12 maggio 2010

Le metamorfosi dell'uomo Ulisse

Il saggio di Eva Cantarella sull'eroe
di Armando Torno
Ulisse, dannato Ulisse. Come si fa a capirlo, a inseguirne le trasformazioni, a coglierlo in un atteggiamento usuale? Nel canto XXVI dell'Inferno sembra sfuggire a Dante, tanto che uno studioso raffinato quale Bruno Nardi vide in questa raffigurazione un ribelle, pari ad Adamo o a Lucifero. Nel primo atto di Troilo e Cressida di Shakespeare presta la maschera al sommo commediografo e ispira parole per difendere con un nobile discorso l'ordine e la gerarchia, condannando così il complotto del conte di Essex contro la regina Elisabetta. E in pieno Novecento eccolo chiamarsi Leopold Bloom: siamo nell'Ulysses di Joyce. Le sue avventure ora si svolgono tra i flutti della coscienza e le tenebre del subconscio: versa nel contemporaneo gli incontri dell' Odissea. Eva Cantarella, specialista di diritto greco e non soltanto, abituata a indagare anche i dettagli del mondo antico, non ha resistito alla tentazione di incontrarlo. Ha pubblicato «Sopporta cuore...». La scelta di Ulisse (Laterza, pp. 106, 10), libro per questo «eroe speciale... molto più complesso di quanto non si sia soliti pensare». Il profilo che stila è accattivante: Ulisse e gli altri a lui vicini vivono e agiscono in una «cultura della vergogna», ovvero in una società in cui il rispetto delle regole non viene ottenuto attraverso l'imposizione di divieti; la sua metis, a differenza del logos alto e sovente astratto, la Cantarella la interpreta come «un'intelligenza bassa», rivolta al caso singolo, lontano dalla preoccupazione di costruire categorie. E ancora: Ulisse «domina le pulsioni, controlla i sentimenti» (lo dimostra l'incontro con il Ciclope, nel quale l'astuzia vince la forza); quindi l'autrice gli si avvicina selezionando i termini per parlare della sua anima e del suo corpo, avvisandoci che i corrispettivi greci psychè e soma al tempo di Omero indicavano quel che animava l'uomo tenendolo in vita e il cadavere. Perché la conoscenza di questo straordinario personaggio comincia appunto con il corpo, allora demas, e prosegue con thymòs, sede delle emozioni e in particolare della gioia. Il tutto transita dal nòos, organo che alimentava le rappresentazioni mentali. Né si deve dimenticare che le parole di Omero sovente rispondono a necessità metriche e la «nostra» anima non esisteva. Poi c'è l'errore, ate, che «merita un posto a sé»: è innanzitutto una dea irresistibile, pericolosissima; l'individuo omerico, anche se possedeva i concetti di colpevolezza e di responsabilità, aveva di essi «una coscienza ancora essenzialmente empirica». Occorrerà attendere l'Encomio di Elena del sofista Gorgia, nel IV secolo prima della nostra era, per leggere una vera sistemazione teorica del tema.
Il libro tratta l'argomento, arrivando a indagare quello spazio che separa la responsabilità oggettiva dalla colpevolezza; anzi la Cantarella segue Ulisse sino a Itaca per chiudere con un punto di domanda la sua odissea: fu vendetta o giustizia? La risposta potrebbe ispirare un altro libro. In calce al presente notiamo che l'Odisseo dei greci, l'Ulixes dei latini, sfugge oltre che a Dante anche a colui che rese immortale il suo vagare. Una tradizione, presente nella tragedia greca ma non nei poemi omerici, ricorda che sua madre Anticlea prima del matrimonio con Laerte si unì a Sisifo: da quell'amplesso sarebbe nato l'eroe. Tra le ipotesi formulate per identificare il luogo del lieto evento, figura il monte Nerito, a Itaca, dove in un giorno di pioggia la genitrice si trovò la strada ostruita dall'acqua. Il nome Odysseús nacque forse da un gioco di parole, secondo l'antica frase greca: «katà ten odòn hysen ho Zeys», (Zeus pioveva sulla strada).
Ma l'Odissea porta altrove: Sisifo medesimo avrebbe chiamato in tal modo il bimbo, perché egli stesso era detestato da molti. Odisseo allora rimanda a odyssomai, «sono sdegnato». Nella recentissima traduzione dell'Odissea (Einaudi, I millenni) Guido Paduano ricorda nell'introduzione, citando Aristotele, che è stato Omero a insegnare agli altri a dire il falso nella giusta maniera. E la parola di Odisseo, o Ulisse che dir si voglia, ha schiuso «una volta per tutte alla poesia il regno dell'immaginario», dimensione abitata da una verità alternativa al reale. Come si fa a inseguirlo? E a comprenderlo?
Eva Cantarella ha pubblicato numerosi saggi sul diritto e su aspetti sociali del mondo greco e romano. Tra i più recenti, tutti editi da Feltrinelli, ricordiamo: L'ambiguo malanno; L'amore è un dio. Il sesso e la polis; Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell'antica Roma.
«Corriere della Sera» del 10 maggio 2010

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