Le idee del filosofo conservatore per la rinascita della civiltà in crisi di fiducia: riscoprire bellezza, sacro, privacy e una dimensione più concreta della politica
di Giuseppe Ghini
Chi vuole disporre di un’agile summa del pensiero di Roger Scruton, filosofo conservatore inglese, può ora contare sull’intervista intitolata Il suicidio dell’Occidente, appena pubblicata da Le Lettere (pagg. 74, euro 9,5).
Scruton è un tipo originale, un pensatore controcorrente, capace di scrivere un Manifesto dei conservatori e addirittura una Apologia della caccia (entrambi tradotti in italiano nel 2007). L’intervista a cura di Luigi Iannone è un’efficace introduzione ai temi principali del suo variegato pensiero, raccolti intorno a sei nuclei fondamentali: Stato-nazione; arte e bellezza; bioetica e Sacro; diritti individuali e privacy; economia globale; democrazia e partecipazione.
Il merito di Scruton è di non accettare mai acriticamente l’opinione della maggioranza, di cui mostra anzi i condizionamenti e le incongruenze. Dalle sue parole emerge invece spesso la distinzione tra conformismo sociale e senso comune, tra la passività con cui vengono accolte le decisioni degli euroburocrati e la rete di piccole comunità che, sola, può garantire una vita degna di essere vissuta. «Contro le élite insediate nelle istituzioni Europee, contro gli euroburocrati - afferma il filosofo - abbiamo bisogno di: una vasta rete di educazione privata, esami privati e istituzioni che certifichino le qualifiche, enti di beneficenza privati, chiese attive e libere associazioni di cittadini, festival ed eventi organizzati localmente, e una satira costante sulla Ue e i suoi regolamenti». La sua concezione della politica è eminentemente pragmatica: «Il peggior retaggio del XX secolo è stata la convinzione che i politici dovessero avere per forza uno scopo, la prosperità, l’uguaglianza, una “società nuova”. No, la politica ha molti fini, sempre mutevoli, non un singolo fine». Filosofo specializzato nelle discipline estetiche - il suo libro, intitolato semplicemente Beauty, è uscito nel 2009 - sostiene che «il culto della bruttezza e della distorsione morale sono la stessa cosa. E tuttavia il senso della bellezza è un universale umano e come tale non è affatto scomparso. Esso nasce dal bisogno profondo di sentirci a casa nel mondo».
Qualcuno potrebbe immaginarlo come un vecchio parruccone passatista, un inguaribile brontolone. Nient’affatto. Dall’intervista emerge un pensatore assai ottimista, osservatore interessato dei fenomeni che già rivelano la rinascita dell’uomo contemporaneo contro il conformismo delle accademie. Ne è una testimonianza «il nuovo movimento urbanistico che contrasta la bruttezza e l’arbitrarietà dell’architettura moderna. Molti artisti si stanno ribellando alle ortodossie dell’arte “concettuale”. Le scuole d’architettura sono state per lungo tempo scuole di diseducazione. Stockhausen e Nono sono degli imbroglioni: se non fosse per i sussidi dello Stato, tali persone non sarebbero sopravvissute».
Grande conoscitore del pensiero europeo a cui ha dedicato anche una Guida filosofica per tipi intelligenti, Scruton contesta l’idea della coscienza moderna che si estranea dalla tradizione perché convinta di affrontare certi problemi per la prima volta: «Bioetica è una parola stupida, poiché implica che l’etica diventi qualcos’altro quand’è applicata ai problemi creati dai progressi nella conoscenza biologica. Ma i problemi sono sempre esempi di un unico problema e cioè: abbiamo il potere di usare la nostra conoscenza per fare qualcosa di nuovo?».
Analogamente, Scruton demistifica vecchie e nuove forme del pensiero unico: «La scienza non è un’ideologia. Lo scientismo è un'ideologia: è la pretesa sistematica che tutte le questioni siano scientifiche, è una sorta di “scienza feticista”». Il marxismo «fu una cosa simile», e simile - afferma il filosofo - è «anche la biologia evolutiva nelle mani di Richard Dawkins». La tecnologia, invece, «è un mezzo, non un fine per sé stesso. È quello che sostengono i miei vicini agricoltori: il trattore è un mezzo per lavorare la terra».
Lo Scruton-pensiero passa in rassegna, né può essere altrimenti, i miti delle società moderne, tra i quali «il mito dell’uguaglianza umana: per cui nessuno è migliore, più interessante o amabile degli altri». E il sesso, naturalmente: «Biasimo Alfred Kinsey e di conseguenza pure Freud per il fatto di disincantare l’atto sessuale, descrivendolo come relazione tra parti della persona piuttosto che tra persone come tali». Contro il fondatore della psicanalisi, peraltro, Scruton lancia una frecciata: «Freud era un pesce freddo completamente privo di reale passione erotica».
Il tema della fede, a cui Scruton ha dedicato un libro tradotto da Vita e pensiero nel 2008 (La cultura conta. Fede e sentimento in un mondo sotto assedio) non poteva non ricevere spazio adeguato: «Scappiamo dalla morte così come “strumentalizziamo” il sesso, poiché si può affrontare la morte solo quando si ha un appropriato concetto e rispetto del sacro».
Interrogato sui valori cardine della società, risponde così: «L’amore, la conoscenza e il perdono. E anche le radici, senza le quali le persone invecchiano e poi muoiono». Chissà perché, detti da lui, sembrano credibili.
Scruton è un tipo originale, un pensatore controcorrente, capace di scrivere un Manifesto dei conservatori e addirittura una Apologia della caccia (entrambi tradotti in italiano nel 2007). L’intervista a cura di Luigi Iannone è un’efficace introduzione ai temi principali del suo variegato pensiero, raccolti intorno a sei nuclei fondamentali: Stato-nazione; arte e bellezza; bioetica e Sacro; diritti individuali e privacy; economia globale; democrazia e partecipazione.
Il merito di Scruton è di non accettare mai acriticamente l’opinione della maggioranza, di cui mostra anzi i condizionamenti e le incongruenze. Dalle sue parole emerge invece spesso la distinzione tra conformismo sociale e senso comune, tra la passività con cui vengono accolte le decisioni degli euroburocrati e la rete di piccole comunità che, sola, può garantire una vita degna di essere vissuta. «Contro le élite insediate nelle istituzioni Europee, contro gli euroburocrati - afferma il filosofo - abbiamo bisogno di: una vasta rete di educazione privata, esami privati e istituzioni che certifichino le qualifiche, enti di beneficenza privati, chiese attive e libere associazioni di cittadini, festival ed eventi organizzati localmente, e una satira costante sulla Ue e i suoi regolamenti». La sua concezione della politica è eminentemente pragmatica: «Il peggior retaggio del XX secolo è stata la convinzione che i politici dovessero avere per forza uno scopo, la prosperità, l’uguaglianza, una “società nuova”. No, la politica ha molti fini, sempre mutevoli, non un singolo fine». Filosofo specializzato nelle discipline estetiche - il suo libro, intitolato semplicemente Beauty, è uscito nel 2009 - sostiene che «il culto della bruttezza e della distorsione morale sono la stessa cosa. E tuttavia il senso della bellezza è un universale umano e come tale non è affatto scomparso. Esso nasce dal bisogno profondo di sentirci a casa nel mondo».
Qualcuno potrebbe immaginarlo come un vecchio parruccone passatista, un inguaribile brontolone. Nient’affatto. Dall’intervista emerge un pensatore assai ottimista, osservatore interessato dei fenomeni che già rivelano la rinascita dell’uomo contemporaneo contro il conformismo delle accademie. Ne è una testimonianza «il nuovo movimento urbanistico che contrasta la bruttezza e l’arbitrarietà dell’architettura moderna. Molti artisti si stanno ribellando alle ortodossie dell’arte “concettuale”. Le scuole d’architettura sono state per lungo tempo scuole di diseducazione. Stockhausen e Nono sono degli imbroglioni: se non fosse per i sussidi dello Stato, tali persone non sarebbero sopravvissute».
Grande conoscitore del pensiero europeo a cui ha dedicato anche una Guida filosofica per tipi intelligenti, Scruton contesta l’idea della coscienza moderna che si estranea dalla tradizione perché convinta di affrontare certi problemi per la prima volta: «Bioetica è una parola stupida, poiché implica che l’etica diventi qualcos’altro quand’è applicata ai problemi creati dai progressi nella conoscenza biologica. Ma i problemi sono sempre esempi di un unico problema e cioè: abbiamo il potere di usare la nostra conoscenza per fare qualcosa di nuovo?».
Analogamente, Scruton demistifica vecchie e nuove forme del pensiero unico: «La scienza non è un’ideologia. Lo scientismo è un'ideologia: è la pretesa sistematica che tutte le questioni siano scientifiche, è una sorta di “scienza feticista”». Il marxismo «fu una cosa simile», e simile - afferma il filosofo - è «anche la biologia evolutiva nelle mani di Richard Dawkins». La tecnologia, invece, «è un mezzo, non un fine per sé stesso. È quello che sostengono i miei vicini agricoltori: il trattore è un mezzo per lavorare la terra».
Lo Scruton-pensiero passa in rassegna, né può essere altrimenti, i miti delle società moderne, tra i quali «il mito dell’uguaglianza umana: per cui nessuno è migliore, più interessante o amabile degli altri». E il sesso, naturalmente: «Biasimo Alfred Kinsey e di conseguenza pure Freud per il fatto di disincantare l’atto sessuale, descrivendolo come relazione tra parti della persona piuttosto che tra persone come tali». Contro il fondatore della psicanalisi, peraltro, Scruton lancia una frecciata: «Freud era un pesce freddo completamente privo di reale passione erotica».
Il tema della fede, a cui Scruton ha dedicato un libro tradotto da Vita e pensiero nel 2008 (La cultura conta. Fede e sentimento in un mondo sotto assedio) non poteva non ricevere spazio adeguato: «Scappiamo dalla morte così come “strumentalizziamo” il sesso, poiché si può affrontare la morte solo quando si ha un appropriato concetto e rispetto del sacro».
Interrogato sui valori cardine della società, risponde così: «L’amore, la conoscenza e il perdono. E anche le radici, senza le quali le persone invecchiano e poi muoiono». Chissà perché, detti da lui, sembrano credibili.
«Il Giornale» del 25 giugno 2010
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