Quattro giorni di congedo a stipendio pieno: sulla legge convergono Pdl e Pd. L'Italia segue l'esempio dell'Europa
di Lorenzo Salvia
Niente giorni di ferie, anche perché il riposo non c’entra proprio. Niente permesso premio, visto che non sempre il capoufficio ha il cuore tenero. E niente fuga in pausa pranzo, con itinerario ufficio-ospedale-ufficio a tempo di record. Come nella maggior parte dei Paesi europei, anche i neopapà d’Italia potrebbero presto rinunciare ad affanni e sotterfugi pur di godersi in santa pace le prime ore dell’erede. «Congedo di paternità obbligatorio » si legge sulla prima pagina dei disegni di legge che la Camera ha cominciato a discutere mercoledì scorso. Se arriveranno al traguardo finale, i papà non avrebbero più scelta: subito dopo la nascita del bambino dovrebbero prendere quattro giorni di congedo. Non una possibilità, come già oggi consentito dalla legge sul congedo parentale. Ma un obbligo, come quello che impone alla mamma di non lavorare per i cinque mesi a cavallo del parto. Il tutto senza perdere un euro di stipendio: quei quattro giorni sarebbero a carico delle aziende per i lavoratori dipendenti e del sistema previdenziale per gli autonomi.
I papà come le mamme, o quasi. Per capire fin dall’inizio che la cura del bimbo non è una cosa da donne, ma un compito della famiglia, una croce e una delizia che mamma e papà devono condividere. Un libro dei sogni, tanto più adesso in tempo di crisi e di manovra? Non è detto. Le proposte di legge all’esame della commissione Lavoro di Montecitorio sono due, molto simili. Per prima è arrivata quella del Pd, scritta da Alessia Mosca e firmata da 25 deputati. Poi è stata depositata quella del Pdl, autore Barbara Saltamartini, sottoscritta da 36 colleghi. «L’Europa ci impone di portare a 65 anni l’età pensionabile per le donne - spiega Mosca, la firmataria della proposta Pd - ma è opportuno riequilibrare anche un altro pezzo della vita, e cioè la cura dei figli che non può essere a carico solo delle mamme». Quei quattro giorni, dunque, avrebbero un valore simbolico. E sarebbero il primo passo di un lunghissimo percorso. «Il vero obiettivo - spiega Saltamartini, autrice del testo Pdl - è passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità. E quindi pensare non alla tutela delle donne, ma ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi».
C’è un esempio positivo. Il Portogallo ha introdotto il congedo obbligatorio per i papà nel 2002. Prima aveva solo quello facoltativo, ma non lo chiedeva nessuno, meno del 2% dei papà. Adesso sono arrivati al 22%. «Questo vuol dire che l’obbligo di restare a casa - spiega Mosca - può insegnare che prendersi cura dei bambini è bello. Può rompere un tabù, avviare una rivoluzione ». Forse anche in Italia dove, in attesa del congedo obbligatorio, quello facoltativo è una rarità: lo chiede meno del 4% dei padri. Obbligo di stare con i figli, dunque, per imparare a voler stare con i figli. È vero che alcune aziende già lo fanno per scelta, come nelle esperienze di Intesa San Paolo e Nestlé. Ma tutte le imprese accetterebbero un costo in più come questo? «Quattro giorni per lavoratore con un tasso di natalità dell’1,24% - dice Saltamartini - sono davvero poco cosa. E poi vogliamo aiutare le famiglie a fare figli e le donne a rimanere nel mondo del lavoro. Anche questo è sviluppo».
I papà come le mamme, o quasi. Per capire fin dall’inizio che la cura del bimbo non è una cosa da donne, ma un compito della famiglia, una croce e una delizia che mamma e papà devono condividere. Un libro dei sogni, tanto più adesso in tempo di crisi e di manovra? Non è detto. Le proposte di legge all’esame della commissione Lavoro di Montecitorio sono due, molto simili. Per prima è arrivata quella del Pd, scritta da Alessia Mosca e firmata da 25 deputati. Poi è stata depositata quella del Pdl, autore Barbara Saltamartini, sottoscritta da 36 colleghi. «L’Europa ci impone di portare a 65 anni l’età pensionabile per le donne - spiega Mosca, la firmataria della proposta Pd - ma è opportuno riequilibrare anche un altro pezzo della vita, e cioè la cura dei figli che non può essere a carico solo delle mamme». Quei quattro giorni, dunque, avrebbero un valore simbolico. E sarebbero il primo passo di un lunghissimo percorso. «Il vero obiettivo - spiega Saltamartini, autrice del testo Pdl - è passare dalle pari opportunità alle pari responsabilità. E quindi pensare non alla tutela delle donne, ma ad un sistema che consenta alla famiglia di organizzarsi».
C’è un esempio positivo. Il Portogallo ha introdotto il congedo obbligatorio per i papà nel 2002. Prima aveva solo quello facoltativo, ma non lo chiedeva nessuno, meno del 2% dei papà. Adesso sono arrivati al 22%. «Questo vuol dire che l’obbligo di restare a casa - spiega Mosca - può insegnare che prendersi cura dei bambini è bello. Può rompere un tabù, avviare una rivoluzione ». Forse anche in Italia dove, in attesa del congedo obbligatorio, quello facoltativo è una rarità: lo chiede meno del 4% dei padri. Obbligo di stare con i figli, dunque, per imparare a voler stare con i figli. È vero che alcune aziende già lo fanno per scelta, come nelle esperienze di Intesa San Paolo e Nestlé. Ma tutte le imprese accetterebbero un costo in più come questo? «Quattro giorni per lavoratore con un tasso di natalità dell’1,24% - dice Saltamartini - sono davvero poco cosa. E poi vogliamo aiutare le famiglie a fare figli e le donne a rimanere nel mondo del lavoro. Anche questo è sviluppo».
«Corriere della Sera» del 14 giugno 2010
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