I pericoli e le occasioni della Rete. Lo strapotere di motori di ricerca, aziende, Tlc
di Giuseppe Smorto
In un libro di Russo e Zambardino, il futuro dell'informazione
La possibilità di far meglio il proprio mestiere vissuta come una minaccia. La rassegnazione - poco giornalistica- di fronte allo strapotere dei motori di ricerca, dei nuovi gabellieri (Tlc, produttori, proprietari di piattaforme, motori di ricerca). Le tentazioni del potere di mettere un bavaglio alla Rete. La maledetta censura: bucata, beffata, aggirata, ma sempre dominante. E la certezza di vivere un momento di accelerazione della storia: con la crisi dei giornali di carta ma tanta gente in più che chiede informazione. Una democrazia dal basso non più incompiuta: se si riesce a organizzare perfino un no-B-Day, se la dissidente cubana più famosa è una blogger.
Per quelli che internet è ancora una parolaccia, ecco un libro non banale. L'hanno scritto Massimo Russo, direttore di Kataweb, e Vittorio Zambardino, inviato di Repubblica. Lui, che in una lontana notte del '94, fece vedere un sito a tutta la redazione sportiva, e la conclusione nostra fu: "Servirà solo per il porno e per gli incontri". Non è andata così, se state leggendo questo articolo, mentre dentro il vostro schermo ci sono decine di giornalisti che aggiornano in tempo reale, i lettori commentano le parole di Napolitano, un video sta arrivando dall'Asia. Tutto in un mezzo, con strumenti narrativi eccezionali - parola scritta, audio, foto, video, interattività.
Il libro non è banale perché offre soluzioni e fa discutere, niente sogni o futuro virtuale. Internet è un mezzo imperfetto per definizione, qualche volta stupido, ma sicuramente utile alla nostra professione e quindi ai cittadini. Questo per dire con gli autori, che certe contrapposizioni non hanno mai avuto senso. Da una parte i blogger, i puristi della Rete, che non toccano un giornale di carta (e quindi vivono male) chiusi nel loro ipertecnicismo supponente, un digital divide rivendicato. Dall'altra, i conservatori, per pigrizia o per paura. Entrambi gli schieramenti predicano una superiorità senza senso. Entrambi non colgono un'occasione storica.
L'occasione è nella integrazione e nella comprensione. E in quella rara qualità professionale che si chiama "ascolto". Fuori dalla nostra redazione, c'è almeno un lettore che ne sa più. In certi casi, quel lettore ha anche bisogno di noi, ci chiede di farlo parlare: che sia in Birmania o in Iran, che firmi un appello o che mandi la foto di una scuola pericolante. Tutto questo cerchiamo di metterlo ogni giorno e ogni notte sul giornale: che sia di carta, che sia sul web non importa. Ci sono due o tre centri di ricerca che in questo momento stanno sperimentando un foglio digitale, su cui potremo scaricare fra un paio di anni il nostro quotidiano preferito. E cosa sarebbe tutto ciò? Carta stampata, internet? No, è semplicemente informazione.
Ma Russo e Zambardino, con le loro dieci tesi, colgono anche un pericolo. Siamo in un momento di transizione. Abbiamo dato tutti i contenuti gratis, e ora le aziende editoriali soffrono (per gli autori non è stato proprio un errore...). C'è il rischio di un oligopolio. Poche grandi aziende si spartiscono il mercato, succhiano il nostro lavoro senza pagare nulla, dispongono di informazioni sensibili sugli utenti, possono attirare pubblicità personalizzata. Sono sovranazionali, hanno la forza dei numeri e della tecnologia. Sono monopolisti della produzione e spesso anche della comunicazione: hanno le autostrade e fanno passare chi vogliono.
Superando l'entusiasmo per l'ultima applicazione, va applicata anche a loro quella antica forma di controllo, in nome dei cittadini - più o meno digitali - che si chiama inchiesta giornalistica. Lo spazio c'è.
Eretici digitali di Massimo Russo e Vittorio Zambardino, edizioni Apogeo, 15 euro. Gli autori devolvono tutti gli utili al Festival internazionale di giornalismo, che lancia una borsa di studio. Il libro è anche disponibile online, senza copyright. A questo indirizzo verrà pubblicato un capitolo a settimana
Per quelli che internet è ancora una parolaccia, ecco un libro non banale. L'hanno scritto Massimo Russo, direttore di Kataweb, e Vittorio Zambardino, inviato di Repubblica. Lui, che in una lontana notte del '94, fece vedere un sito a tutta la redazione sportiva, e la conclusione nostra fu: "Servirà solo per il porno e per gli incontri". Non è andata così, se state leggendo questo articolo, mentre dentro il vostro schermo ci sono decine di giornalisti che aggiornano in tempo reale, i lettori commentano le parole di Napolitano, un video sta arrivando dall'Asia. Tutto in un mezzo, con strumenti narrativi eccezionali - parola scritta, audio, foto, video, interattività.
Il libro non è banale perché offre soluzioni e fa discutere, niente sogni o futuro virtuale. Internet è un mezzo imperfetto per definizione, qualche volta stupido, ma sicuramente utile alla nostra professione e quindi ai cittadini. Questo per dire con gli autori, che certe contrapposizioni non hanno mai avuto senso. Da una parte i blogger, i puristi della Rete, che non toccano un giornale di carta (e quindi vivono male) chiusi nel loro ipertecnicismo supponente, un digital divide rivendicato. Dall'altra, i conservatori, per pigrizia o per paura. Entrambi gli schieramenti predicano una superiorità senza senso. Entrambi non colgono un'occasione storica.
L'occasione è nella integrazione e nella comprensione. E in quella rara qualità professionale che si chiama "ascolto". Fuori dalla nostra redazione, c'è almeno un lettore che ne sa più. In certi casi, quel lettore ha anche bisogno di noi, ci chiede di farlo parlare: che sia in Birmania o in Iran, che firmi un appello o che mandi la foto di una scuola pericolante. Tutto questo cerchiamo di metterlo ogni giorno e ogni notte sul giornale: che sia di carta, che sia sul web non importa. Ci sono due o tre centri di ricerca che in questo momento stanno sperimentando un foglio digitale, su cui potremo scaricare fra un paio di anni il nostro quotidiano preferito. E cosa sarebbe tutto ciò? Carta stampata, internet? No, è semplicemente informazione.
Ma Russo e Zambardino, con le loro dieci tesi, colgono anche un pericolo. Siamo in un momento di transizione. Abbiamo dato tutti i contenuti gratis, e ora le aziende editoriali soffrono (per gli autori non è stato proprio un errore...). C'è il rischio di un oligopolio. Poche grandi aziende si spartiscono il mercato, succhiano il nostro lavoro senza pagare nulla, dispongono di informazioni sensibili sugli utenti, possono attirare pubblicità personalizzata. Sono sovranazionali, hanno la forza dei numeri e della tecnologia. Sono monopolisti della produzione e spesso anche della comunicazione: hanno le autostrade e fanno passare chi vogliono.
Superando l'entusiasmo per l'ultima applicazione, va applicata anche a loro quella antica forma di controllo, in nome dei cittadini - più o meno digitali - che si chiama inchiesta giornalistica. Lo spazio c'è.
Eretici digitali di Massimo Russo e Vittorio Zambardino, edizioni Apogeo, 15 euro. Gli autori devolvono tutti gli utili al Festival internazionale di giornalismo, che lancia una borsa di studio. Il libro è anche disponibile online, senza copyright. A questo indirizzo verrà pubblicato un capitolo a settimana
«La Repubblica» del 3 dicembre 2009
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