Ai sensi della legge 30 marzo 2004, n. 92, “la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Il candidato delinei la “complessa vicenda del confine orientale”, dal Patto (o Trattato) di Londra (1915) al Trattato di Osimo (1975), soffermandosi, in particolare, sugli eventi degli anni compresi fra il 1943 e il 1954.
Il candidato delinei la “complessa vicenda del confine orientale”, dal Patto (o Trattato) di Londra (1915) al Trattato di Osimo (1975), soffermandosi, in particolare, sugli eventi degli anni compresi fra il 1943 e il 1954.
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Le foibe e il confine orientale: pagine di storia complesse da raccontare
Sui manuali di storia pochi accenni a vicende entrate solo di recente a far parte della memoria collettiva
Le foibe e il confine orientale: pagine di storia complesse da raccontare
Sui manuali di storia pochi accenni a vicende entrate solo di recente a far parte della memoria collettiva
di Giovanni Belardelli
Le vicende legate al nostro confine orientale nei decenni che vanno dal patto di Londra del 1915 al 1954, quando Trieste tornò all’Italia (e anzi fino al trattato di Osimo che nel 1975 riconobbe ufficialmente questa soluzione), rappresentano una delle pagine di storia italiana più densa di passioni, di dolore, di lutti. Rappresentano anche, inevitabilmente, una pagina particolarmente complessa da raccontare, sulla scorta dei pochi accenni che vi dedicano i manuali di storia. Allo studente era infatti richiesto di richiamare le modalità attraverso cui la Venezia Giulia e l’Istria entrarono a far parte del confine italiano dopo la fine della Grande guerra (con l’appendice determinata dall’annessione della città di Fiume nel 1924). Per poi passare agli avvenimenti drammatici legati alla conclusione del secondo conflitto mondiale, dopo che l’esercito di Tito entrava il 1° maggio 1945 a Trieste.
Durante i quaranta giorni della loro occupazione gli jugoslavi attuarono una politica di feroce repressione nei confronti degli italiani: di coloro che erano stati fascisti, ma anche di molti antifascisti che, per il solo fatto d’essere italiani, rappresentavano un ostacolo per le mire annessionistiche di Tito. Alcune migliaia di italiani vennero allora gettati nelle foibe, le profonde voragini carsiche che già gli jugoslavi avevano utilizzato nello stesso modo nel settembre 1943. Il trattato di pace, nel 1947, doveva poi sancire l’annessione alla Jugoslavia dell’Istria e di gran parte della Venezia Giulia, l’unica vera amputazione del territorio nazionale che l’Italia subiva in conseguenza della sconfitta e che determinava l’esodo verso la penisola di migliaia di italiani. Veniva allora costituito il «Territorio libero di Trieste», diviso in una zona A sotto amministrazione alleata e comprendente la città, che sarebbe poi passata all’Italia, e in una zona B controllata dalla Jugoslavia.
Solo di recente, dopo decenni di imbarazzoe di oblio, le drammatiche vicende legate al confine orientale – la perdita di territori italiani, l’uccisione di migliaia di «infoibati», l’esodo di centinaia di migliaia di connazionali da terre diventate jugoslave – sono entrate a pieno titolo nella memoria collettiva del Paese. Un esito sancito dalla legge del 2004 che ha istituito appunto il «giorno del ricordo». Resta il fatto che la trattazione di un argomento come quello proposto quest’anno deve esser risultata particolarmente difficile per la gran parte degli studenti.
"Corriere della Sera del 22 giugno 2010
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