di Stefania Scateni
Grazie al talento di Lorenzo Mattotti abbiamo potuto vedere, anni fa, Il rumore della brina, un vecchio graphic novel realizzato dal disegnatore insieme a Jorge Zentner (Einaudi 2003). Ma qual è il rumore della nebbia? Attraverso un’affascinante antologia curata da Umberto Eco e Remo Ceserani edita da Einaudi, possiamo forse riuscire a sentirlo, quel rumore invisibile. Un suono gentile, ché racchiude la musica di tutte le parole che scrittori di tutte le epoche e di tutto l’occidente hanno adoperato per descrivere la bruma, sia in senso stretto che in quello metaforico. Parole che i due studiosi hanno raccolto in questo volume a tema intitolato, appunto, Nebbia (pagine 404, euro 65,00). Nebbia è in sostanza un’antologia, che nasce dalla doppia passione dei due curatori: ognuno ha catalogato nel corso degli anni i brani sulla nebbia sui quali via via si imbatteva. Scoperta questa parallela attività, e affinità, Eco e Ceserani hanno messo insieme le rispettive “liste” e hanno costruito questo volume che contiene racconti, poesie e brani di romanzo, a partire da Omero fino a Gianni Celati (unico autore italiano contemporaneo??). Come tutte le antologie si tratta di un elenco arbitrario, che ogni lettore potrà arricchire traendo spunto dalle proprie letture e passioni. Il bello è questo: che una serie è lì per essere ampliata, ci si può sempre aggiungere un elemento, ci illude che può non finire mai. Ci dà, insomma, la vertigine dell’infinito. Il libro è quindi naturalmente un gioco letterario che ha alla base giochi meno colti, come la ricerca o il filo di parole cui molti bambini (e anche adulti) hanno giocato, o analogo alle conversazioni tra amici in cui si fa a gara a citare il maggior numero di film o di romanzi suuncerto argomento... (nel volume, tra l’altro, è ospitata un’appendice sui film e la nebbia). A Umberto Eco, è noto, piace giocare. Il semiologo e scrittore si diverte ormai da anni a perdersi in antologie tematiche.ENebbia è arrivato sugli scaffali delle librerie a ridosso di un’altra raccolta a tema. Si tratta dello splendido Vertigine della lista, uscito il mese scorso per Bompiani (pagine 408, euro 39,00), in cui l’autore - con l’aiuto prezioso di Anna Maria Lorusso e Mario Andreose - raggiunge l’apoteosi delle antologie: elencare gli elenchi. Nel volume, infatti, si raccolgono brani da opere letterarie che contengono elenchi (liste, descrizioni, preghiere...) e, parallelamente, si propongono opere d’arte che «contengono elenchi». Se nella Vertigine della lista Eco gioca con l’infinito, in Nebbia gioca con l’indefinito. La nebbia, a lui così cara perché familiare (Alessandria, la sua città natale, èuna città nebbiosa), come racconta nel testo introduttivo, non solo «accarezza le guance e si infila tra il bavero e il mento punzecchiandoti il collo»,mati ripara dal mondo esterno e ti concede di stare a tu per tu con la tua interiorità, ti conforta, «non la insudici, non la distruggi, ti scivola affettuosa intorno e si ricompone sotto il tuo passaggio », ti protegge.
FOSCHIA CONSOLATORIA
Questa è solo una delle tante, possibili visioni della (nella) nebbia - che per i meteorologi non è cheun insiemedi microscopiche goccioline d’acqua che rimangono sospese nell’aria dei giorni freddi e umidi d’inverno. La nebbia ha molteplici usi metaforici che, scrive Ceserani nel suo saggio, in letteratura ha mostrato la propensione a caricarsi di significati metaforici. Può nascondere e confondere, isolare dagli altri e dal mondo, obnubilare la mente, oscurare possibili pericoli e celare il futuro, persino obbedire al conte Dracula. È l’ignoto, il perturbante, l’informe. Tanti sono gli scrittori che portano esempi ai diversi significati simbolici di bruma, nebbia, foschia: l’immancabile Omero, insieme a Virgilio e Dante; d’obbligo Pascoli e Carducci, e Dickens per la nebbia londinese. Edgar Allan Poe e Bram Stoker per quella che suscita paura, Hesse, Shakespeare, Fogazzaro, Baudelaire e tanti altri per la poesia... La letteratura abbonda di letture «negative» della nebbia. Ma non c’è solo Eco a cantarne le lodi: la nebbia può, per molti, essere una consolazione. Forse perché smorza il lume della ragione e apre gli occhi. Toglie il velo alle «verità» umane, mostrandoci la nostra mera essenza, quella di ombre. In Simenon ad esempio, nei suoi gialli con Maigret e non solo, e nel più simenoniano dei giallisti italiani, il parmigiano Valerio Varesi (ultimo titolo: Il commissario Soneri e la mano di Dio, Frassinelli), la nebbia oltre che paesaggi e sfondo dei delitti e delle inchieste assurge quasi ametodo cognitivo: perdere il filo, ritrovarlo, risolvere il caso per bruma ed empatia. Chi più di qualsiasi scrittore ha visto «lungo» e lontano nella nebbia, è stato il fotografo Luigi Ghirri. Al quale, giustamente e felicemente, i curatori hanno affidato in esclusiva la parte iconografica dell’antologia. Con i suoi scatti nella pianura padana, doveuncancelloemerge nel nulla o una luce sopravvive all’assedio dell’indistinto, il fotografo emiliano ha costruito una poetica della nebbia mostrandocela come magica creatrice di apparizioni, portatrice di segreti e foriera di disvelamenti piuttosto che di nascondimenti. Lui, che era consapevole che noi comuni mortali abbiamo disimparato a vedere le cose, ci mostra la nebbia comecondizione e preludio all’apparire, fino a scomparire lui stesso nel bianco della nebbia, che dissolve i bordi della fotografia. Le immagini di Ghirri nel volume, compresa l’ultima foto che scattò a Roncocesi nel 1992 prima di morire, scrivono nel libro un discorso parallelo, aprono così nuove strade agli occhi. La sua ultima foto è stata esposta, inscindibilmente legata a un testo di Beppe Sebaste che le ha dato il titolo (Fino all’inizio del mondo), al recente Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia (catalogo edito da Electa): il suono della nebbia, protagonista silenziosa dell’immagine, sonostate le parole dello scrittore emiliano. Che suggeriscono che la nebbia, prima o poi, ci svelerà un nuovo percorso, forse una nascita, dove l’al di là coincide col qui e ora.
FOSCHIA CONSOLATORIA
Questa è solo una delle tante, possibili visioni della (nella) nebbia - che per i meteorologi non è cheun insiemedi microscopiche goccioline d’acqua che rimangono sospese nell’aria dei giorni freddi e umidi d’inverno. La nebbia ha molteplici usi metaforici che, scrive Ceserani nel suo saggio, in letteratura ha mostrato la propensione a caricarsi di significati metaforici. Può nascondere e confondere, isolare dagli altri e dal mondo, obnubilare la mente, oscurare possibili pericoli e celare il futuro, persino obbedire al conte Dracula. È l’ignoto, il perturbante, l’informe. Tanti sono gli scrittori che portano esempi ai diversi significati simbolici di bruma, nebbia, foschia: l’immancabile Omero, insieme a Virgilio e Dante; d’obbligo Pascoli e Carducci, e Dickens per la nebbia londinese. Edgar Allan Poe e Bram Stoker per quella che suscita paura, Hesse, Shakespeare, Fogazzaro, Baudelaire e tanti altri per la poesia... La letteratura abbonda di letture «negative» della nebbia. Ma non c’è solo Eco a cantarne le lodi: la nebbia può, per molti, essere una consolazione. Forse perché smorza il lume della ragione e apre gli occhi. Toglie il velo alle «verità» umane, mostrandoci la nostra mera essenza, quella di ombre. In Simenon ad esempio, nei suoi gialli con Maigret e non solo, e nel più simenoniano dei giallisti italiani, il parmigiano Valerio Varesi (ultimo titolo: Il commissario Soneri e la mano di Dio, Frassinelli), la nebbia oltre che paesaggi e sfondo dei delitti e delle inchieste assurge quasi ametodo cognitivo: perdere il filo, ritrovarlo, risolvere il caso per bruma ed empatia. Chi più di qualsiasi scrittore ha visto «lungo» e lontano nella nebbia, è stato il fotografo Luigi Ghirri. Al quale, giustamente e felicemente, i curatori hanno affidato in esclusiva la parte iconografica dell’antologia. Con i suoi scatti nella pianura padana, doveuncancelloemerge nel nulla o una luce sopravvive all’assedio dell’indistinto, il fotografo emiliano ha costruito una poetica della nebbia mostrandocela come magica creatrice di apparizioni, portatrice di segreti e foriera di disvelamenti piuttosto che di nascondimenti. Lui, che era consapevole che noi comuni mortali abbiamo disimparato a vedere le cose, ci mostra la nebbia comecondizione e preludio all’apparire, fino a scomparire lui stesso nel bianco della nebbia, che dissolve i bordi della fotografia. Le immagini di Ghirri nel volume, compresa l’ultima foto che scattò a Roncocesi nel 1992 prima di morire, scrivono nel libro un discorso parallelo, aprono così nuove strade agli occhi. La sua ultima foto è stata esposta, inscindibilmente legata a un testo di Beppe Sebaste che le ha dato il titolo (Fino all’inizio del mondo), al recente Festival della Fotografia Europea di Reggio Emilia (catalogo edito da Electa): il suono della nebbia, protagonista silenziosa dell’immagine, sonostate le parole dello scrittore emiliano. Che suggeriscono che la nebbia, prima o poi, ci svelerà un nuovo percorso, forse una nascita, dove l’al di là coincide col qui e ora.
«L'Unità» dell'11 dicembre 2009
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