Noi, i libri e i giornali: un'attività che ci fa diventare e restare noi stessi
di Ferdinando Camon
Si discute su diversi giornali, da parte di scrittori, giornalisti, politici, insegnanti, su perché bisogna leggere, perché da noi si legge così poco, che cosa significa leggere, cosa significa non leggere. La mia opinione, di insegnante più che di scrittore, è molto semplice: leggere significa vivere, chi non legge non vive. Vivere significa capire la propria vita, ma la propria vita la si capisce solo se si è in grado di confrontarla con le vite degli altri, e questo si è in grado di farlo solo se si leggono libri.
Sono i libri che ti raccontano e ti spiegano la vita degli altri, tuoi contemporanei o tuoi progenitori. Leggendo, con-vivi con la vita di tutti. Non-leggendo, ti separi da tutti, non li raggiungi più, ti perdi. C’è un numero altissimo di italiani che non leggono nemmeno un libro all’anno: non sono italiani, non sono europei, non sono in collegamento con l’Italia o con l’Europa, non sono in collegamento nemmeno con l’umanità. L’umanità è un intreccio di miliardi di vite, che toccandosi si scambiano informazioni, domande, risposte, scoperte, dubbi. Lo fanno per mezzo della lettura. Chi non legge, non partecipa a questo scambio, ne resta fuori, si esclude dall’umanità. L’umanità parla a tutti, tranne a coloro che non leggono.
Se i libri raccontano le vite degli altri, i giornali raccontano le civiltà degli altri. Se non leggendo libri non puoi confrontare la tua vita e dunque non puoi capirla e dunque non la vivi ma la perdi, così non leggendo giornali non puoi confrontare la tua civiltà e dunque non puoi capirla, ci sei dentro ma non ne fai parte. I giornali riassumono e comunicano il lavoro che il mondo fa, tutto il mondo, giorno dopo giorno. Leggendo i giornali, tu ogni mattina introietti questo lavoro, ne erediti i risultati, te ne sostanzi, con essi nutri cervello cuore e nervi. Dopo questo nutrimento, sei diverso da com’eri prima.
Il mondo lavora per te. Ma se non leggi i giornali, non erediti questo lavoro, tutto ciò che il mondo fa, lo fa per tutti ma non per te: se non leggi i giornali, tu non fai niente per il mondo e il mondo non fa niente per te.
La lettura è una vaccinazione, chi non legge non si vaccina. Le malattie contro le quali agisce questa vaccinazione sono l’ignoranza, la disinformazione, il disinteresse per la vita politica, l’asocialità. Sono malattie gravi. Le conseguenze di queste malattie gravano sulla società. La società ha interesse a sconfiggere queste malattie, come ha interesse a sconfiggere il vaiolo o le altre malattie endemiche. Non è tollerabile che in una società ci siano individui non vaccinati contro il vaiolo o altre malattie endemiche, perché questi individui contraggono il virus e ne mantengono viva la minaccia. Colui che non legge non può essere un buon figlio, o buon padre, o marito, o cittadino, o buon elettore. Vota male perché è ingannabile, decide male per sé e per i figli, esprime giudizi disinformati, è un danno per la democrazia.
Si pensa che la scrittura sia stata inventata per 'fissare il debito': prima della scrittura, il debito era soltanto orale, e il creditore lo alzava come voleva, con la conseguenza che il debitore non finiva mai di sdebitarsi: era uno schiavo che generava schiavi. Bisogna controllare ogni giorno il proprio dare-avere con il mondo. Leggere non dovrebb’essere un diritto, ma un dovere.
Sono i libri che ti raccontano e ti spiegano la vita degli altri, tuoi contemporanei o tuoi progenitori. Leggendo, con-vivi con la vita di tutti. Non-leggendo, ti separi da tutti, non li raggiungi più, ti perdi. C’è un numero altissimo di italiani che non leggono nemmeno un libro all’anno: non sono italiani, non sono europei, non sono in collegamento con l’Italia o con l’Europa, non sono in collegamento nemmeno con l’umanità. L’umanità è un intreccio di miliardi di vite, che toccandosi si scambiano informazioni, domande, risposte, scoperte, dubbi. Lo fanno per mezzo della lettura. Chi non legge, non partecipa a questo scambio, ne resta fuori, si esclude dall’umanità. L’umanità parla a tutti, tranne a coloro che non leggono.
Se i libri raccontano le vite degli altri, i giornali raccontano le civiltà degli altri. Se non leggendo libri non puoi confrontare la tua vita e dunque non puoi capirla e dunque non la vivi ma la perdi, così non leggendo giornali non puoi confrontare la tua civiltà e dunque non puoi capirla, ci sei dentro ma non ne fai parte. I giornali riassumono e comunicano il lavoro che il mondo fa, tutto il mondo, giorno dopo giorno. Leggendo i giornali, tu ogni mattina introietti questo lavoro, ne erediti i risultati, te ne sostanzi, con essi nutri cervello cuore e nervi. Dopo questo nutrimento, sei diverso da com’eri prima.
Il mondo lavora per te. Ma se non leggi i giornali, non erediti questo lavoro, tutto ciò che il mondo fa, lo fa per tutti ma non per te: se non leggi i giornali, tu non fai niente per il mondo e il mondo non fa niente per te.
La lettura è una vaccinazione, chi non legge non si vaccina. Le malattie contro le quali agisce questa vaccinazione sono l’ignoranza, la disinformazione, il disinteresse per la vita politica, l’asocialità. Sono malattie gravi. Le conseguenze di queste malattie gravano sulla società. La società ha interesse a sconfiggere queste malattie, come ha interesse a sconfiggere il vaiolo o le altre malattie endemiche. Non è tollerabile che in una società ci siano individui non vaccinati contro il vaiolo o altre malattie endemiche, perché questi individui contraggono il virus e ne mantengono viva la minaccia. Colui che non legge non può essere un buon figlio, o buon padre, o marito, o cittadino, o buon elettore. Vota male perché è ingannabile, decide male per sé e per i figli, esprime giudizi disinformati, è un danno per la democrazia.
Si pensa che la scrittura sia stata inventata per 'fissare il debito': prima della scrittura, il debito era soltanto orale, e il creditore lo alzava come voleva, con la conseguenza che il debitore non finiva mai di sdebitarsi: era uno schiavo che generava schiavi. Bisogna controllare ogni giorno il proprio dare-avere con il mondo. Leggere non dovrebb’essere un diritto, ma un dovere.
«Avvenire» del 5 maggio 2010
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