Uno studio dimostra che le rettifiche avvalorano le convinzioni esistenti, anche se palesemente false. Si tratta di un meccanismo mentale di autodeterminazione che condiziona anche le votazioni politiche
di Sara Ficocelli
Mettere un'informazione sbagliata in circolazione è un po' come sciogliere una goccia di petrolio nell'oceano: potrà rendersi invisibile frammentandosi in mille parti, ma non scomparirà mai. Per spiegare la meccanica che sta dietro l'immortalità delle "bugie" e i motivi per cui, malgrado le smentite, ci sarà sempre qualcuno disposto a dargli credito, gli scienziati politici Brendan Nyhan dell'università del Michigan e Jason Reifler della Georgia State University di Atlanta hanno condotto alcuni esperimenti chiedendo ai partecipanti di leggere notizie false contenenti dichiarazioni fuorvianti di alcuni politici, e assegnando poi ad alcuni, a caso, una versione dell'articolo contenente delle rettifiche.
"Dai risultati ottenuti - ha spiegato Brendan Nyhan al New York Times - è emerso che la diffusione di rettifiche non solo non elimina i fraintendimenti ma anzi li fa peggiorare. In un esperimento, ad esempio, abbiamo riscontrato che la porzione di elettori conservatori che credono che i tagli alle tasse dell'ex presidente George W. Bush abbiano contribuito alla crescita economica è salita dal 36% al 67% proprio quando questa notizia è stata smentita. Le persone tendono ad accanirsi contro la correzione delle informazioni già messe in circolazione e alle quali avevano dato credito. Paradossalmente le smentite rafforzano i fraintendimenti".
Lo studio americano, presentato al meeting annuale dell'American Political Science Association, è partito dai dati raccolti dal collega James H. Kuklinski, che nel 2000 illustrò la differenza tra disinformazione e cattiva informazione, concludendo che spesso gli elettori basano le preferenze politiche su false informazioni ritenute attendibili, e dai ricercatori Charles S. Taber e Milton Lodge, che nel 2006 dimostrarono con una serie di sondaggi che spesso i cittadini rifiutano di credere alle opinioni contrastanti con le loro, anche se è dimostrato che sono vere. Nyhan e Reifler hanno condotto la propria ricerca con una serie di quattro esperimenti, suddividendo i volontari in gruppi e riscontrando come sia praticamente impossibile far cambiare idea a qualcuno smentendo un'informazione ritenuta fino a quel momento attendibile.
Dalle cause scatenanti della guerra in Iraq alla riforma sanitaria di Obama, sono tanti gli esempi di notizie false, poi corrette, che hanno continuano e continuano a circolare come vere sul web, sui giornali e quindi tra le opinioni della gente. E questo, come nel 2007 spiegò in un altro studio Brian J. Gaines, è un meccanismo di ragionamento che ha a che vedere con l'autodeterminazione. "Sono due i procedimenti mentali che regolano l'assimilazione delle informazioni", ha spiegato Nyhan. "Innanzitutto chi le riceve va alla ricerca di pregiudizi: quando leggiamo qualcosa cerchiamo in realtà una conferma ai nostri preconcetti, qualcosa che avvalori le nostre convinzioni. Non una vera informazione. Il secondo procedimento scatta invece al momento dell'eventuale smentita: noi lo chiamiamo backfire effect ("effetto ritorno di fiamma") ed è quel meccanismo mentale che porta a rafforzare le proprie convinzioni proprio perché qualcuno le ha messe in discussione o controdimostrate". Come diceva Mark Twain, "non è ciò che non sai a crearti dei problemi, ma ciò che sai per certo".
"Dai risultati ottenuti - ha spiegato Brendan Nyhan al New York Times - è emerso che la diffusione di rettifiche non solo non elimina i fraintendimenti ma anzi li fa peggiorare. In un esperimento, ad esempio, abbiamo riscontrato che la porzione di elettori conservatori che credono che i tagli alle tasse dell'ex presidente George W. Bush abbiano contribuito alla crescita economica è salita dal 36% al 67% proprio quando questa notizia è stata smentita. Le persone tendono ad accanirsi contro la correzione delle informazioni già messe in circolazione e alle quali avevano dato credito. Paradossalmente le smentite rafforzano i fraintendimenti".
Lo studio americano, presentato al meeting annuale dell'American Political Science Association, è partito dai dati raccolti dal collega James H. Kuklinski, che nel 2000 illustrò la differenza tra disinformazione e cattiva informazione, concludendo che spesso gli elettori basano le preferenze politiche su false informazioni ritenute attendibili, e dai ricercatori Charles S. Taber e Milton Lodge, che nel 2006 dimostrarono con una serie di sondaggi che spesso i cittadini rifiutano di credere alle opinioni contrastanti con le loro, anche se è dimostrato che sono vere. Nyhan e Reifler hanno condotto la propria ricerca con una serie di quattro esperimenti, suddividendo i volontari in gruppi e riscontrando come sia praticamente impossibile far cambiare idea a qualcuno smentendo un'informazione ritenuta fino a quel momento attendibile.
Dalle cause scatenanti della guerra in Iraq alla riforma sanitaria di Obama, sono tanti gli esempi di notizie false, poi corrette, che hanno continuano e continuano a circolare come vere sul web, sui giornali e quindi tra le opinioni della gente. E questo, come nel 2007 spiegò in un altro studio Brian J. Gaines, è un meccanismo di ragionamento che ha a che vedere con l'autodeterminazione. "Sono due i procedimenti mentali che regolano l'assimilazione delle informazioni", ha spiegato Nyhan. "Innanzitutto chi le riceve va alla ricerca di pregiudizi: quando leggiamo qualcosa cerchiamo in realtà una conferma ai nostri preconcetti, qualcosa che avvalori le nostre convinzioni. Non una vera informazione. Il secondo procedimento scatta invece al momento dell'eventuale smentita: noi lo chiamiamo backfire effect ("effetto ritorno di fiamma") ed è quel meccanismo mentale che porta a rafforzare le proprie convinzioni proprio perché qualcuno le ha messe in discussione o controdimostrate". Come diceva Mark Twain, "non è ciò che non sai a crearti dei problemi, ma ciò che sai per certo".
«La Repubblica» del 24 maggio 2010
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