di Tommaso Gomez
I rischi vanno evitati. Chi è previdente evita i rischi. «Esiste il rischio che il feto sopravviva», sono le parole cariche di rammarico del professor Carlo Flamigni (Fatto Quotidiano, 29 aprile), che così commenta la vicenda del feto di 22 settimane che si è preso la libertà di non morire subito: «È stato commesso un errore, non si pratica un’interruzione di gravidanza alle ventiduesima settimana». Altrimenti si corre «il rischio che il feto sopravviva». Il rischio, non la possibilità. Ma poi, di chi veramente è la colpa di tutto ciò? Chi sono gli irresponsabili? Flamigni ignora i dettagli ma non ha dubbi: «Non conosco lo specifico caso della donna di Rossano Calabro – dichiara a Silvia D’Onghia – ma in Italia sempre più spesso le donne sono costrette a 'combattere' con i ginecologi obiettori, la cui percentuale è aumentata a dismisura. È sempre più difficile riuscire ad interrompere una gravidanza, tanto che molte donne vanno all’estero. Se questo è accaduto anche a Rossano, tutti quei medici devono sentirsi responsabili». Colpa dei cattolici, come poteva essere diversamente? Eccole, le magnifiche ossessioni di Flamigni: «L’invadenza del Vaticano (…). L’impressione che da un momento all’altro si voglia mettere in discussione seriamente la 194». Obiettori brutti sporchi e cattivi. Poco responsabili… E pensare che loro obiettano proprio per un senso di responsabilità nei confronti della propria coscienza…
La Stampa e Il Manifesto (30 aprile) parlano del disegno di legge presentato in Senato da Ada Spadoni Urbani: «L’obiezione entra in farmacia. I farmacisti potranno rifiutarsi di vendere la pillola del giorno dopo» (La Stampa); «Pillola del giorno dopo. Obiezione di coscienza anche per i farmacisti» (Manifesto). La Stampa pubblica due pareri, uno pro, l’altro contro. Il Manifesto preferisce paventare disastri, per colpa dei soliti obiettori non di coscienza, ma dalla coscienza sporca: «È sotto gli occhi di tutti – scrive Eleonora Martini – l’impossibilità ormai di trovare negli ospedali pubblici di molte regioni d’Italia, soprattutto al sud, medici che non si dichiarino antiabortisti, la maggior parte delle volte solo per esigenza di carriera». Poi se la prendono con l’Inquisizione, che non c’è più. Ma il vizio di leggere nelle coscienze ed emettere verdetti è tutto loro: i medici obiettori, «la maggior parte delle volte», pensano soltanto alla loro carriera.
Intanto l’altra pillola, quella anticoncezionale, compie mezzo secolo e La Repubblica la celebra, opportunamente, nel suo inserto Affari&finanza di lunedì 3 maggio. È o non è un colossale business, peraltro con amplissimi margini di miglioramento, se usano la pillola 'appena' il 18 per cento delle americane, il 20 delle italiane, e una sola donna su cento in Cina? Il Riformista, con Lucetta Scaraffia, si pone invece la domanda cruciale: «Sono più felici le donne che usano la pillola? (…) Questa è felicità? Rimandare il desiderio di un figlio per anni, poi impazzire per averlo»… La pillola, ricorda Scaraffia, fu sperimentata sulla pelle di donne portoricane.
Che nessuno celebra ma tutti, volentieri, dimenticano.
La Stampa e Il Manifesto (30 aprile) parlano del disegno di legge presentato in Senato da Ada Spadoni Urbani: «L’obiezione entra in farmacia. I farmacisti potranno rifiutarsi di vendere la pillola del giorno dopo» (La Stampa); «Pillola del giorno dopo. Obiezione di coscienza anche per i farmacisti» (Manifesto). La Stampa pubblica due pareri, uno pro, l’altro contro. Il Manifesto preferisce paventare disastri, per colpa dei soliti obiettori non di coscienza, ma dalla coscienza sporca: «È sotto gli occhi di tutti – scrive Eleonora Martini – l’impossibilità ormai di trovare negli ospedali pubblici di molte regioni d’Italia, soprattutto al sud, medici che non si dichiarino antiabortisti, la maggior parte delle volte solo per esigenza di carriera». Poi se la prendono con l’Inquisizione, che non c’è più. Ma il vizio di leggere nelle coscienze ed emettere verdetti è tutto loro: i medici obiettori, «la maggior parte delle volte», pensano soltanto alla loro carriera.
Intanto l’altra pillola, quella anticoncezionale, compie mezzo secolo e La Repubblica la celebra, opportunamente, nel suo inserto Affari&finanza di lunedì 3 maggio. È o non è un colossale business, peraltro con amplissimi margini di miglioramento, se usano la pillola 'appena' il 18 per cento delle americane, il 20 delle italiane, e una sola donna su cento in Cina? Il Riformista, con Lucetta Scaraffia, si pone invece la domanda cruciale: «Sono più felici le donne che usano la pillola? (…) Questa è felicità? Rimandare il desiderio di un figlio per anni, poi impazzire per averlo»… La pillola, ricorda Scaraffia, fu sperimentata sulla pelle di donne portoricane.
Che nessuno celebra ma tutti, volentieri, dimenticano.
«Avvenire» del 6 maggio 2010
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