di Luciano Perondi e Leonardo Romei
Scrittura e spazio
La scrittura non è fatta solo di lettere, parole, numeri e segni di interpunzione, ma anche da elementi come il colore, la dimensione e il peso visivo dei caratteri, lo spazio.
La disposizione degli elementi nello spazio non ha soltanto fini di carattere decorativo, ma comunica alla pari con le parole o i numeri.
NOTA
Infatti elenchi telefonici, indici, tabelle non sarebbero comprensibili se il testo non fosse disposto accortamente nello spazio. Non si tratta semplicemente di "impaginazione", ma si tratta di comunicare attraverso la disposizione spaziale informazioni che non sono presenti nelle parole. Questi elementi non sono un "in più", perché se tolti il testo perderebbe senso, ma sono rilevanti tanto quanto le parole.
Per dare conto di questa visione spaziale della scrittura non esistevano termini idonei, dunque alcuni studiosi hanno pensato di coniare il termine sinsemìa.
Sinsemìa
Per sinsemìa si intende la disposizione deliberata e consapevole di elementi di scrittura nello spazio con lo scopo di comunicare, attraverso l'articolazione spaziale, in modo ragionevolmente univoco e secondo regolarità. Queste regolarità possono essere valide soltanto per quel testo – ma coerenti, rigorose e interpretabili senza bisogno dell'aiuto dell'autore – oppure definite da precisi schemi e abitudini di fruizione consolidate.
NOTA
Il termine sinsemìa è composto dal prefisso sin di sintassi, dal greco syn («con», «insieme», usato con il significato di «unione», «contemporaneità»), e da semía che deriva da sema, «segno». Sinsemìa starebbe a indicare il modo in cui i segni stanno assieme (nello spazio).
Il termine è stato coniato nel 2007 da Giovanni Lussu e Antonio Perri e rientra in un approccio di ricerca che si contrappone a una visione lineare e alfabetocentrica della scrittura.
Storia della scrittura
La storia della scrittura è ricca di esempi di testi con un'alta componente sinsemica. L'avvento della stampa, a causa dei suoi limiti tecnici, ha contribuito però a rafforzare l'idea che la distinzione tra testo e immagine, tra lettere e organizzazione dello spazio siano fatti naturali e imprescindibili. Questo ha ridotto ulteriormente le possibilità di interazione verbo-visiva e ha rafforzato l'idea che uno dei due elementi fosse necessariamente subordinato e contrapposto all'altro.
NOTA
Il pregiudizio era ben più vecchio e l'attività del copista e del miniatore erano già distinte, ma in un manoscritto il passaggio e la distinzione tra scrittura e immagine è molto più fluida. Allo stesso modo la scrittura a mano e le forme non lineari del testo non sono mai scomparse, ed è esistita un'interazione difficile tra testi autografi e stampa. Prendiamo come esempio due testi di Galileo (si vedano le immagini qui sotto). Il primo è una lettera autografa, in cui si vede che Galileo tratta le parole, il disegno di Giove e delle lune e le frecce che indicano i movimenti come un tutt'uno, senza soluzione di continuità. Nel testo a stampa, al contrario, da una parte stampare un'immagine separatamente non rappresenta un problema (si vedano le nebulose), dall'altra stampare le immagini insieme alle parole per illustrare le osservazioni su Giove e i suoi satelliti è complesso. Lo stampatore (che ottiene un risultato comunque efficace) è costretto a usare caratteri su una sola riga di testo e a non inserire ausili grafici come le frecce. In questo caso è curioso notare come il tipografo usi dei caratteri (asterischi e "o" rovesciate) per comporre le illustrazioni. Quando parliamo di limiti tecnici per la stampa intendiamo la difficoltà a procedere in modo non lineare e la distinzione tra i materiali di stampa, metallo per le lettere (il «testo scritto») e legno, ovvero xilografia, per l'«immagine», con tutte le conseguenze sul processo di produzione. Questo non impediva già nel '400 la produzione di sofisticate xilografie (e subito dopo calcografie) in cui glifi e immagini formavano un unico insieme, ma questa era un'eccezione rispetto alla normale composizione dei testi.
Evoluzione inavvertita
La tecnologia legata alla produzione di testi scritti ha eliminato progressivamente gli ostacoli tecnici per una scrittura di tipo sinsemico. La non linearità viene sempre più accettata dai lettori, grazie anche alla diffusione di ogni tipo di mappa e all'inserimento di tabelle e grafici nei testi di comune accesso e al web con i suoi ipertesti. Di conseguenza si ripresenta l'opportunità per i produttori di testi di svincolarsi da modelli di scrittura più rigidi.
NOTA
Una delle grosse evoluzioni da questo punto di vista è stato il processo di fotocomposizione che, lavorando attraverso l'impressione di una pellicola, ha permesso di svincolare il testo dalla rigida sequenzialità legata alla fisicità dei caratteri tipografici di piombo. Nel caso dei sistemi di video-scrittura del computer il processo è stato retrogrado: essi hanno riproposto il pregiudizio linearista, rendendo difficile la scrittura di testi non rigidamente sequenziali, l'integrazione di segni non previsti nel set di caratteri base e perdendo anche la possibilità di organizzare il testo nello spazio attraverso la giustificazione interna verticale, permessa invece dalla monospaziatura della macchina per scrivere.
Conoscenza
L'organizzazione sinsemica permette di visualizzare correlazioni tra gli elementi che costituiscono un testo e in particolare di mostrare rapporti complessi che in forma lineare sarebbe molto difficile rendere. In altri termini consente la lettura sinottica di un problema. La disposizione spaziale ha un valore non solo illustrativo ma anche euristico, cioè permette di fare scoperte, e addirittura consente di sviluppare dimostrazioni, e quindi di giocare un ruolo in processi di tipo deduttivo. Questo specifico valore conoscitivo della scrittura emerge quando ci si concentra sul problema della comprensione (non affrontiamo, in questo caso, i problemi della rapidità, della lettura immersiva e del riconoscimento delle parole).
Prospettive
Quando una nuova tecnologia viene introdotta, si aprono potenzialità di sviluppo e fruizione spesso non visibili a primo acchito. Pensiamo all'iPad o a device simili, che permettono un'organizzazione spaziale della scrittura e una fruizione che consente di cogliere il testo nel suo insieme e muoversi agilmente dal dettaglio alla visione generale. In queste pagine proponiamo una rassegna di artefatti che mostrano l'efficacia di un'articolazione non lineare del testo. Per il momento ci fermiamo ad artefatti che arrivano fino al periodo di «As we may think» (1945), volume in cui si inizia a parlare di tecnologie ipertestuali elettromeccaniche come estensione della mente. Da quel punto le cose si complicano e non riusciamo ad avere un sufficiente distacco critico. Questa prima ricerca ci serve per rileggere la nostra contemporaneità da un punto di vista lontano e volutamente inattuale.
NOTA
Per la trasversalità dei temi che trattiamo e per il taglio giornalistico di questo testo, molti temi sono stati semplicemente accennati o scritti in modo provocatorio. Le immagini sono solo commentate e ci proponiamo, in altre sedi, di proporre analisi più formalizzate. Si tratta di un lavoro esplorativo che sottoponiamo agli esperti di ogni singolo dominio di conoscenza che tocchiamo. Le nostre riflessioni nascono dalla pratica progettuale e dalla constatazione della proficuità in termini teorici e progettuali di non considerare separatamente testo e immagine.
Infatti elenchi telefonici, indici, tabelle non sarebbero comprensibili se il testo non fosse disposto accortamente nello spazio. Non si tratta semplicemente di "impaginazione", ma si tratta di comunicare attraverso la disposizione spaziale informazioni che non sono presenti nelle parole. Questi elementi non sono un "in più", perché se tolti il testo perderebbe senso, ma sono rilevanti tanto quanto le parole.
Per dare conto di questa visione spaziale della scrittura non esistevano termini idonei, dunque alcuni studiosi hanno pensato di coniare il termine sinsemìa.
Sinsemìa
Per sinsemìa si intende la disposizione deliberata e consapevole di elementi di scrittura nello spazio con lo scopo di comunicare, attraverso l'articolazione spaziale, in modo ragionevolmente univoco e secondo regolarità. Queste regolarità possono essere valide soltanto per quel testo – ma coerenti, rigorose e interpretabili senza bisogno dell'aiuto dell'autore – oppure definite da precisi schemi e abitudini di fruizione consolidate.
NOTA
Il termine sinsemìa è composto dal prefisso sin di sintassi, dal greco syn («con», «insieme», usato con il significato di «unione», «contemporaneità»), e da semía che deriva da sema, «segno». Sinsemìa starebbe a indicare il modo in cui i segni stanno assieme (nello spazio).
Il termine è stato coniato nel 2007 da Giovanni Lussu e Antonio Perri e rientra in un approccio di ricerca che si contrappone a una visione lineare e alfabetocentrica della scrittura.
Storia della scrittura
La storia della scrittura è ricca di esempi di testi con un'alta componente sinsemica. L'avvento della stampa, a causa dei suoi limiti tecnici, ha contribuito però a rafforzare l'idea che la distinzione tra testo e immagine, tra lettere e organizzazione dello spazio siano fatti naturali e imprescindibili. Questo ha ridotto ulteriormente le possibilità di interazione verbo-visiva e ha rafforzato l'idea che uno dei due elementi fosse necessariamente subordinato e contrapposto all'altro.
NOTA
Il pregiudizio era ben più vecchio e l'attività del copista e del miniatore erano già distinte, ma in un manoscritto il passaggio e la distinzione tra scrittura e immagine è molto più fluida. Allo stesso modo la scrittura a mano e le forme non lineari del testo non sono mai scomparse, ed è esistita un'interazione difficile tra testi autografi e stampa. Prendiamo come esempio due testi di Galileo (si vedano le immagini qui sotto). Il primo è una lettera autografa, in cui si vede che Galileo tratta le parole, il disegno di Giove e delle lune e le frecce che indicano i movimenti come un tutt'uno, senza soluzione di continuità. Nel testo a stampa, al contrario, da una parte stampare un'immagine separatamente non rappresenta un problema (si vedano le nebulose), dall'altra stampare le immagini insieme alle parole per illustrare le osservazioni su Giove e i suoi satelliti è complesso. Lo stampatore (che ottiene un risultato comunque efficace) è costretto a usare caratteri su una sola riga di testo e a non inserire ausili grafici come le frecce. In questo caso è curioso notare come il tipografo usi dei caratteri (asterischi e "o" rovesciate) per comporre le illustrazioni. Quando parliamo di limiti tecnici per la stampa intendiamo la difficoltà a procedere in modo non lineare e la distinzione tra i materiali di stampa, metallo per le lettere (il «testo scritto») e legno, ovvero xilografia, per l'«immagine», con tutte le conseguenze sul processo di produzione. Questo non impediva già nel '400 la produzione di sofisticate xilografie (e subito dopo calcografie) in cui glifi e immagini formavano un unico insieme, ma questa era un'eccezione rispetto alla normale composizione dei testi.
Evoluzione inavvertita
La tecnologia legata alla produzione di testi scritti ha eliminato progressivamente gli ostacoli tecnici per una scrittura di tipo sinsemico. La non linearità viene sempre più accettata dai lettori, grazie anche alla diffusione di ogni tipo di mappa e all'inserimento di tabelle e grafici nei testi di comune accesso e al web con i suoi ipertesti. Di conseguenza si ripresenta l'opportunità per i produttori di testi di svincolarsi da modelli di scrittura più rigidi.
NOTA
Una delle grosse evoluzioni da questo punto di vista è stato il processo di fotocomposizione che, lavorando attraverso l'impressione di una pellicola, ha permesso di svincolare il testo dalla rigida sequenzialità legata alla fisicità dei caratteri tipografici di piombo. Nel caso dei sistemi di video-scrittura del computer il processo è stato retrogrado: essi hanno riproposto il pregiudizio linearista, rendendo difficile la scrittura di testi non rigidamente sequenziali, l'integrazione di segni non previsti nel set di caratteri base e perdendo anche la possibilità di organizzare il testo nello spazio attraverso la giustificazione interna verticale, permessa invece dalla monospaziatura della macchina per scrivere.
Conoscenza
L'organizzazione sinsemica permette di visualizzare correlazioni tra gli elementi che costituiscono un testo e in particolare di mostrare rapporti complessi che in forma lineare sarebbe molto difficile rendere. In altri termini consente la lettura sinottica di un problema. La disposizione spaziale ha un valore non solo illustrativo ma anche euristico, cioè permette di fare scoperte, e addirittura consente di sviluppare dimostrazioni, e quindi di giocare un ruolo in processi di tipo deduttivo. Questo specifico valore conoscitivo della scrittura emerge quando ci si concentra sul problema della comprensione (non affrontiamo, in questo caso, i problemi della rapidità, della lettura immersiva e del riconoscimento delle parole).
Prospettive
Quando una nuova tecnologia viene introdotta, si aprono potenzialità di sviluppo e fruizione spesso non visibili a primo acchito. Pensiamo all'iPad o a device simili, che permettono un'organizzazione spaziale della scrittura e una fruizione che consente di cogliere il testo nel suo insieme e muoversi agilmente dal dettaglio alla visione generale. In queste pagine proponiamo una rassegna di artefatti che mostrano l'efficacia di un'articolazione non lineare del testo. Per il momento ci fermiamo ad artefatti che arrivano fino al periodo di «As we may think» (1945), volume in cui si inizia a parlare di tecnologie ipertestuali elettromeccaniche come estensione della mente. Da quel punto le cose si complicano e non riusciamo ad avere un sufficiente distacco critico. Questa prima ricerca ci serve per rileggere la nostra contemporaneità da un punto di vista lontano e volutamente inattuale.
NOTA
Per la trasversalità dei temi che trattiamo e per il taglio giornalistico di questo testo, molti temi sono stati semplicemente accennati o scritti in modo provocatorio. Le immagini sono solo commentate e ci proponiamo, in altre sedi, di proporre analisi più formalizzate. Si tratta di un lavoro esplorativo che sottoponiamo agli esperti di ogni singolo dominio di conoscenza che tocchiamo. Le nostre riflessioni nascono dalla pratica progettuale e dalla constatazione della proficuità in termini teorici e progettuali di non considerare separatamente testo e immagine.
«Il sole 24 Ore» del 28 ottobre 2010
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