Un esperto ci spiega che in Italia il 96 per cento dei casi registrati ogni anno è falso
di Francesco Agnoli
All’incirca un anno fa, nel maggio 2009, prima che la questione pedofilia nella chiesa fosse su tutti i giornali, Marco Casonato, docente di Psicologia dinamica all’Università di Milano Bicocca, autore di lavori scientifici sull’argomento, partecipò a un convegno nell’ateneo milanese intitolato “Abusi, falsi abusi e scienze forensi”. Proprio in quei giorni era stato reso noto un dato molto interessante: il 96 per cento circa dei casi registrati ogni anno in Italia, relativi a denunce di minori che sostengono di aver subito una violenza sessuale, è falso. Il professore commentava il dato ironizzando: “Un tempo si diceva che l’Italia fosse un paese di santi, eroi e navigatori. Adesso sembra che tutti quanti abbiano lasciato il posto ai pedofili”. L’idea del professore è che di pedofilia “è molto facile essere accusati ingiustamente. Basti pensare che in diversi asili, piscine o teatri per bambini non è più possibile scattare una foto, pena l’essere guardati con sospetto. I genitori alle recite dei propri figli proibiscono ad altri genitori di riprendere lo spettacolo con le telecamere per paura che tra loro si nasconda un pedofilo che diffonderà le immagini. Si è scatenata una psicosi, insomma”. Aggiungeva: “Dal 1993-94 è stato un crescendo. In Italia si è ripetuto quanto era accaduto negli anni Ottanta in America. Vicende simili a quelle di Rignano Flaminio e Brescia sono già successe negli Usa. Si può dire che il fenomeno ha investito un po’ tutti i paesi occidentali, chi prima e chi dopo”. Leggendo queste dichiarazioni, in perfetta sintonia con quelle di molti altri esperti, mi è sembrato opportuno sentire il professor Casonato riguardo ai fatti attuali. Anche perché ha recentemente curato per Franco Angeli il volume scientifico “Pedoparafilie: prospettive psicologiche, forensi, psichiatriche”. La questione pedofilia, mi ha spiegato, è “una maionese impazzita incominciata a fine anni Settanta; in tanti ci hanno zuppato dentro, a proprio vantaggio. Se vuole un altro paragone, ora è come uno sciame di vespe che non si sa dove vadano; oppure un’arma di distrazione di massa. In verità, però, la pedofilia ha una incidenza modesta, ben diversamente da quanto i media ogni tanto cercano di affermare, contribuendo a enfatizzare e a creare psicosi, a generare nuove denunce che poi si riveleranno inconsistenti”. Riguardo alla chiesa, mi spiega il professore, che confessa di non conoscerla dal di dentro, “mi sembra che si possa dire che i preti non rappresentano una categoria particolarmente a rischio”. E’ la chiesa come istituzione che è un po’ ricattata, in questo caso: “C’è molta politica dietro”. La pedofilia oggi è spesso “una clava usata a danno di qualcuno”. Certamente “gli attacchi alla chiesa sono attacchi veri e propri, oltre che, talora, regolamenti di conti interni; non sono neppure da trascurare vecchie ruggini con protestanti, anglicani ecc., riemerse magari in occasione del rientro di alcuni gruppi anglicani nella chiesa di Roma. Ci sono anche i vecchi pregiudizi a tornare a galla: da sempre alcuni protestanti fondamentalisti accusano i cattolici, soprattutto nel mondo anglosassone, di ogni ignominia”. Questo chiaramente perché l’accusa in questione si presta meglio di altre: è la più diffamante, la più sensazionale, la più difficile da scrollarsi di dosso, ed è nello stesso tempo, tra le tante possibili, una delle più ardue da smentire. A ciò si aggiunga che per un certo mondo protestante, il Papa è ancora oggi l’“anticristo”, chiunque egli sia, come 500 anni fa. Commenta Casonato: “Queste inimicizie si conoscono, sono storiche, però si tratta anche di un boomerang cattolico visto che parte di coloro che hanno contribuito a fare crescere il business della caccia al pedofilo e a crearne i presupposti vengono dalle università cattoliche. Quanto agli Stati Uniti molte accuse sono state transate extragiudizialmente, ma vengono considerate come condanne. Spesso erano ricatti ben congegnati, cui – stante la situazione sociale – era difficile opporsi in giudizio (giurie popolari etc). Ne deriva una vera caccia alle streghe che – salvo la pena di morte – ha probabilmente fatto più vittime di quella del ’600 (che non fu supportata dalla chiesa, ma dai politici)”. Ricordo al professor Casonato gli innumerevoli casi di religiosi accusati di pedofilia, magari condannati in primo grado e poi assolti; da don Govoni, alle suore della Val Seriana, ai tre sacerdoti dell’asilo Sorelli di Brescia; dal cardinal Bernardin, in America, a padre Kinsella e a suor Nora Wall – accusata di stupro, condannata all’ergastolo e poi riconosciuta innocente dopo essere diventata per tutti, giornali e tv, il “diavolo Wall” – in Irlanda. “E’ accaduto e accade anche a tanti laici, coinvolti in liti, ricatti, paure collettive: se si è colpevoli, ben venga la giustizia, ma se si è innocenti, si rischia di stare ugualmente anni sui giornali e in carcere”. Chiedo al professore cosa ne pensa del Papa e lui ricorda di aver curato il suo libro già citato insieme con uno psichiatra tedesco, Friedemann Pfäfflin, che fu protagonista di un convegno in Vaticano voluto proprio da Ratzinger alcuni anni orsono, per affrontare l’argomento pedofilia: “Dell’attuale Papa si può dire che è uno di quelli che si è occupato del problema, ben più di altri che lo hanno preceduto”.
«Il Foglio» del 22 aprile 2010
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