di Giuseppe Porro *
Caro direttore, il recente diniego dell’Unione Europea a intervenire nel caso Battisti è, sotto un profilo formale, ineccepibile: l’Ue infatti non ha competenza a occuparsi di un trattato di estradizione fra Italia e Brasile, in quanto la materia è regolata da norme bilaterali tra i due Paesi. Ma se esaminiamo più a fondo il caso, vediamo che i motivi di un intervento Ue ci sono, eccome. Il Brasile si è rifiutato di estradare Battisti perché di fatto lo considera un perseguitato politico, condannato in Italia sulla base non di un equo processo ma di valutazioni politiche e quindi non giuridiche: insomma da un Paese non rispettoso di un principio democratico fondamentale quale è appunto l’equo processo. Inoltre il Brasile, come si è letto, teme che, una volta in Italia, Battisti subisca pesanti maltrattamenti. Lo schiaffo per il nostro Paese è evidente. Ma lo è anche per l’Unione Europea. Poiché i casi sono solo due: o l’Italia è sprofondata nella barbarie, oppure le accuse brasiliane sono gravemente infondate. In entrambi i casi l’Ue non può astenersi dalla vicenda. Ipotizziamo che nel nostro Paese non viga un equo processo.
In tal caso, ai sensi dell’articolo 7 del Trattato Ue, il Consiglio dell’Unione, a maggioranza qualificata, può intervenire a sanzionare uno Stato membro (anche togliendogli il diritto di voto nel Consiglio stesso) quando tale Paese violi i valori comuni che sono alla base del processo di integrazione europea e cioè (Titolo I, art. 2) il «rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani…». Se viceversa, come è evidente, l’Italia ha giudicato Battisti nel rispetto dei diritti a un’equa giustizia, come può l’Ue tollerare che il Brasile dica al mondo che tra i suoi 27 Paesi membri ce n’è uno che non rispetta un valore democratico così rilevante? Come può l’Ue continuare a svolgere, come giustamente fa, un’azione a livello internazionale per la tutela della democrazia, se non la tutela a casa propria? Si noti, inoltre, che nel sistema Ue vige il cosiddetto mandato d’arresto europeo, una procedura di stretta collaborazione tra le autorità giudiziarie dei Paesi membri, che fa sì che un Paese membro debba consegnare, su richiesta dell’autorità giudiziaria di un altro Paese membro, una persona ricercata. Obbligo che può essere disatteso ove il Consiglio Ue constati che in un Paese membro c’è una grave violazione dei già richiamati valori comuni europei. Nessuno finora ha contestato alcunché all’Italia. Lo fa il Brasile. E l’Ue tace?
Il caso Battisti dovrà trovare la giusta collocazione e dimensione nei rapporti con un Paese importante e amico (caso Battisti a parte) come il Brasile. Ma forse l’Ue ha perso un’ottima occasione per dimostrare al mondo che essa è ben di più di un’organizzazione internazionale, bensì un insieme di Stati, uniti da valori comuni che vanno affermati, sottolineati e difesi ovunque e sempre.
In tal caso, ai sensi dell’articolo 7 del Trattato Ue, il Consiglio dell’Unione, a maggioranza qualificata, può intervenire a sanzionare uno Stato membro (anche togliendogli il diritto di voto nel Consiglio stesso) quando tale Paese violi i valori comuni che sono alla base del processo di integrazione europea e cioè (Titolo I, art. 2) il «rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani…». Se viceversa, come è evidente, l’Italia ha giudicato Battisti nel rispetto dei diritti a un’equa giustizia, come può l’Ue tollerare che il Brasile dica al mondo che tra i suoi 27 Paesi membri ce n’è uno che non rispetta un valore democratico così rilevante? Come può l’Ue continuare a svolgere, come giustamente fa, un’azione a livello internazionale per la tutela della democrazia, se non la tutela a casa propria? Si noti, inoltre, che nel sistema Ue vige il cosiddetto mandato d’arresto europeo, una procedura di stretta collaborazione tra le autorità giudiziarie dei Paesi membri, che fa sì che un Paese membro debba consegnare, su richiesta dell’autorità giudiziaria di un altro Paese membro, una persona ricercata. Obbligo che può essere disatteso ove il Consiglio Ue constati che in un Paese membro c’è una grave violazione dei già richiamati valori comuni europei. Nessuno finora ha contestato alcunché all’Italia. Lo fa il Brasile. E l’Ue tace?
Il caso Battisti dovrà trovare la giusta collocazione e dimensione nei rapporti con un Paese importante e amico (caso Battisti a parte) come il Brasile. Ma forse l’Ue ha perso un’ottima occasione per dimostrare al mondo che essa è ben di più di un’organizzazione internazionale, bensì un insieme di Stati, uniti da valori comuni che vanno affermati, sottolineati e difesi ovunque e sempre.
*Ordinario di Diritto Internazionale Università di Torino
«La Stampa» dell'8 gennaio 2011
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