«Il Fondo? Il suo è un lavoro ingrato, ma necessario. Io difendo i suoi interventi, non ha affamato nessuno»
di Giorgio Ferrari
Ma è proprio indispensabile un organismo come il Fmi? Lo domandiamo al professor Alberto Bisin, bocconiano doc e da anni ordinario di Economia alla New York University.
«Il Fondo monetario internazionale fa un lavoro ingrato, cioè quello di intervenire in Paesi che hanno gravi problemi finanziari e imporre condizioni perché ne escano».
Con un’ideologia di fondo, se mi passa il gioco di parole...
Certo, negli ultimi dieci- quindici anni il Fmi è fra le istituzioni che hanno più marcatamente accolto un certo modo di pensare la politica economica, ossia quello market oriented. Naturale quindi che da molti sia stato visto come il nemico liberista. Il che può anche essere vero da un certo punto di vista, ma a mio avviso non c’è altro modo ragionevole di vedere la politica economia.
Il Fmi è attivo da un sessantennio. Possiamo considerarlo ancora indispensabile?
Per quanto sia un’istituzione con degli obiettivi che si sono evoluti nel corso di sessant’anni, lo reputo tuttora un deposito di buon senso e di saggezza finanziaria.
Un 'buon senso' che ha regolarmente avvantaggiato l’Occidente e comunque il modo di pensare occidentale.
Indirettamente sì. Ma poteva fare diversamente? Il Fmi è entrato in tutte le crisi imponendo misure di rientro dei conti pubblici spesse volte in Paesi – come in Africa o in Asia – dove la struttura politica è abbastanza difficile da gestire, non è ben definita, e talvolta non è democratica. Se l’Occidente ne ha avuto dei vantaggi li ha avuti in forma indiretta, ad esempio nel beneficiare di una struttura finanziaria mondiale stabile.
Non molto tempo fa la rivista Business Week ha fatto un elenco dei molti insuccessi attribuibili al Fmi.
Non sono il difensore civico del Fmi, ma se devo pensare a un’istituzione che è davvero fallita nelle sue politiche direi piuttosto che è la Banca mondiale.
Perché?
Il Fondo è un’istituzione che ha cercato di fare cose estremamente impopolari e quindi difficili. La Banca mondiale invece ha ripetutamente tentato di stimolare la crescita in Africa e Asia, ma le sue ricette di carattere dirigistico prevedevano interventi diretti massicci che non hanno funzionato, anzi sono clamorosamente falliti. Ora ci ripensano e privilegiano interventi minimali, quasi villaggio per villaggio, mentre fino agli anni Ottanta l’idea-guida della Banca era di accordarsi con i governi e fare dighe, ponti, strade, impiantare l’industria siderurgica. Come del resto si è fatto nel nostro Sud. E questo sappiamo bene che non funziona.
Il Fmi invece funzionava?
Interveniva con un approccio di mercato: tenere i conti in ordine, liberalizzare i mercati e far funzionare l’economia.
Il che implicava costi enormi per ripagare gli interessi...
Vero, e questo accade soprattutto nella fase iniziale dell’intervento. Ma quando si afferma che ci sono popolazioni alla fame e la colpa è del Fondo, io dico che non è vero, anche se ci sono situazioni drammatiche.
La crisi del debito greco ha fatto balenare l’ipotesi della nascita di un Fondo monetario europeo.
A me sembra un’idea abbastanza insensata. Già il Fondo stesso si è ritagliato un ruolo nella stabilità mondiale praticamente dal nulla: il suo compito originario si riferiva ai mercati dei cambi quando le valute erano legate all’oro. Oggi essenzialmente lavora poco sui cambi. Inoltre l’idea di pensare a un’istituzione europea che abbia potere contro la speculazione dei mercati è inattuabile e malsana insieme.
«Il Fondo monetario internazionale fa un lavoro ingrato, cioè quello di intervenire in Paesi che hanno gravi problemi finanziari e imporre condizioni perché ne escano».
Con un’ideologia di fondo, se mi passa il gioco di parole...
Certo, negli ultimi dieci- quindici anni il Fmi è fra le istituzioni che hanno più marcatamente accolto un certo modo di pensare la politica economica, ossia quello market oriented. Naturale quindi che da molti sia stato visto come il nemico liberista. Il che può anche essere vero da un certo punto di vista, ma a mio avviso non c’è altro modo ragionevole di vedere la politica economia.
Il Fmi è attivo da un sessantennio. Possiamo considerarlo ancora indispensabile?
Per quanto sia un’istituzione con degli obiettivi che si sono evoluti nel corso di sessant’anni, lo reputo tuttora un deposito di buon senso e di saggezza finanziaria.
Un 'buon senso' che ha regolarmente avvantaggiato l’Occidente e comunque il modo di pensare occidentale.
Indirettamente sì. Ma poteva fare diversamente? Il Fmi è entrato in tutte le crisi imponendo misure di rientro dei conti pubblici spesse volte in Paesi – come in Africa o in Asia – dove la struttura politica è abbastanza difficile da gestire, non è ben definita, e talvolta non è democratica. Se l’Occidente ne ha avuto dei vantaggi li ha avuti in forma indiretta, ad esempio nel beneficiare di una struttura finanziaria mondiale stabile.
Non molto tempo fa la rivista Business Week ha fatto un elenco dei molti insuccessi attribuibili al Fmi.
Non sono il difensore civico del Fmi, ma se devo pensare a un’istituzione che è davvero fallita nelle sue politiche direi piuttosto che è la Banca mondiale.
Perché?
Il Fondo è un’istituzione che ha cercato di fare cose estremamente impopolari e quindi difficili. La Banca mondiale invece ha ripetutamente tentato di stimolare la crescita in Africa e Asia, ma le sue ricette di carattere dirigistico prevedevano interventi diretti massicci che non hanno funzionato, anzi sono clamorosamente falliti. Ora ci ripensano e privilegiano interventi minimali, quasi villaggio per villaggio, mentre fino agli anni Ottanta l’idea-guida della Banca era di accordarsi con i governi e fare dighe, ponti, strade, impiantare l’industria siderurgica. Come del resto si è fatto nel nostro Sud. E questo sappiamo bene che non funziona.
Il Fmi invece funzionava?
Interveniva con un approccio di mercato: tenere i conti in ordine, liberalizzare i mercati e far funzionare l’economia.
Il che implicava costi enormi per ripagare gli interessi...
Vero, e questo accade soprattutto nella fase iniziale dell’intervento. Ma quando si afferma che ci sono popolazioni alla fame e la colpa è del Fondo, io dico che non è vero, anche se ci sono situazioni drammatiche.
La crisi del debito greco ha fatto balenare l’ipotesi della nascita di un Fondo monetario europeo.
A me sembra un’idea abbastanza insensata. Già il Fondo stesso si è ritagliato un ruolo nella stabilità mondiale praticamente dal nulla: il suo compito originario si riferiva ai mercati dei cambi quando le valute erano legate all’oro. Oggi essenzialmente lavora poco sui cambi. Inoltre l’idea di pensare a un’istituzione europea che abbia potere contro la speculazione dei mercati è inattuabile e malsana insieme.
Il presidente della Bce Trichet non ha apprezzato l’ingresso del Fmi nel pacchetto di salvataggio greco, reputandolo una cessione di sovranità da parte dell’Europa.
Lo capisco, ma questo è un aspetto politico. Il Fmi interviene in quanto possiede le risorse e sa come intervenire. È ovvio d’altro canto che la Bce si sia sentita scalzata.
Lo capisco, ma questo è un aspetto politico. Il Fmi interviene in quanto possiede le risorse e sa come intervenire. È ovvio d’altro canto che la Bce si sia sentita scalzata.
«Avvenire» del 26 giugno 2010
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