'economia, del modo di vivere, dell' eros, del sacro. Un nichilismo materialista ben pagato e ben poco eroico continua a trionfare. Ma, rivolgo la domanda a Galli della Loggia, ancora per molto?
«Corriere della Sera» dell'8 luglio 2010
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