Il libro del futuro secondo gli esperti: interattivo, multimediale, capace di sfruttare le risorse della rete e di valorizzare il ruolo (anche creativo) del lettore. Ma i videogame sono già così...
di Alessandro Gnocchi
Nella miniera di dati relativi al «fenomeno e-book» (un fenomeno, va detto, che in Italia rappresenta comunque una fetta ancora microscopica del mercato) ce ne sono un paio singolari. La libreria on line Amazon.com è un osservatorio privilegiato: ha iniziato con il cartaceo e ora, dopo aver inventato il più noto «lettore» digitale (Kindle), ha avviato anche un fiorente commercio di romanzi e saggi in formato elettronico. Il colosso americano, tra le altre cose, afferma che l’acquisto di Kindle cambia le abitudini del cliente. Nel momento in cui si entra in possesso del «lettore», si compra una quantità di libri (in formato digitale) in media superiore di tre volte (3,1) rispetto a prima. Dati simili, addirittura superiori, sono forniti dal principale concorrente di Amazon, cioè la Sony (anch’essa produttrice di «lettori» digitali e proprietaria di una libreria on line): il cliente tipo compra 8 libri al mese, cifra 6,7 volte più alta del consumatore medio americano. Chi, come il sottoscritto, ha il virus del collezionismo di dischi ha già capito dove forse si andrà a parare: quando arrivò l’iPod, il «lettore» di file musicali prodotto da Apple, partì l’acquisto compulsivo di centinaia, diciamo pure migliaia, di brani. Ovviamente mai ascoltati, non basterebbero un paio di vite. Ma la disponibilità illimitata della rete, unita ai prezzi contenuti, è una tentazione troppo forte.
A parte questo, noi tutti abbiamo sotto gli occhi le radicali e velocissime trasformazioni imposte dal formato digitale al modo stesso di concepire, produrre, registrare e mettere in commercio la musica. (Chi volesse una panoramica ampia può ricorrere al bel saggio di Luca Castelli La musica liberata, edito da Arcana). Il digitale, come è noto, privilegia alcune frequenze sonore e ne trascura altre: si perdono le sfumature (anche se quasi impercettibili). Ma non è solo questione di formato. Conta moltissimo anche lo strumento d’ascolto, e qui torniamo al mondo dei «lettori» digitali. Essi inducono a una fruizione meno attenta della musica rispetto al giradischi. I brani, di conseguenza, devono avere un impatto maggiore: ecco perché le nuove produzioni sono incise a un volume altissimo; ecco perché chi scrive canzoni spara tutte le cartucce nei primi trenta secondi, che devono avere melodia e ritornello a presa immediata. Non solo. La nozione di album, tipo The Wall dei Pink Floyd, con uno svolgimento, una storia, una sequenza intoccabile di brani è superata: oggi si acquista il file del singolo brano, e poi al massimo ciascuno si fa la propria compilation.
Non sorprende quindi che già fioriscano i consigli per scrivere libri concepiti per essere fruiti direttamente sui «lettori» digitali. Simplicissimus Book Farm, principale distributore in Italia di «lettori» e-book, già offre qualche consiglio ad autori, editor ed editori. La parola d’ordine è interazione: Kindle et similia sono connessi alla rete, quindi il libro deve sfruttare tutte le risorse di internet (a partire da immagini e musica). Non solo. Deve essere il lettore, non l’autore, a scegliere come abbinare le varie possibilità. E non è peregrina l’idea che il lettore intervenga perfino sullo svolgimento della trama, indirizzando la vicenda in una direzione o in un’altra.
Per quanto riguarda gli editori, forse dovranno «riconvertirsi»: da un lato produrre libri cartacei extralusso per collezionisti (come accade nel mercato musicale, in cui è ricomparso il vinile a tiratura limitata); dall’altro concentrarsi sul digitale. Per ora gli editori più lesti, come raccontava il Giornale di qualche giorno fa, sono quelli medi e piccoli. Ma il problema non sfugge ai grandi. Ad esempio, nel numero di Panorama in edicola, interviene su questo tema Riccardo Cavallero, il nuovo direttore generale Libri Trade del Gruppo Mondadori. E Anche Cavallero, come Simplicissimus, parla di «iperlibro» compiutamente «multimediale» in cui la parola acquisisce «immagini, link, musica, riferimenti istantanei ad altre opere».
Due sole osservazioni. La prima. Il libro digitale forse prospererà. Difficile che alla lunga possa trionfare il mercato dei «lettori digitali»: sarà cannibalizzato dai nuovi telefonini (la sorte che toccherà all’iPod?). Secondo. Multimedialità, interattività, ruolo centrale, di riflesso anche creativo, del consumatore calato all’interno di una storia. Siamo sicuri sia una novità? A occhio e croce tutto ciò esiste già: si chiama videogame.
A parte questo, noi tutti abbiamo sotto gli occhi le radicali e velocissime trasformazioni imposte dal formato digitale al modo stesso di concepire, produrre, registrare e mettere in commercio la musica. (Chi volesse una panoramica ampia può ricorrere al bel saggio di Luca Castelli La musica liberata, edito da Arcana). Il digitale, come è noto, privilegia alcune frequenze sonore e ne trascura altre: si perdono le sfumature (anche se quasi impercettibili). Ma non è solo questione di formato. Conta moltissimo anche lo strumento d’ascolto, e qui torniamo al mondo dei «lettori» digitali. Essi inducono a una fruizione meno attenta della musica rispetto al giradischi. I brani, di conseguenza, devono avere un impatto maggiore: ecco perché le nuove produzioni sono incise a un volume altissimo; ecco perché chi scrive canzoni spara tutte le cartucce nei primi trenta secondi, che devono avere melodia e ritornello a presa immediata. Non solo. La nozione di album, tipo The Wall dei Pink Floyd, con uno svolgimento, una storia, una sequenza intoccabile di brani è superata: oggi si acquista il file del singolo brano, e poi al massimo ciascuno si fa la propria compilation.
Non sorprende quindi che già fioriscano i consigli per scrivere libri concepiti per essere fruiti direttamente sui «lettori» digitali. Simplicissimus Book Farm, principale distributore in Italia di «lettori» e-book, già offre qualche consiglio ad autori, editor ed editori. La parola d’ordine è interazione: Kindle et similia sono connessi alla rete, quindi il libro deve sfruttare tutte le risorse di internet (a partire da immagini e musica). Non solo. Deve essere il lettore, non l’autore, a scegliere come abbinare le varie possibilità. E non è peregrina l’idea che il lettore intervenga perfino sullo svolgimento della trama, indirizzando la vicenda in una direzione o in un’altra.
Per quanto riguarda gli editori, forse dovranno «riconvertirsi»: da un lato produrre libri cartacei extralusso per collezionisti (come accade nel mercato musicale, in cui è ricomparso il vinile a tiratura limitata); dall’altro concentrarsi sul digitale. Per ora gli editori più lesti, come raccontava il Giornale di qualche giorno fa, sono quelli medi e piccoli. Ma il problema non sfugge ai grandi. Ad esempio, nel numero di Panorama in edicola, interviene su questo tema Riccardo Cavallero, il nuovo direttore generale Libri Trade del Gruppo Mondadori. E Anche Cavallero, come Simplicissimus, parla di «iperlibro» compiutamente «multimediale» in cui la parola acquisisce «immagini, link, musica, riferimenti istantanei ad altre opere».
Due sole osservazioni. La prima. Il libro digitale forse prospererà. Difficile che alla lunga possa trionfare il mercato dei «lettori digitali»: sarà cannibalizzato dai nuovi telefonini (la sorte che toccherà all’iPod?). Secondo. Multimedialità, interattività, ruolo centrale, di riflesso anche creativo, del consumatore calato all’interno di una storia. Siamo sicuri sia una novità? A occhio e croce tutto ciò esiste già: si chiama videogame.
«Il Giornale» dell'8 gennaio 2010
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