Per la prima volta nella storia i figli dormono meno dei genitori
di Isabella Bossi Fedrigotti
Quelle notti senza sonno e le ansie in famiglia
Le notti infinite dei nostri figli, lunghe uguali con la festa e senza festa. Fanno le 2, le 3, le 4 i ragazzi, spesso anche gli adolescenti, e quando i genitori già da un pezzo dormono, loro stanno invece svegli. Se è il fine settimana, è ampiamente accettato, pur con l'incubo delle stragi alcoliche lungo le strade, che ci siano da fare le ore piccole in discoteca, al pub o a casa di amici a bere e vedere film su dvd. Ma infinite sono anche le notti degli altri giorni, giorni di studio e di lavoro, perché è il momento giusto per le chat, per i giochi e le navigazioni che ai ragazzi, senza che si muovano dalla loro stanza, spalancano le porte del gran mondo. E cosa ci può essere di più seducente, di più irresistibile, nel silenzio della casa buia della quale sono infine sovrani assoluti, dopo che si è spenta nella sconfitta anche l' ultima supplichevole esortazione dei genitori ad andare a letto, che varcare quella soglia carica di promesse? Là fuori aspettano nuovi amici, nuovi luoghi, nuove avventure e nuove conoscenze in grado di abbattere gli angusti confini della noia quotidiana fatta di famiglia e scuola, di tv e quartiere. Un eccitante viaggio notturno che non fa sentire il sonno - e come potrebbe? - che non lascia chiudere gli occhi né sentire la testa pesante come per generazioni è successo ai giovani nottambuli immersi in libri, anche appassionanti. Siccome, però, la mattina dopo c' è la scuola, l'università o anche il lavoro, succede forse per la prima volta nella storia dell'umanità, che i figli dormano meno dei genitori: fino a una generazione fa, infatti, era regola abbastanza comune che fossero gli adulti a chiudere la porta e a spegnere l'ultima luce di casa, pronti a stare svegli fino a quando l'estremo ritardatario non fosse rientrato, sorta di ronda domestica rassicurante anche quando non si era più adolescenti. Adesso no, adesso i ragazzi chiamano e dicono: non mi aspettate, state tranquilli, andate a dormire, chiudo e spengo io. E intanto vanno buttando con leggerezza le preziose ore di sonno che un giorno - lontano -, quando verranno lambiti dalle prime fastidiose insonnie che li terranno in attesa nel buio con gli occhi spalancati a contare pecore, forse rimpiangeranno amaramente. Tanto più che uno studio americano viene ora a confermare quel che alcuni psichiatri già da un pezzo vanno ripetendo, e cioè che la mancanza di sonno rende i giovani - maschi soprattutto - più cagionevoli alla depressione. Dormire profondamente e a lungo protegge infatti il cervello, lo mantiene in forma, con maggiore capacità di resistenza al malessere. Si spiegherebbe così l'aumento esponenziale, di questi tempi, del «male oscuro», diffusissima e complessa malattia del secolo, quasi; curabile, sì, ma non sempre in modo definitivo. Non c' è, dunque, solo, che l'indomani a scuola i nottambuli saranno stanchi, con gli occhi - allora sì - che si chiuderanno durante la lezione, e che il profitto inevitabilmente alla lunga ne risentirà, perché nel pomeriggio dovranno pure buttarsi a dormire per un paio d' ore, con il risultato di ritrovarsi perfettamente svegli dopo cena, pronti ad allungare di nuovo la nottata all'infinito, però non certo con lo studio. C'è anche questo rischio di aprire con l'insonnia sistematica la porta alla malattia - secondo chi la soffre o l'ha sofferta - tra le più crudeli che ci siano, di quelle che non si augurano nemmeno ai nemici.
«Corriere della Sera» del 3 gennaio 2010
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