di Luigi Mascheroni
Con dieci anni di ritardo rispetto agli indicatori cronologici, la scuola italiana è entrata nel XXI secolo. Ragazzi, benvenuti nella post-maturità.
Forse senza saperlo, voi studentesse e studenti che ieri vi siete seduti nel banco per affrontare la prima prova dell’esame di Maturità 2010, avete avuto il privilegio di scrivere ben più di un semplice tema, ma in qualche modo la Storia. Quella di una Scuola che è cambiata. E che - fosse solo per il coraggio - merita dieci. In un Paese per moltissimi versi da bocciare, una promozione con il massimo dei voti.
Mollando un sonoro schiaffo morale al conformismo intellettuale e politico della sinistra, il ministero dell’Istruzione di un governo di destra quest’anno, nella scelta dei temi affidati agli studenti, ha dimostrato intelligenza, capacità di decisione e un’insolita - per il settore - apertura mentale. Dal punto di vista didattico, un’innovazione. Da un punto di vista culturale, una svolta.
L’esame di maturità, che non a caso sopravvive nelle paure, nelle attese, negli incubi e nei ricordi di ognuno di noi, immutato negli anni e oltre le generazioni, rappresenta non solo uno spartiacque della vita individuale, ma anche una trasformazione - tecnicamente si dice «riforma» - del modo di elaborare e trasmettere il «sapere» da parte di una collettività che si chiama nazione. Può sembrare un paradosso, ma contrariamente a quanto pensano molti intellettuali e diversi politici, l’esame di Stato al termine degli studi superiori è più importante per l’avanzamento della società e per il vivere civile che per la scuola in sé. Non è compiendo i 18 anni, ma passando l’esame di Maturità che un ragazzo diventa cittadino.
E da oggi, forse, avremo cittadini migliori.
Inserire, fra le tracce della prova scritta di Italiano, un momento «scomodo» e «nuovo» come le foibe; o una questione filosofica-scientifica sulla vita nell’Universo che mette faccia a faccia fisica e metafisica; o scegliendo, per il tema sul ruolo dei giovani nella politica, anche testi di Benito Mussolini e Palmiro Togliatti; o addirittura azzardare, in ambito socio-economico, un approccio anti-utilitaristico al concetto di felicità, significa da parte del ministero della Pubblica istruzione avere coraggio. Ma soprattutto aver voglia di cambiare.
Forse questi non saranno, come ha già detto qualcuno, i temi migliori di sempre della Maturità. Ma di certo sono i più «moderni». Delle tracce - appunto - che lasceranno il segno.
Tracce che manifestano apertura mentale, e dimostrano la capacità di uscire da vecchi schemi didattici e ideologici, già bocciati dalla Storia, che hanno imperversato nella nostra Scuola per decenni, ammuffiti nelle circolari e nei programmi ministeriali.
Tracce che spazzato via il conformismo intellettuale dell’intellighenzia e dei baroni, sopravvissuto molto più a lungo del necessario ai decenni rossi dell’egemonia culturale della sinistra, comunista e post-comunista.
Tracce che scavalcano i provincialismi e le paure di una Scuola a lungo mummificata nelle vulgate storiografiche e nei tabù ideologici.
Proporre alle nuove generazioni una riflessione sulla questione delle foibe o un discorso del Duce o l’eventualità di una vita aliena e persino - proprio oggi! - una opzione non-materialista alla ricerca della felicità, significa non solo essere meno faziosi e meno scontati. Vuol dire essere più moderni e più vicini alla società.
E proprio il fatto che un sociologo esperto di «trasformismi» come Sabino Acquaviva - uno che insegnava all’Università di Trento nel ’68 e oggi pubblica nella collana Farefuturo di Marsilio - sostenga che i temi della Maturità non colgono i cambiamenti in atto nella civiltà, dimostra che la società italiana, dopo tanti silenzi e tanti chiacchiere vuote, ha voglia di discutere i temi che i nostri studenti si sono ritrovati ieri sul loro banco.
Siamo esattamente dentro la Storia, non fuori. Proponendo Levi e le foibe si tenta di educare i nostri ragazzi a pensare, nel 150° anniversario dell’Unità, a un’Italia senza divisioni né odii. Proponendo un’idea di felicità che vada oltre i beni materiali, indichiamo loro un punto di vista «altro» rispetto all’attuale crisi economica mondiale; proponendo i discorsi di leader «eretici», da Mussolini a Togliatti, fino a papa Wojtyla, li prepariamo ad abbattere gli steccati ideologici di ieri, portandoli dentro la politica di oggi.
Certo. Dettare ai ragazzi dei buoni titoli per un tema, non significa automaticamente ritrovarsi in mano sei ore dopo un capolavoro letterario o filosofico. Gli studenti che hanno fatto la maturità ieri mattina sono esattamente gli stessi di ieri l’altro. Ma la Scuola, che notoriamente ragiona in termini di anni e non di ore, da oggi è un po’ diversa. Più moderna. Più libera. E più matura.
Forse senza saperlo, voi studentesse e studenti che ieri vi siete seduti nel banco per affrontare la prima prova dell’esame di Maturità 2010, avete avuto il privilegio di scrivere ben più di un semplice tema, ma in qualche modo la Storia. Quella di una Scuola che è cambiata. E che - fosse solo per il coraggio - merita dieci. In un Paese per moltissimi versi da bocciare, una promozione con il massimo dei voti.
Mollando un sonoro schiaffo morale al conformismo intellettuale e politico della sinistra, il ministero dell’Istruzione di un governo di destra quest’anno, nella scelta dei temi affidati agli studenti, ha dimostrato intelligenza, capacità di decisione e un’insolita - per il settore - apertura mentale. Dal punto di vista didattico, un’innovazione. Da un punto di vista culturale, una svolta.
L’esame di maturità, che non a caso sopravvive nelle paure, nelle attese, negli incubi e nei ricordi di ognuno di noi, immutato negli anni e oltre le generazioni, rappresenta non solo uno spartiacque della vita individuale, ma anche una trasformazione - tecnicamente si dice «riforma» - del modo di elaborare e trasmettere il «sapere» da parte di una collettività che si chiama nazione. Può sembrare un paradosso, ma contrariamente a quanto pensano molti intellettuali e diversi politici, l’esame di Stato al termine degli studi superiori è più importante per l’avanzamento della società e per il vivere civile che per la scuola in sé. Non è compiendo i 18 anni, ma passando l’esame di Maturità che un ragazzo diventa cittadino.
E da oggi, forse, avremo cittadini migliori.
Inserire, fra le tracce della prova scritta di Italiano, un momento «scomodo» e «nuovo» come le foibe; o una questione filosofica-scientifica sulla vita nell’Universo che mette faccia a faccia fisica e metafisica; o scegliendo, per il tema sul ruolo dei giovani nella politica, anche testi di Benito Mussolini e Palmiro Togliatti; o addirittura azzardare, in ambito socio-economico, un approccio anti-utilitaristico al concetto di felicità, significa da parte del ministero della Pubblica istruzione avere coraggio. Ma soprattutto aver voglia di cambiare.
Forse questi non saranno, come ha già detto qualcuno, i temi migliori di sempre della Maturità. Ma di certo sono i più «moderni». Delle tracce - appunto - che lasceranno il segno.
Tracce che manifestano apertura mentale, e dimostrano la capacità di uscire da vecchi schemi didattici e ideologici, già bocciati dalla Storia, che hanno imperversato nella nostra Scuola per decenni, ammuffiti nelle circolari e nei programmi ministeriali.
Tracce che spazzato via il conformismo intellettuale dell’intellighenzia e dei baroni, sopravvissuto molto più a lungo del necessario ai decenni rossi dell’egemonia culturale della sinistra, comunista e post-comunista.
Tracce che scavalcano i provincialismi e le paure di una Scuola a lungo mummificata nelle vulgate storiografiche e nei tabù ideologici.
Proporre alle nuove generazioni una riflessione sulla questione delle foibe o un discorso del Duce o l’eventualità di una vita aliena e persino - proprio oggi! - una opzione non-materialista alla ricerca della felicità, significa non solo essere meno faziosi e meno scontati. Vuol dire essere più moderni e più vicini alla società.
E proprio il fatto che un sociologo esperto di «trasformismi» come Sabino Acquaviva - uno che insegnava all’Università di Trento nel ’68 e oggi pubblica nella collana Farefuturo di Marsilio - sostenga che i temi della Maturità non colgono i cambiamenti in atto nella civiltà, dimostra che la società italiana, dopo tanti silenzi e tanti chiacchiere vuote, ha voglia di discutere i temi che i nostri studenti si sono ritrovati ieri sul loro banco.
Siamo esattamente dentro la Storia, non fuori. Proponendo Levi e le foibe si tenta di educare i nostri ragazzi a pensare, nel 150° anniversario dell’Unità, a un’Italia senza divisioni né odii. Proponendo un’idea di felicità che vada oltre i beni materiali, indichiamo loro un punto di vista «altro» rispetto all’attuale crisi economica mondiale; proponendo i discorsi di leader «eretici», da Mussolini a Togliatti, fino a papa Wojtyla, li prepariamo ad abbattere gli steccati ideologici di ieri, portandoli dentro la politica di oggi.
Certo. Dettare ai ragazzi dei buoni titoli per un tema, non significa automaticamente ritrovarsi in mano sei ore dopo un capolavoro letterario o filosofico. Gli studenti che hanno fatto la maturità ieri mattina sono esattamente gli stessi di ieri l’altro. Ma la Scuola, che notoriamente ragiona in termini di anni e non di ore, da oggi è un po’ diversa. Più moderna. Più libera. E più matura.
«Il Giornale» del 23 giugno 2010
Nessun commento:
Posta un commento