Lo Strega e il Campiello valgono 20mila volumi, mentre gli ospiti di Fazio sono sicuri di entrare tra i primi venti. E Giuliano Vigini spiega: "La critica è ininfluente salvo casi rarissimi"
di Luigi Mascheroni
Quando si parla di libri ed editoria, la persona giusta a cui rivolgersi per una perizia tecnica è Giuliano Vigini, guru del settore, sia come esperto di produzione e mercato del libro sia come critico.
Allora Vigini, è davvero così? Libro vecchio fa buon brodo?
«Semmai bestseller vecchio fa buon brodo. Pensiamo al fenomeno - raro ma indicativo - di Fabio Volo che è presente nella classifica di narrativa italiana addirittura con quattro titoli, o meglio quattro edizioni. Quando un autore esce con un titolo forte, questo finisce col fare da traino ai “vecchi” libri che l’editore subito recupera, sia nell’edizione normale che tascabile. Insomma, se l’editore è scafato e usa bene le strategie di marketing, l’uscita di una novità di un autore importante come Camilleri o Carofiglio diventa l’occasione per rilanciare opere che erano già state dei successi e che poi si erano “addormentate”».
Quante copie deve vendere un libro per entrare in classifica?
«In questo periodo, in attesa dei vincitori dello Strega e del Campiello, ne bastano poche migliaia. Diciamo 3-4mila copie a settimana, forse meno, per entrare nei primi 20 e in alcuni casi anche nella top ten. Bisogna poi considerare che il monitoraggio alla base delle classifiche è fatto, da una parte, nelle librerie generaliste medio-grandi e nei negozi di prodotti musicali e tecnologici di largo consumo, ossia punti vendita frequentati in particolare da giovani, che spingono certi autori; dall’altra nei supermercati, dove sono presenti esclusivamente i grandi marchi. Insomma, è un circolo vizioso: gli editori maggiori si impongono perché hanno buoni autori certo, ma anche perché hanno una particolare forza nelle librerie dove vengono fatte le rilevazioni di vendita che stanno alla base delle classifiche, che a loro volta orientano i gusti del pubblico. La prova “a contrario” è che i libri confessionali vendono tantissimo, ma per l’80% solo nel circuito delle librerie religiose che non rientrano nei punti di rilevazione, e quindi non entrano in classifica».
Festival, passaggi tv, film, edizioni tascabili.... cosa aiuta a prolungare il successo di un libro?
«Paradossalmente proprio il fatto che un libro sia in classifica: il lettore oggi non sa più orientarsi autonomamente nel mare magnum di oltre 60mila titoli all’anno tra novità e ristampe, cioè 160-170 al giorno. E mancando una critica capace di consigliarlo su cosa vale la pena leggere, ricorre sempre più spesso alle classifiche. Che non sono sinonimo di qualità, questo è chiaro. Ma l’indice che un libro ha un certo impatto, un “valore” capace di condizionare il lettore. Su questo si salda la strategia dell’editore che porta al festival o candida a un premio l’autore più conosciuto. Poi ci sono lo Strega e in parte il Campiello che “valgono” circa 20mila copie, oltre al fatto che il successo fa salire le quotazioni dello scrittore, il quale poi sarà più facilmente recensito, intervistato, ospitato in tv...».
Poi c’è Fabio Fazio e il suo Che tempo che fa...
«Una trasmissione che fa caso a sé, e che vale più dello Strega. Chi va da Fazio, la settimana dopo entra automaticamente nei primi 20 più venduti. Mesi fa Roberto Calasso portò nella classifica di Arianna addirittura l’edizione di pregio delle Nozze di Cadmo e Armonia che costa 135 euro... Ed è un libro di vent’anni fa».
E fuori dai casi editoriali come quelli di Stieg Larsson o Fabio Volo, aiutati dal cinema o dalla tv, quanto dura il “romanzume” medio, un Grisham o un Baricco?
«Dipende dall’autore, alcune volte una o due settimane e poi sparisce. Altre invece può accadere che rimanga sottotraccia per lungo tempo e poi conoscere una “fiammata”: o per via di un film o di una fiction tratti dal libro, o grazie a un lento ma progressivo passaparola tra i lettori forti. Ma sono casi rari. In questo momento capita con Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, che comunque ha sempre dietro un marchio come Baldini Castoldi Dalai... Negli ultimi anni l’unico esempio di libro rimasto a lungo in classifica senza eventi “speciali” o grandi gruppi alle spalle è L’eleganza del riccio. Ma è un’eccezione».
A proposito di «lettori forti»: ma chi sono?
«Tenendo conto che in Italia chi legge almeno un libro all’anno è appena il 45% della popolazione alfabetizzata, i lettori forti sono quelli che leggono più di un libro al mese, cioè il 6,9% degli italiani, sommati a quelli che leggono tra i 7 e gli 11 libri, che significa un altro 7%. Sono coloro che tengono in piedi il mercato: se per ragioni economiche o di tempo libero a disposizione rallentano gli acquisti, l’editoria entra in crisi, come in parte succede attualmente».
Della tv e del passaparola ci ha detto. E dei giornali? Quanto conta oggi una recensione?
«Poco, e solo se il critico è autorevole. Non è come con i film, dove la gente legge una scheda contrassegnata da pallini, e dove l’offerta è minima rispetto ai libri e quindi più facile orientarsi. In questo senso vale molto più Facebook, dove si ripete su grande scala e in tempi ridotti il fenomeno del passaparola. Gli editori lo sanno bene, e seguono con attenzione questo fenomeno. Magari “facilitandolo”. Come? Con qualche imbeccata... come quegli attori che per pubblicizzare il nuovo film chiamano i fotografi dicendo che quella sera saranno in quel ristorante insieme a quella persona...».
Tutti i libri di cui abbiamo parlato sono di narrativa. Che fine ha fatto la saggistica?
«Quella accademica ha spazi limitatissimi ormai. Sopravvive solo quella giornalistica. Guardi i primi tre autori in classifica: Vespa, Scalfari e Rizzo. Fuori dalle grandi firme e dalla triade Mondadori-Einaudi-Feltrinelli, ormai c’è spazio solo per le inchieste di Chiarelettere».
«Semmai bestseller vecchio fa buon brodo. Pensiamo al fenomeno - raro ma indicativo - di Fabio Volo che è presente nella classifica di narrativa italiana addirittura con quattro titoli, o meglio quattro edizioni. Quando un autore esce con un titolo forte, questo finisce col fare da traino ai “vecchi” libri che l’editore subito recupera, sia nell’edizione normale che tascabile. Insomma, se l’editore è scafato e usa bene le strategie di marketing, l’uscita di una novità di un autore importante come Camilleri o Carofiglio diventa l’occasione per rilanciare opere che erano già state dei successi e che poi si erano “addormentate”».
Quante copie deve vendere un libro per entrare in classifica?
«In questo periodo, in attesa dei vincitori dello Strega e del Campiello, ne bastano poche migliaia. Diciamo 3-4mila copie a settimana, forse meno, per entrare nei primi 20 e in alcuni casi anche nella top ten. Bisogna poi considerare che il monitoraggio alla base delle classifiche è fatto, da una parte, nelle librerie generaliste medio-grandi e nei negozi di prodotti musicali e tecnologici di largo consumo, ossia punti vendita frequentati in particolare da giovani, che spingono certi autori; dall’altra nei supermercati, dove sono presenti esclusivamente i grandi marchi. Insomma, è un circolo vizioso: gli editori maggiori si impongono perché hanno buoni autori certo, ma anche perché hanno una particolare forza nelle librerie dove vengono fatte le rilevazioni di vendita che stanno alla base delle classifiche, che a loro volta orientano i gusti del pubblico. La prova “a contrario” è che i libri confessionali vendono tantissimo, ma per l’80% solo nel circuito delle librerie religiose che non rientrano nei punti di rilevazione, e quindi non entrano in classifica».
Festival, passaggi tv, film, edizioni tascabili.... cosa aiuta a prolungare il successo di un libro?
«Paradossalmente proprio il fatto che un libro sia in classifica: il lettore oggi non sa più orientarsi autonomamente nel mare magnum di oltre 60mila titoli all’anno tra novità e ristampe, cioè 160-170 al giorno. E mancando una critica capace di consigliarlo su cosa vale la pena leggere, ricorre sempre più spesso alle classifiche. Che non sono sinonimo di qualità, questo è chiaro. Ma l’indice che un libro ha un certo impatto, un “valore” capace di condizionare il lettore. Su questo si salda la strategia dell’editore che porta al festival o candida a un premio l’autore più conosciuto. Poi ci sono lo Strega e in parte il Campiello che “valgono” circa 20mila copie, oltre al fatto che il successo fa salire le quotazioni dello scrittore, il quale poi sarà più facilmente recensito, intervistato, ospitato in tv...».
Poi c’è Fabio Fazio e il suo Che tempo che fa...
«Una trasmissione che fa caso a sé, e che vale più dello Strega. Chi va da Fazio, la settimana dopo entra automaticamente nei primi 20 più venduti. Mesi fa Roberto Calasso portò nella classifica di Arianna addirittura l’edizione di pregio delle Nozze di Cadmo e Armonia che costa 135 euro... Ed è un libro di vent’anni fa».
E fuori dai casi editoriali come quelli di Stieg Larsson o Fabio Volo, aiutati dal cinema o dalla tv, quanto dura il “romanzume” medio, un Grisham o un Baricco?
«Dipende dall’autore, alcune volte una o due settimane e poi sparisce. Altre invece può accadere che rimanga sottotraccia per lungo tempo e poi conoscere una “fiammata”: o per via di un film o di una fiction tratti dal libro, o grazie a un lento ma progressivo passaparola tra i lettori forti. Ma sono casi rari. In questo momento capita con Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, che comunque ha sempre dietro un marchio come Baldini Castoldi Dalai... Negli ultimi anni l’unico esempio di libro rimasto a lungo in classifica senza eventi “speciali” o grandi gruppi alle spalle è L’eleganza del riccio. Ma è un’eccezione».
A proposito di «lettori forti»: ma chi sono?
«Tenendo conto che in Italia chi legge almeno un libro all’anno è appena il 45% della popolazione alfabetizzata, i lettori forti sono quelli che leggono più di un libro al mese, cioè il 6,9% degli italiani, sommati a quelli che leggono tra i 7 e gli 11 libri, che significa un altro 7%. Sono coloro che tengono in piedi il mercato: se per ragioni economiche o di tempo libero a disposizione rallentano gli acquisti, l’editoria entra in crisi, come in parte succede attualmente».
Della tv e del passaparola ci ha detto. E dei giornali? Quanto conta oggi una recensione?
«Poco, e solo se il critico è autorevole. Non è come con i film, dove la gente legge una scheda contrassegnata da pallini, e dove l’offerta è minima rispetto ai libri e quindi più facile orientarsi. In questo senso vale molto più Facebook, dove si ripete su grande scala e in tempi ridotti il fenomeno del passaparola. Gli editori lo sanno bene, e seguono con attenzione questo fenomeno. Magari “facilitandolo”. Come? Con qualche imbeccata... come quegli attori che per pubblicizzare il nuovo film chiamano i fotografi dicendo che quella sera saranno in quel ristorante insieme a quella persona...».
Tutti i libri di cui abbiamo parlato sono di narrativa. Che fine ha fatto la saggistica?
«Quella accademica ha spazi limitatissimi ormai. Sopravvive solo quella giornalistica. Guardi i primi tre autori in classifica: Vespa, Scalfari e Rizzo. Fuori dalle grandi firme e dalla triade Mondadori-Einaudi-Feltrinelli, ormai c’è spazio solo per le inchieste di Chiarelettere».
«Il Giornale» del 16 giugno 2010
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