di Franco Cardini
Sono tornate di gran moda le discussioni circa il ruolo della donna nel cristianesimo: ma va notato, con sorpresa e imbarazzo, che esse sembrano esser rimaste inchiodate a cinquanta o a cento anni fa.
Come se non si fosse mai discusso dei diritti della donna, del femminismo e così via, i termini della discussione sembrano sempre ancorati ai vecchi e frusti temi della parità, della violenza-repressione e via dicendo: e soprattutto dell’opposizione della Chiesa cattolica all’accesso delle donne all’ordine presbiterale e alla considerazione positiva della verginità. E si continua a discutere se il cristianesimo ha segnato dei passi 'avanti' o 'indietro' nella condizione femminile. È chiaro che, su questa strada, non si arriva a nulla. Il punto è un altro: bisogna partire dall’autentica e imparagonabile elezione della donna quale obiettivamente si presenta nel cristianesimo. Se esso ha ereditato dall’ebraismo l’idea della progenitrice come causa immediata del Peccato Originale e dal diritto romano il ruolo di obiettiva inferiorità giuridica della donna, è suo e solo suo il Privilegium maternitatis: Gesù, generato dal Padre, è nato da una donna che ha mantenuto la verginità prima, durante e dopo il parto; e che è Theotokos , «Madre di Dio». In Maria si incontrano e si uniscono, in modo umanamente parlando paradossale, la maternità e la verginità. Un’altra condizione eccezionale che il cristianesimo ha ereditato dall’Antico Testamento è quello del profetismo femminile, erede del ruolo d’eccellenza tenuto dalle eroine d’Israele come Esther e Giuditta. Quel modello influenzò senza dubbio sul nascere il monachesimo femminile, che ha i suoi grandi modelli anche in familiari dei Padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino o benedetto, la sorella del quale Scolastica - ammirata da san Gregorio Magno - fondò il monastero femminile di Piumarola. La tradizione feudale attribuiva molta importanza alle donne di alta prosapia, com’è dimostrato dalla testimonianza di principesse che furono grandi ed esperte politiche (Teodolinda, Angelberga, Matilde di Canossa, Matilde d’Inghilterra, Eleonora d’Aquitania, Melisenda di Gerusalemme) oppure fini intellettuali divenute poi a loro volta mistiche (Eloisa). In questo senso grande importanza ebbe il monastero femminile cistercense di Hefta, fondato nel 1129 presso Eisleben in Sassonia, che sotto la badessa Gertrude di Hackeborn e sua sorella Matilde divenne il centro della mistica femminile: lì Matilde di Hackeborn visse le esperienze poi narrate nel Liber specialis gratiae e Matilde di Magdeburgo redasse in volgare bassotedesco un trattato di mistica, La luce fluente della divinità, profondamente segnato dalla filosofia neoplatonica, ch’è uno dei capolavori della letteratura volgare del medioevo europeo. Oppure si pensi ancora alla mistica Hadewijch d’Anversa legata allo straordinario movimento delle beghine.
Tuttavia, la mistica in senso assoluto più originale, affascinante e sconvolgente del medioevo centrale europeo è Ildegarda di Bingen (1098-1179). Di famiglia principesca, entrata bambina nel monastero benedettino di Disinbodenberg e fondatrice quindi di quello di Rupertsberg, fu si può dire il protomodello di quelle 'sante vive' che avrebbero poi popolato il Rinascimento: in effetti, le sue qualità profetiche, emerse fin da quando era giovanissima attraverso mirabili e terribili visioni, furono riconosciute ufficialmente come 'dono profetico' nel 1147 da papa Eugenio III. Ildegarda non cadeva in estasi, non sognava: le sue erano 'visioni interiori' nel senso squisitamente agostiniano di questa espressione, secondo il quale la visio è strumento di conoscenza e di comunicazione. Nel suo testo sistematico Liber divinorum operum , tutta la creazione è inquadrata in un possente soffio mistico che collega il microcosmo umano al macrocosmo universale.
Anche in quest’àmbito, gli Ordini mendicanti segnarono un rinnovamento. Le francescane Chiara d’Assisi, Elisabetta d’Ungheria principessa di Turingia, Margherita da Cortona, Angela da Foligno, Chiara di Montefalco (agostiniana, ma devota di san Francesco), sono luminose tappe di un itinerario caratteristicamente femminile.
Questo è il background che consentì, in un periodo di crisi come la metà del Trecento, l’affermarsi di visionarie e 'profetesse' d’intensa forza quali Caterina da Siena e Brigida di Svezia, consigliere e perfino fustigatrici di papi, di re, di principi e di prelati. Una tradizione che sopravvisse alla Riforma e alla Controriforma, approdando con santa Teresa d’Avila a un vero miracolo di fede, d’ascesi e di poesia. Chi parla di 'antifemminismo' o anche solo di 'misoginia' nella cultura cattolica, dovrebbe considerare almeno qualcuna di queste figure.
Come se non si fosse mai discusso dei diritti della donna, del femminismo e così via, i termini della discussione sembrano sempre ancorati ai vecchi e frusti temi della parità, della violenza-repressione e via dicendo: e soprattutto dell’opposizione della Chiesa cattolica all’accesso delle donne all’ordine presbiterale e alla considerazione positiva della verginità. E si continua a discutere se il cristianesimo ha segnato dei passi 'avanti' o 'indietro' nella condizione femminile. È chiaro che, su questa strada, non si arriva a nulla. Il punto è un altro: bisogna partire dall’autentica e imparagonabile elezione della donna quale obiettivamente si presenta nel cristianesimo. Se esso ha ereditato dall’ebraismo l’idea della progenitrice come causa immediata del Peccato Originale e dal diritto romano il ruolo di obiettiva inferiorità giuridica della donna, è suo e solo suo il Privilegium maternitatis: Gesù, generato dal Padre, è nato da una donna che ha mantenuto la verginità prima, durante e dopo il parto; e che è Theotokos , «Madre di Dio». In Maria si incontrano e si uniscono, in modo umanamente parlando paradossale, la maternità e la verginità. Un’altra condizione eccezionale che il cristianesimo ha ereditato dall’Antico Testamento è quello del profetismo femminile, erede del ruolo d’eccellenza tenuto dalle eroine d’Israele come Esther e Giuditta. Quel modello influenzò senza dubbio sul nascere il monachesimo femminile, che ha i suoi grandi modelli anche in familiari dei Padri della Chiesa come Ambrogio, Agostino o benedetto, la sorella del quale Scolastica - ammirata da san Gregorio Magno - fondò il monastero femminile di Piumarola. La tradizione feudale attribuiva molta importanza alle donne di alta prosapia, com’è dimostrato dalla testimonianza di principesse che furono grandi ed esperte politiche (Teodolinda, Angelberga, Matilde di Canossa, Matilde d’Inghilterra, Eleonora d’Aquitania, Melisenda di Gerusalemme) oppure fini intellettuali divenute poi a loro volta mistiche (Eloisa). In questo senso grande importanza ebbe il monastero femminile cistercense di Hefta, fondato nel 1129 presso Eisleben in Sassonia, che sotto la badessa Gertrude di Hackeborn e sua sorella Matilde divenne il centro della mistica femminile: lì Matilde di Hackeborn visse le esperienze poi narrate nel Liber specialis gratiae e Matilde di Magdeburgo redasse in volgare bassotedesco un trattato di mistica, La luce fluente della divinità, profondamente segnato dalla filosofia neoplatonica, ch’è uno dei capolavori della letteratura volgare del medioevo europeo. Oppure si pensi ancora alla mistica Hadewijch d’Anversa legata allo straordinario movimento delle beghine.
Tuttavia, la mistica in senso assoluto più originale, affascinante e sconvolgente del medioevo centrale europeo è Ildegarda di Bingen (1098-1179). Di famiglia principesca, entrata bambina nel monastero benedettino di Disinbodenberg e fondatrice quindi di quello di Rupertsberg, fu si può dire il protomodello di quelle 'sante vive' che avrebbero poi popolato il Rinascimento: in effetti, le sue qualità profetiche, emerse fin da quando era giovanissima attraverso mirabili e terribili visioni, furono riconosciute ufficialmente come 'dono profetico' nel 1147 da papa Eugenio III. Ildegarda non cadeva in estasi, non sognava: le sue erano 'visioni interiori' nel senso squisitamente agostiniano di questa espressione, secondo il quale la visio è strumento di conoscenza e di comunicazione. Nel suo testo sistematico Liber divinorum operum , tutta la creazione è inquadrata in un possente soffio mistico che collega il microcosmo umano al macrocosmo universale.
Anche in quest’àmbito, gli Ordini mendicanti segnarono un rinnovamento. Le francescane Chiara d’Assisi, Elisabetta d’Ungheria principessa di Turingia, Margherita da Cortona, Angela da Foligno, Chiara di Montefalco (agostiniana, ma devota di san Francesco), sono luminose tappe di un itinerario caratteristicamente femminile.
Questo è il background che consentì, in un periodo di crisi come la metà del Trecento, l’affermarsi di visionarie e 'profetesse' d’intensa forza quali Caterina da Siena e Brigida di Svezia, consigliere e perfino fustigatrici di papi, di re, di principi e di prelati. Una tradizione che sopravvisse alla Riforma e alla Controriforma, approdando con santa Teresa d’Avila a un vero miracolo di fede, d’ascesi e di poesia. Chi parla di 'antifemminismo' o anche solo di 'misoginia' nella cultura cattolica, dovrebbe considerare almeno qualcuna di queste figure.
«Avvenire» del 13 giugno 2010
Nessun commento:
Posta un commento