Accorato monito il porporato spagnolo contro l’ideologia «del fondamentalismo laicista»
di Pier Luigi Fornari
Un compito spetta ai più avveduti e democratici Stati membri del Consiglio di Europa: impedire che le istituzioni ufficiali del Vecchio continente aprano la strada al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico. È il monito lanciato dal cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio collegio per i testi legislativi, intervenuto nella tavola rotonda su Valori e diritto incentrata sulla la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Cedu) contro la presenza del crocifisso nelle scuole italiane. Il giurista ha ripreso un monito lanciato una settimana fa da Benedetto XVI che già nella famosa omelia della messa previa al Conclave in cui fu eletto denunciò corraggiosamente «la dittatura del relativismo ». Un’ideologia, quest’ultima, che si configura come “fondamentalismo laicista”, nel contesto della quale va situata la sentenza della Cedu. In contrasto con il retto concetto di laicità «vorrebbe relegare la fede cristiana e in genere il fatto religioso nel solo ambito privato della coscienza personale, escludendo ogni segno, simbolo o manifestazione esterna della fede nei luoghi pubblici e nelle istituzioni civili». Ricordando Giovanni Paolo II, il porporato ha evidenziato come il magistero della Chiesa è stato orientato negli ultimi cento anni soprattutto dalla necessità di «difendere i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla libertà religiosa, da due funeste utopie ideologiche diventate sistemi politici: l’utopia totalitaria della “giustizia senza libertà” (totalitarismi di destra e di sinistra: nazismo, comunismo, ecc) e l’utopia libertaria o relativista della “libertà senza verità”, oggi particolarmente influente in alcuni settori politici e mediatici europei ». A giudizio del cardinale la sentenza di Strasburgo non rispetta il diritto alla libertà religiosa e della sua manifestazione degli alunni cristiani, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Secondo il giurista la Corte, poi, non ha rispettato il principio di sussidiarietà: «Sembra aver superato illegittimamente i limiti della propria competenza pronunziandosi su di una questione che riguarda la legittima e doverosa salvaguarda da parte di uno Stato delle tradizioni e cultura nazionali, oltre che degli impegni presi tramite concordati». Voler togliere il crocifisso dai luoghi pubblici, secondo il cardinale, non sarebbe soltanto “cristofobia” ma soprattutto inciviltà, perché è stato considerato da secoli (per esempio con la Croce Rossa) un segno di valore civico e di amore che «accoglie fraternamente e guarisce». L’esperienza francese, peraltro, insegna che la proibizione di ogni segno religioso nelle scuole non facilita l’integrazione. Passando a descrivere quanto sta avvenendo in Spagna, Herrànz ha osservato che «forti poteri mediatici e alcuni gruppi politici» fanno pressione sul governo, perché prescinda degli accordi internazionali tra la Santa Sede e lo Stato perché «in una pretestuosa eventuale legge di “libertà religiosa”» si proibiscano il crocifisso e gli altri segni religiosi, anche se molto probabilmente la maggioranza dei cittadini consultata in un referendum, sarebbe contraria.
«Avvenire» del 24 giugno 2010
Nessun commento:
Posta un commento