Crescita del livello di preparazione, migliore disciplina, soddisfazione dei genitori: il modello adottato della città colpita dal disastro ora è un esempio per tutta l’America. Si possono scegliere direttamente i professori e lo stile severo e manageriale ha ridotto l’evasione. Ma si fa notare che la base di partenza era molto bassa e non manca qualche accusa di «autoritarismo»
di Elena Molinari
Sotto i colpi di Katrina, la scuola elementare Fischer, nel quartiere di Algiers, a New Orleans, se l’è cavata con qualche vetro rotto e ha dovuto chiudere solo per un paio di mesi. Ma in sessanta giorni l’agenzia per la ricostruzione dello Stato della Louisiana l’ha smantellata, permettendole di rinascere come una semi-indipendente 'charter school'. «La differenza rispetto a una scuola pubblica è che posso scegliere personalmente gli insegnanti – dice ad Avvenire cinque anni dopo il preside, Dahme Bolden –. Di conseguenza, vedo maggiore iniziativa da parte dei professori: si insegna e si impara di più». Anche alle medie della S. J. Green School di New Orleans le cose sono cambiate parecchio all’indomani dell’uragano, a partire dall’obiettivo del nuovo direttore amministrativo, Anthony Racasner: «Tutti i nomi sul registro di classe devono comparire su un diploma di terza media», dice Racasner, che ha assorbito la S. J. Green all’interno della rete di scuole charter che ha fondato insieme ad alcuni gruppi di genitori. Il direttore non è il solo, a New Orleans, a considerare gli istituti charter un’occasione unica di recuperare i ragazzi che il precedente sistema scolastico aveva perso per strada. Al liceo New Orleans College Prep, una 'charter' school, il preside Ben Kleban si aspetta dagli studenti una disciplina che prima nessuno aveva preteso. I suoi ragazzi provengono da alcune delle famiglie più povere della città, ma dall’inizio dell’anno non hanno perso neanche un giorno di scuola. «Sanno che rischiano l’espulsione – spiega Kleban – la regola è: migliorare, altrimenti, fuori».
Presidi come Kleban e Bolden hanno quasi carta bianca nel gestire i loro istituti. Qualcuno li giudica troppo autoritari o manageriali. Ma la maggior parte dei sovrintendenti scolastici americani li considera un’avanguardia da tenere d’occhio. In cinque anni, approfittando della devastazione di Katrina, hanno trasformato uno dei sistemi scolastici più fallimentari degli Usa in un distretto dove il livello degli studenti è quasi in linea con quello del resto del Paese. Katrina, paradossalmente, ha dato agli amministratori scolastici di New Orleans l’opportunità di ripartire da zero e di sperimentare con soluzioni al confine fra pubblico e privato come non sarebbe stato possibile durante la gestione ordinaria pre-emergenza.
Alla base dell’esperimento c’è un forte uso del metodo 'charter', che prevede scuole finanziate da denaro pubblico ma gestite da associazioni o cooperative private. Oggi a New Orleans le scuole 'charter' sono oltre la metà: la percentuale più alta di ogni sistema scolastico dei singoli Stati americani. Lo Stato, la regione o il comune mantengono la responsabilità della supervisione e possono imporre la chiusura di un istituto dopo cinque anni se i risultati stentano ad arrivare. Ma tutte le scuole 'charter' al quinto anniversario hanno mostrato progressi. In parte è perché il livello da cui partivano era molto basso. Prima dell’uragano del 2005 le scuole di New Orleans erano piagate da povertà, crimine, un altissimo tasso di abbandono scolastico e un mare di insufficienze ai test di fine anno. Ora «abbiamo avviato una trasformazione culturale», dice Scott Cowen, che in qualità di presidente dell’università di Tulane guida il movimento di riorganizzazione delle scuole di New Orleans.
Stando a un rapporto dell’istituto Scott S. Cowen, gruppo non profit per le iniziative nell’istruzione pubblica, i risultati dei test scolastici sono migliorati del 25 per cento rispetto al 2005 (ma restano al di sotto della media nazionale) e si è diffusa una forte «cultura dell’apprendimento». L’82 per cento dei genitori con figli in una 'charter' dà alla scuola un voto cha va dal 9 al 10. Fra i paladini del cambiamento c’è il sovrintendente all’istruzione della città, Paul Vallas, reclutato all’indomani dell’uragano grazie alla fama di riformatore che si era fatto a Chicago e a Philadelphia. Vallas è alla testa del 'Recovery school district', un’entita statale creata dopo Katrina per assumere il controllo di maggior parte delle scuole comunali. Quando è arrivato a New Orleans, ha dato a tutti gli istituti tutte la possibilità di rinascere come 'charter', ad alcune condizioni: che usassero un programma standardizzato, che allungassero le lezioni di due ore al giorno, che attrezzassero le aule con computer e che riducessero il numero degli studenti per classe. Tutto perché «non abbiamo tempo da perdere – spiega – alcuni di questi ragazzi sono indietro di due, persino tre anni».
Una delle controindicazioni del nuovo sistema è che ha creato un mosaico di responsabilità difficile da decifrare, fra scuole pubbliche gestite direttamente dallo Stato, quelle comunali, quelle del Recovery School District e quelle charter, che dipendono da una delle tre istituzioni pubbliche. Nonostante queste difficoltà, il governatore della Louisiana Bobby Jindal è convinto che la chiave della rinascita delle scuole dello Stato stia proprio nella maggiore indipendenza degli istituti. Jindal infatti ha proposto una legge che permetterebbe alle scuole di richiedere una sospensione di quattro anni delle regole statali che fissano lo stipendio degli insegnanti e determinano i programmi scolastici e la durata delle giornate di lezione.
I presidi delle scuole 'charter' lo vedono come un buon segno e sperano che altri seguano il loro esempio, ma invitano alla cautela: non basta definirsi 'charter' per trasformarsi in un istituto di successo. Occorre prima accertarsi di avere l’appoggio dei genitori e finanziatori in grado di fornire materiali, strumenti didattici o le risorse necessarie ad attrarre gli insegnanti migliori.
Molta strada resta ancora da fare a New Orleans per dare a tutti gli studenti l’opportunità di ricevere un’istruzione di qualità. Il vero test si avrà fra altri cinque anni, quando le scuole 'charter' dovranno dimostrare di aver fatto progressi rispetto al livello attuale e non a quello pre-Katrina. Ma il resto della nazione ha già preso nota. A Houston, città orgogliosa delle sue scuole pubbliche, il sovrintendente Terry Grier ha chiesto al Comune di adottare alcune norme del sistema scolastico di New Orleans. L’obiettivo: dare maggiore libertà ai singoli istituti.
Presidi come Kleban e Bolden hanno quasi carta bianca nel gestire i loro istituti. Qualcuno li giudica troppo autoritari o manageriali. Ma la maggior parte dei sovrintendenti scolastici americani li considera un’avanguardia da tenere d’occhio. In cinque anni, approfittando della devastazione di Katrina, hanno trasformato uno dei sistemi scolastici più fallimentari degli Usa in un distretto dove il livello degli studenti è quasi in linea con quello del resto del Paese. Katrina, paradossalmente, ha dato agli amministratori scolastici di New Orleans l’opportunità di ripartire da zero e di sperimentare con soluzioni al confine fra pubblico e privato come non sarebbe stato possibile durante la gestione ordinaria pre-emergenza.
Alla base dell’esperimento c’è un forte uso del metodo 'charter', che prevede scuole finanziate da denaro pubblico ma gestite da associazioni o cooperative private. Oggi a New Orleans le scuole 'charter' sono oltre la metà: la percentuale più alta di ogni sistema scolastico dei singoli Stati americani. Lo Stato, la regione o il comune mantengono la responsabilità della supervisione e possono imporre la chiusura di un istituto dopo cinque anni se i risultati stentano ad arrivare. Ma tutte le scuole 'charter' al quinto anniversario hanno mostrato progressi. In parte è perché il livello da cui partivano era molto basso. Prima dell’uragano del 2005 le scuole di New Orleans erano piagate da povertà, crimine, un altissimo tasso di abbandono scolastico e un mare di insufficienze ai test di fine anno. Ora «abbiamo avviato una trasformazione culturale», dice Scott Cowen, che in qualità di presidente dell’università di Tulane guida il movimento di riorganizzazione delle scuole di New Orleans.
Stando a un rapporto dell’istituto Scott S. Cowen, gruppo non profit per le iniziative nell’istruzione pubblica, i risultati dei test scolastici sono migliorati del 25 per cento rispetto al 2005 (ma restano al di sotto della media nazionale) e si è diffusa una forte «cultura dell’apprendimento». L’82 per cento dei genitori con figli in una 'charter' dà alla scuola un voto cha va dal 9 al 10. Fra i paladini del cambiamento c’è il sovrintendente all’istruzione della città, Paul Vallas, reclutato all’indomani dell’uragano grazie alla fama di riformatore che si era fatto a Chicago e a Philadelphia. Vallas è alla testa del 'Recovery school district', un’entita statale creata dopo Katrina per assumere il controllo di maggior parte delle scuole comunali. Quando è arrivato a New Orleans, ha dato a tutti gli istituti tutte la possibilità di rinascere come 'charter', ad alcune condizioni: che usassero un programma standardizzato, che allungassero le lezioni di due ore al giorno, che attrezzassero le aule con computer e che riducessero il numero degli studenti per classe. Tutto perché «non abbiamo tempo da perdere – spiega – alcuni di questi ragazzi sono indietro di due, persino tre anni».
Una delle controindicazioni del nuovo sistema è che ha creato un mosaico di responsabilità difficile da decifrare, fra scuole pubbliche gestite direttamente dallo Stato, quelle comunali, quelle del Recovery School District e quelle charter, che dipendono da una delle tre istituzioni pubbliche. Nonostante queste difficoltà, il governatore della Louisiana Bobby Jindal è convinto che la chiave della rinascita delle scuole dello Stato stia proprio nella maggiore indipendenza degli istituti. Jindal infatti ha proposto una legge che permetterebbe alle scuole di richiedere una sospensione di quattro anni delle regole statali che fissano lo stipendio degli insegnanti e determinano i programmi scolastici e la durata delle giornate di lezione.
I presidi delle scuole 'charter' lo vedono come un buon segno e sperano che altri seguano il loro esempio, ma invitano alla cautela: non basta definirsi 'charter' per trasformarsi in un istituto di successo. Occorre prima accertarsi di avere l’appoggio dei genitori e finanziatori in grado di fornire materiali, strumenti didattici o le risorse necessarie ad attrarre gli insegnanti migliori.
Molta strada resta ancora da fare a New Orleans per dare a tutti gli studenti l’opportunità di ricevere un’istruzione di qualità. Il vero test si avrà fra altri cinque anni, quando le scuole 'charter' dovranno dimostrare di aver fatto progressi rispetto al livello attuale e non a quello pre-Katrina. Ma il resto della nazione ha già preso nota. A Houston, città orgogliosa delle sue scuole pubbliche, il sovrintendente Terry Grier ha chiesto al Comune di adottare alcune norme del sistema scolastico di New Orleans. L’obiettivo: dare maggiore libertà ai singoli istituti.
Dopo l’uragano Katrina, il sistema di istruzione è stato rifondato dando in gestione gli istituti, finanziati dallo Stato, a cooperative o associazioni private. I risultati, cinque anni dopo, sono ottimi
«Avvenire» del 15 giugno 2010
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