I ragazzi cercano idee e libertà. Ma la relazione cambia
di Francesco Alberoni
Cos’è un maestro? Un persona che ti insegna qualcosa, come leggere, scrivere o fare uno sport? No è qualcosa di più, è uno che ti guida nel mondo, che ti fa crescere, che ti aiuta a diventare ciò che puoi diventare. Ma senza opprimerti, facendo fiorire le tue potenzialità. E lo fa con un rapporto personale, dove entrambi entrate con la vostra umanità.
Concepito in questo modo il rapporto maestro-allievo oggi si è molto indebolito tanto fra genitori e figli come all’interno della scuola. La relazione fra la generazione giovane e ilmondo adulto viene sempre più affidata alle immagini, come i cartoni animati, i film tv, le playstation e, in seguito, ad attività fisiche come palestra, nuoto, sci, tennis, equitazione, basket, pallavolo, danza, canto, musica. È un continuo correre da una parte all’altra, una indigestione di stimoli. I ragazzi reagiscono creando una propria comunità in cui comunicano usando brevi frasi, brani musicali, immagini, ma cercano anche un modello, una guida. Un tempo imaestri erano i sacerdoti, i politici, i poeti, i filosofi, gli scrittori. Oggi sono soprattutto i cantanti. Con la sintesi di musica-immagini-parole, indicano loro i sentieri emotivi, gli stimoli vitali.
Noi spesso dimentichiamo che tutti gli esseri umani hanno bisogno di dare un senso alla loro vita. È questo che cercano i giovani in tutti coloro che incontrano, un amico, un amore, un cantante. Ma vogliono trovarlo nella libertà, non nell’imposizione. Vogliono scoprirlo come hanno sempre fatto, come faranno sempre, con spirito critico, rivolti al nuovo, al futuro, al creare. E vanno alla ricerca di chi capisce questa loro esigenza, e sa dare una risposta.
Nel corso della mia vita ho visto che quando ho chiamato attorno a me dei giovani con un gruppo di insegnanti bravi, motivati, con un progetto interessante, ambizioso, tutti si sono messi a lavorare con entusiasmo. Ma bisogna che essi sentano che voi ci credete, che vi impegnate e che volete lavorare insieme, che volete inventare insieme e realizzare un’opera comune, un’opera collettiva. E che siete esigenti con voi stessi prima che con loro, perché tutto deve essere perfetto. Devono sentire che voi sapete dove andare, ma che loro sono liberi di scegliere ogni volta di seguirvi, e voi li ascoltate, prendete sul serio quello che dicono. Solo allora diventate un maestro: quando tracciate tutti insieme la strada da percorrere.
Concepito in questo modo il rapporto maestro-allievo oggi si è molto indebolito tanto fra genitori e figli come all’interno della scuola. La relazione fra la generazione giovane e ilmondo adulto viene sempre più affidata alle immagini, come i cartoni animati, i film tv, le playstation e, in seguito, ad attività fisiche come palestra, nuoto, sci, tennis, equitazione, basket, pallavolo, danza, canto, musica. È un continuo correre da una parte all’altra, una indigestione di stimoli. I ragazzi reagiscono creando una propria comunità in cui comunicano usando brevi frasi, brani musicali, immagini, ma cercano anche un modello, una guida. Un tempo imaestri erano i sacerdoti, i politici, i poeti, i filosofi, gli scrittori. Oggi sono soprattutto i cantanti. Con la sintesi di musica-immagini-parole, indicano loro i sentieri emotivi, gli stimoli vitali.
Noi spesso dimentichiamo che tutti gli esseri umani hanno bisogno di dare un senso alla loro vita. È questo che cercano i giovani in tutti coloro che incontrano, un amico, un amore, un cantante. Ma vogliono trovarlo nella libertà, non nell’imposizione. Vogliono scoprirlo come hanno sempre fatto, come faranno sempre, con spirito critico, rivolti al nuovo, al futuro, al creare. E vanno alla ricerca di chi capisce questa loro esigenza, e sa dare una risposta.
Nel corso della mia vita ho visto che quando ho chiamato attorno a me dei giovani con un gruppo di insegnanti bravi, motivati, con un progetto interessante, ambizioso, tutti si sono messi a lavorare con entusiasmo. Ma bisogna che essi sentano che voi ci credete, che vi impegnate e che volete lavorare insieme, che volete inventare insieme e realizzare un’opera comune, un’opera collettiva. E che siete esigenti con voi stessi prima che con loro, perché tutto deve essere perfetto. Devono sentire che voi sapete dove andare, ma che loro sono liberi di scegliere ogni volta di seguirvi, e voi li ascoltate, prendete sul serio quello che dicono. Solo allora diventate un maestro: quando tracciate tutti insieme la strada da percorrere.
«Corriere della Sera» del 28 giugno 2010
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