di Ferdinando Camon
I best-seller sono un fatto di costume, non solo di cultura. Infatti vengono decisi dai premi e dalle classifiche settimanali dei più venduti, non dalle recensioni o dai pareri dei critici. La critica, l’articolo, il giudizio, il giornale possono ben poco, il premio e la tv possono tutto. Questo è un male, bisognerebbe correggerlo. Ne parliamo adesso perché adesso è uscita la cinquina dei finalisti dello Strega: uno vincerà, metterà la fascetta 'Premio Strega 2010', e per tutta l’estate e tutto l’autunno sarà il libro più venduto. Ma anche gli altri quattro avranno un traino. Entrare in cinquina è importante. Ci sono autori che sanno preventivamente di non poter vincere, ma ci tengono a entrare tra i finalisti perché comunque il loro libro sarà esposto nelle vetrine e sarà citato nei giornali. La stessa cosa succede col Campiello. Un po’ meno col Viareggio. E col Pen Club, che però si va radicando: è un premio in cui votano soltanto scrittori, quindi il libro premiato si vanta di essere «il libro scelto dagli scrittori». Intendiamoci: sono così pochi gli strumenti al servizio della lettura, che bisogna esser grati ai premi: i premi fan circolare libri, i libri sono scatole, ci sono scatole vuote e scatole piene, se i libri premiati contengono idee il premio fa circolare idee, se non contengono nulla il premio fa circolare il vuoto. Allo stesso modo funziona la classifica settimanale dei libri più venduti: ogni lettore può lasciarsi invogliare a comprarne qualcuno. Così si sceglie un libro per imitazione, non per convinzione. Allo stesso modo funziona la classifica dei film mediante le stellette: tre stelle, da non perdere, quattro stelle, eccezionale. Se il film con tre stelle è un bidone, il successo economico è comunque garantito, perché con le tre stelle raccoglie in un paio di settimane un incasso tale da coprire tutte le spese più un congruo guadagno. Alla terza settimana, quando tra il pubblico corre voce che sia un bidone, ormai il successo è raggiunto. Perché incassi, basta che abbia subito tre-quattro giudizi buoni e altisonanti. A tale scopo, si fa un’anteprima riservata ai critici amici, che sparano elogi orgiastici. La delusione del pubblico verrà fuori troppo tardi. Il colpo è fatto. Con i libri non puoi fare così. Un libro va allo sbaraglio della critica per mesi. Per fargli evitare lo sbaraglio della critica, ci vuole il grande premio o la grande ribalta televisiva. È un meccanismo perverso. Fa una tristezza infinita, in montagna o al mare, vedere tanti lettori e lettrici con lo stesso libro, pluripremiato o ben lanciato: lo bevono come un capolavoro del secolo, mentre morirà con le prime nebbie dell’autunno. Ci sono giornali serissimi, con supplementi letterari rigorosi, però con quell’ampia e dettagliata classifica dei libri premiati dal mercato. La domanda è antica e semplice: perché i principali giornali (ad aprire la strada basterebbe anche uno solo) non pubblicano, ogni settimana, un elenco dei libri raccomandati dalla critica? Basterebbe citare autore, titolo, editore, e trasformare in voto (o, se si vuole, in stellette) il giudizio dei principali critici. Così tu lettore vieni a sapere che il tale libro ha vinto un importante premio, ma per la critica vale meno del libro arrivato quinto. O che il tale libro non ha vinto niente, ma per la critica è un capolavoro. La graduatoria della critica avrebbe la funzione di attirare l’attenzione su libri che altrimenti sfuggono, di correggere l’influsso dei premi quando premiano libri immeritevoli, e perfino di correggere il Nobel, che in certe annate, tra i nomi emersi da tutte le lingue, sceglie con criteri politici o geografici, e non letterari. Che bello, avere ogni anno, oltre al Nobel eletto dalla Svezia, un Nobel alternativo, votato dai critici che stimiamo di più!
«Avvenire» del 12 giugno 2010
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