Messi alle strette, i corrispondenti esteri ammettono: da noi è diverso
di Nicoletta Tiliacos
In quale altro paese può succedere che un grande quotidiano pubblichi paginate di intercettazioni telefoniche relative a indagini in corso, senza risparmiare particolari privatissimi sulla vita degli intercettati veri e propri e degli intercettati per caso? Il Foglio lo ha chiesto ad alcuni corrispondenti della stampa estera in Italia. Jörg Bremer, della Frankfurter Allgemeine Zeitung, risponde con molta decisione che “in Germania niente del genere sarebbe possibile. E’ vietato e non è mai successo. Per quanto riguarda la Faz, il mio giornale, non ha mai pubblicato il testo di un’intercettazione prima di un processo. Cosa che invece, una volta cominciato, può succedere”. Il corrispondente di Libération, Eric Joseph, dice che a sua conoscenza “mai in Francia, né sul mio giornale né su altri, sono state pubblicate intercettazioni con particolari privati che non abbiano un interesse pubblico. Solo il Nouvel Observateur ha pubblicato un presunto sms di Sarkozy alla ex moglie Cécilia, ed è finita con le scuse del giornale. In Francia c’è più autoregolamentazione, mentre in Italia ci sono stati certamente eccessi di violazione della privacy. Noi giornalisti stranieri spesso ci stupiamo di fronte a quello che leggiamo sui giornali italiani. Ma gli eccessi, che vanno regolati, non giustificano questa legge, del tutto sproporzionata rispetto ai fatti da regolamentare”.
La reazione alla domanda del Foglio – se sarebbe possibile leggere paginate di intercettazioni relative a procedimenti in fase di indagini preliminari, senza risparmiare dettagli privati di chiunque ci incappi – non è molto diversa per quanto riguarda Peter Popham, corrispondente del quotidiano britannico The Independent: “In Inghilterra non è mai successo ed è impensabile. Ma è anche impensabile che un procedimento giudiziario duri dieci anni. E’ molto difficile paragonare i due paesi su questi temi, perché il problema più grande dell’Italia, secondo me, è che non funziona la giustizia, mentre in Inghilterra sì. Non è per caso, perché questo stato di cose fa comodo alla casta che dirige il vostro paese. Ci vorrebbe una riforma strutturale della giustizia, a vantaggio non dei politici ma della gente normale. Per quanto riguarda la violazione della privacy da parte dei giornali, in Italia ci sono certamente abusi. Che però ritengo molto meno gravi e preoccupanti della limitazione della libertà di stampa”.
Patricia Mayorga, cilena da molti anni in Italia per il grande quotidiano El Mercurio, dice al Foglio che “non è mai successo che il mio giornale abbia pubblicato intercettazioni del genere di quelle che escono in Italia. Direi di più: in Cile le intercettazioni non si usano tanto, se non altro per il ricordo di quello che è stato il regime di Pinochet. Ma la mia sensazione è che in Italia stiamo assistendo a cose inqualificabili, come il fatto che un ministro dica che non sapeva che la sua casa fosse stata pagata da un altro”.
Miguel Mora, del quotidiano spagnolo El País, dice al Foglio che “non è mai successo che venissero pubblicate intercettazioni come accade sui giornali italiani, anche perché noi abbiamo una norma deontologica che lo evita. Evita, cioè, che persone che non hanno a che fare con una certa indagine compaiano con nome e cognome sui giornali. Il contrario sarebbe strano. Ma se ci sono abusi, e in Italia ce ne sono, c’è il modo di risolverli senza ricorrere alla legge di cui ora si sta discutendo. Ben vengano le sanzioni per impedire gli abusi, ma non vanno colpite le inchieste. Tra il diritto all’informazione e quello alla privacy va trovato un equilibrio che la nuova legge non garantisce affatto. Gli americani quel dilemma lo hanno risolto benissimo”.
A proposito di America, Rachel Donadio, corrispondente del New York Times, dice che non sono mai state pubblicate pagine di intercettazioni sul NYT o altrove, “se non quelle rese pubbliche durante i processi, come quello agli accusati di aver bombardato le ambasciate americane nello Yemen e in Tanzania, nel 1998. In Italia c’è una cultura molto diversa, ed è diverso il sistema giudiziario. Ed è diversa anche la sinistra, che in Italia vuole più intercettazioni, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti”.
La reazione alla domanda del Foglio – se sarebbe possibile leggere paginate di intercettazioni relative a procedimenti in fase di indagini preliminari, senza risparmiare dettagli privati di chiunque ci incappi – non è molto diversa per quanto riguarda Peter Popham, corrispondente del quotidiano britannico The Independent: “In Inghilterra non è mai successo ed è impensabile. Ma è anche impensabile che un procedimento giudiziario duri dieci anni. E’ molto difficile paragonare i due paesi su questi temi, perché il problema più grande dell’Italia, secondo me, è che non funziona la giustizia, mentre in Inghilterra sì. Non è per caso, perché questo stato di cose fa comodo alla casta che dirige il vostro paese. Ci vorrebbe una riforma strutturale della giustizia, a vantaggio non dei politici ma della gente normale. Per quanto riguarda la violazione della privacy da parte dei giornali, in Italia ci sono certamente abusi. Che però ritengo molto meno gravi e preoccupanti della limitazione della libertà di stampa”.
Patricia Mayorga, cilena da molti anni in Italia per il grande quotidiano El Mercurio, dice al Foglio che “non è mai successo che il mio giornale abbia pubblicato intercettazioni del genere di quelle che escono in Italia. Direi di più: in Cile le intercettazioni non si usano tanto, se non altro per il ricordo di quello che è stato il regime di Pinochet. Ma la mia sensazione è che in Italia stiamo assistendo a cose inqualificabili, come il fatto che un ministro dica che non sapeva che la sua casa fosse stata pagata da un altro”.
Miguel Mora, del quotidiano spagnolo El País, dice al Foglio che “non è mai successo che venissero pubblicate intercettazioni come accade sui giornali italiani, anche perché noi abbiamo una norma deontologica che lo evita. Evita, cioè, che persone che non hanno a che fare con una certa indagine compaiano con nome e cognome sui giornali. Il contrario sarebbe strano. Ma se ci sono abusi, e in Italia ce ne sono, c’è il modo di risolverli senza ricorrere alla legge di cui ora si sta discutendo. Ben vengano le sanzioni per impedire gli abusi, ma non vanno colpite le inchieste. Tra il diritto all’informazione e quello alla privacy va trovato un equilibrio che la nuova legge non garantisce affatto. Gli americani quel dilemma lo hanno risolto benissimo”.
A proposito di America, Rachel Donadio, corrispondente del New York Times, dice che non sono mai state pubblicate pagine di intercettazioni sul NYT o altrove, “se non quelle rese pubbliche durante i processi, come quello agli accusati di aver bombardato le ambasciate americane nello Yemen e in Tanzania, nel 1998. In Italia c’è una cultura molto diversa, ed è diverso il sistema giudiziario. Ed è diversa anche la sinistra, che in Italia vuole più intercettazioni, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti”.
«Il Foglio» del 13 giugno 2010
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