di Cesare Cavalleri
Certo verrebbe voglia di leggere e rileggere soltanto i classici, i classici greci. La loro mitologia ha plasmato l’immaginario occidentale di cui ci nutriamo, e Freud ha dimostrato come alcuni miti greci siano andati alla radice dei meccanismi psicologici che ci governano. Si prenda la storia di Demetra e di Persefone che illustra l’intenso e difficile legame tra madre e figlia. Demetra, dea della Terra e della fecondità agricola nonché fondatrice dei riti eleusini, è sconvolta perché sua figlia Persefone è stata rapita da Ade, che vuol farne la regina degli inferi. La rabbia di Demetra scatena la carestia sulla terra e si scaglia anche contro gli dèi, del cui consesso non vuole più far parte. Dovrà intervenire lo stesso Zeus presso Ade, suo fratello, per indurlo a restituire Persefone, alla quale però il re degli inferi fa mangiare un chicco di melograno che le consentirà di trascorrere quattro mesi (la stagione invernale) negli inferi.
Ebbene, la disperazione di Demetra ben simboleggia l’amore possessivo di ogni madre verso la propria figlia (soprattutto se figlia unica), amore che non sopporta condivisioni.
Infatti, quando finalmente Demetra può riabbracciare Persefone, subito le chiede del melograno, e la figlia deve giustificarsi per avere almeno in parte apprezzato retrospettivamente il rapimento e accondisceso a mangiare il chicco nella prospettiva di diventare regina. Ma i miti greci non spiegano soltanto la psicologia: ammaestrano anche in materia di filosofia politica. Si prendano i Persiani di Eschilo, tragedia rappresentata nel 472 a. C., che descrive la vittoriosa battaglia navale di Salamina, vinta dai greci contro i Persiani.
Eschilo è testimone di primissima mano, avendo eroicamente combattuto prima a Maratona e poi a Salamina. Ebbene, colpisce innanzitutto il rispetto verso i nemici sconfitti, guidati dal giovane e sconsiderato Serse che ha osato perfino congiungere le rive dell’Ellesponto con un ponte di barche su cui ha fatto transitare il suo potentissimo esercito.
Eschilo non canta la vittoria dei greci, ma mette in scena il lutto dei persiani, facendo addirittura comparire l’ombra di Dario, il padre di Serse, che rimprovera l’insensatezza del figlio ma che invita la moglie, la regina Atossa, madre di Serse, a consolare il figlio, esortandolo a mettere a frutto la tremenda esperienza. In precedenza, Atossa aveva raccontato un sogno angoscioso, presagio dell’imminente sciagura: «Mi apparvero due donne in vesti eleganti: una indossava abiti persiani, l’altra vestiva alla dorica.
Erano sorelle, nate dagli stessi genitori. Ma a una era toccata in sorte l’eredità della terra greca, all’altra quella dei barbari. Mi parve di vedere che erano in lotta tra loro, nemiche una dell’altra: mio figlio se n’era accorto e cercava di trattenerle, di ammansirle. Le aggiogò entrambe al proprio carro, stringendo le cinghie sul collo: una s’ergeva come una torre, orgogliosa di quella bardatura, e offriva docile la bocca alle briglie. Ma l’altra recalcitrava: ed ecco che con le mani fa a pezzi i finimenti del carro, si strappa via il morso e spezza a metà il giogo.
Cade mio figlio, e il padre gli è vicino, lo compiange Dario: ma non appena lo vede, Serse si straccia la veste dal corpo».
L’empietà di Serse di aver incatenato i due continenti (Europa e Asia) sull’Ellesponto, si rispecchia nel tentativo fallimentare di far convivere la mentalità asiatica, incline ad obbedire al totalitarismo, con l’indomabile libertà che la Grecia ha trasmesso all’Occidente. E questo lo diceva Eschilo nel 472 a. C. La cosa straordinaria è che questi testi sono disponibili in edizione economica: per il mito di Demetra e Persefone, ci si può rivolgere agli Inni omerici, a cura di Giuseppe Zanetto, nella Bur, a soli euro 10,20; per i Persiani, insieme a Sette contro Tebe, c’è l’Oscar Mondadori, a cura di Giorgio Ieranò, che costa ancora meno: 9 euro.
Entrambi i libri hanno il testo greco a fronte, con ricchissimo commento.
Ebbene, la disperazione di Demetra ben simboleggia l’amore possessivo di ogni madre verso la propria figlia (soprattutto se figlia unica), amore che non sopporta condivisioni.
Infatti, quando finalmente Demetra può riabbracciare Persefone, subito le chiede del melograno, e la figlia deve giustificarsi per avere almeno in parte apprezzato retrospettivamente il rapimento e accondisceso a mangiare il chicco nella prospettiva di diventare regina. Ma i miti greci non spiegano soltanto la psicologia: ammaestrano anche in materia di filosofia politica. Si prendano i Persiani di Eschilo, tragedia rappresentata nel 472 a. C., che descrive la vittoriosa battaglia navale di Salamina, vinta dai greci contro i Persiani.
Eschilo è testimone di primissima mano, avendo eroicamente combattuto prima a Maratona e poi a Salamina. Ebbene, colpisce innanzitutto il rispetto verso i nemici sconfitti, guidati dal giovane e sconsiderato Serse che ha osato perfino congiungere le rive dell’Ellesponto con un ponte di barche su cui ha fatto transitare il suo potentissimo esercito.
Eschilo non canta la vittoria dei greci, ma mette in scena il lutto dei persiani, facendo addirittura comparire l’ombra di Dario, il padre di Serse, che rimprovera l’insensatezza del figlio ma che invita la moglie, la regina Atossa, madre di Serse, a consolare il figlio, esortandolo a mettere a frutto la tremenda esperienza. In precedenza, Atossa aveva raccontato un sogno angoscioso, presagio dell’imminente sciagura: «Mi apparvero due donne in vesti eleganti: una indossava abiti persiani, l’altra vestiva alla dorica.
Erano sorelle, nate dagli stessi genitori. Ma a una era toccata in sorte l’eredità della terra greca, all’altra quella dei barbari. Mi parve di vedere che erano in lotta tra loro, nemiche una dell’altra: mio figlio se n’era accorto e cercava di trattenerle, di ammansirle. Le aggiogò entrambe al proprio carro, stringendo le cinghie sul collo: una s’ergeva come una torre, orgogliosa di quella bardatura, e offriva docile la bocca alle briglie. Ma l’altra recalcitrava: ed ecco che con le mani fa a pezzi i finimenti del carro, si strappa via il morso e spezza a metà il giogo.
Cade mio figlio, e il padre gli è vicino, lo compiange Dario: ma non appena lo vede, Serse si straccia la veste dal corpo».
L’empietà di Serse di aver incatenato i due continenti (Europa e Asia) sull’Ellesponto, si rispecchia nel tentativo fallimentare di far convivere la mentalità asiatica, incline ad obbedire al totalitarismo, con l’indomabile libertà che la Grecia ha trasmesso all’Occidente. E questo lo diceva Eschilo nel 472 a. C. La cosa straordinaria è che questi testi sono disponibili in edizione economica: per il mito di Demetra e Persefone, ci si può rivolgere agli Inni omerici, a cura di Giuseppe Zanetto, nella Bur, a soli euro 10,20; per i Persiani, insieme a Sette contro Tebe, c’è l’Oscar Mondadori, a cura di Giorgio Ieranò, che costa ancora meno: 9 euro.
Entrambi i libri hanno il testo greco a fronte, con ricchissimo commento.
«Avvenire» del 30 giugno 2010
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