La candidatura di Emma Bonino
di Francesco D'Agostino
Secondo l’opinione di Franco Marini polemizzare con l’ormai lanciata candidatura di Emma Bonino nelle elezioni regionali del Lazio alla testa della coalizione di centrosinistra ci farebbe tornare indietro alla «lotta tra guelfi e ghibellini», con la conseguente perdita della lezione di laicità che ci ha lasciato don Sturzo. Sembra infatti di capire che, secondo Marini, radicali e cattolici conducano battaglie non dissimili: i radicali si battono per i diritti civili e questo è un tema che non va considerato prerogativa della sinistra. «Fa parte del retroterra dello stesso mondo cattolico accettare la centralità della persona». Non si potrebbe dir meglio: il tema della centralità della persona, in tutte le sue possibili dimensioni, è infatti e chiaramente il baricentro dell’impegno politico dei cristiani. E allora come si spiegano le tante e tante polemiche che hanno visto contrapposti i radicali e i cattolici? Un colossale equivoco? Ovviamente no.
I diritti civili per i quali si battono, e da sempre, i radicali non sono i diritti della persona, ma i diritti dell’individuo. La differenza tra queste due categorie è molto netta. Parlare di persona significa parlare di relazionalità, solidarietà, dignità, ricerca di un bene comune ed oggettivo, consapevolezza di una comune appartenenza alla famiglia umana. L’orizzonte in cui ci si colloca quando si parla di individuo è invece ben diverso: è l’orizzonte del primato della soggettività, che relativizza l’oggettività del bene e assolutizza come insindacabili le preferenze dei singoli. Sono sovrapponibili la categoria 'persona' e la categoria 'individuo'? In parte sì, ma solo in parte: sono sovrapponibili (e peraltro non sempre) solo quando entrano in gioco legittimi interessi economici, di cui è ragionevole rivendicare una piena tutela politica e sociale. Quando però entrano in gioco valori che vanno al di là dell’orizzonte dell’economia (intesa in senso stretto) sovrapporre le due categorie è impossibile: l’individualismo attiva dinamiche libertarie, il personalismo dinamiche relazionali. Per l’individualismo l’«io» è la realtà primigenia; il «noi» non è altro se non la somma di tutti gli «io» e l’io ha quindi un primato sul «noi». Per il personalismo, invece, non c’è un «io» che non venga prodotto da un «noi» e questo spiega sia il rispetto che al «noi» è dovuto dall’«io», sia il fatto che questo rispetto non toglie assolutamente nulla alla dignità di ogni singolo «io», ma l’orienta verso un bene che quando è autentico è bene di tutti e mai soltanto del singolo.
Ecco perché tra individualismo e personalismo possono anche esserci convergenze significative, ma non sul piano dei valori «non negoziabili», perché su questo piano la differenza è netta. Questioni come la legalizzazione degli stupefacenti, la difesa del matrimonio e della famiglia, la tutela della vita (della vita prenatale, della vita in provetta, della vita dei malati) marcano l’ inconciliabilità tra il modo radicale e il modo personalistico di pensare i diritti civili. Chi insiste su questo punto non commette alcun delitto di lesa laicità, perché qui non si tratta di schierarsi dalla parte dello Stato o dalla parte del Papa: l’inconciliabilità tra individualismo e personalismo non ha carattere confessionale, ma si radica in una diversa (e parimenti laica!) visione antropologica del bene umano. I poteri dei presidenti delle Regioni sono significativi, sia in tema di famiglia che soprattutto in tema di sanità e di bioetica (lo si è visto pochi mesi fa, in occasione della tristissima vicenda di Eluana Englaro): sono temi già incandescenti e sempre più destinati a diventarlo nei prossimi mesi. Emma Bonino, con la schiettezza che le è propria, non nasconde che su queste tematiche essa continua a condividere le posizioni individualistiche tipiche dell’ideologia radicale (del resto solo un ingenuo potrebbe pensare al contrario) e non cessa, secondo un vecchio vizio dei radicali, di accusare di integralismo i cattolici che non condividono la sua candidatura. È davvero arrivato il momento di smetterla di usare parole ad effetto (come appunto guelfi/ghibellini, laicità, integralismo) e di ricordarci che il rispetto, che non deve mai mancare per le persone, non sempre va esteso alla loro ideologia.
I diritti civili per i quali si battono, e da sempre, i radicali non sono i diritti della persona, ma i diritti dell’individuo. La differenza tra queste due categorie è molto netta. Parlare di persona significa parlare di relazionalità, solidarietà, dignità, ricerca di un bene comune ed oggettivo, consapevolezza di una comune appartenenza alla famiglia umana. L’orizzonte in cui ci si colloca quando si parla di individuo è invece ben diverso: è l’orizzonte del primato della soggettività, che relativizza l’oggettività del bene e assolutizza come insindacabili le preferenze dei singoli. Sono sovrapponibili la categoria 'persona' e la categoria 'individuo'? In parte sì, ma solo in parte: sono sovrapponibili (e peraltro non sempre) solo quando entrano in gioco legittimi interessi economici, di cui è ragionevole rivendicare una piena tutela politica e sociale. Quando però entrano in gioco valori che vanno al di là dell’orizzonte dell’economia (intesa in senso stretto) sovrapporre le due categorie è impossibile: l’individualismo attiva dinamiche libertarie, il personalismo dinamiche relazionali. Per l’individualismo l’«io» è la realtà primigenia; il «noi» non è altro se non la somma di tutti gli «io» e l’io ha quindi un primato sul «noi». Per il personalismo, invece, non c’è un «io» che non venga prodotto da un «noi» e questo spiega sia il rispetto che al «noi» è dovuto dall’«io», sia il fatto che questo rispetto non toglie assolutamente nulla alla dignità di ogni singolo «io», ma l’orienta verso un bene che quando è autentico è bene di tutti e mai soltanto del singolo.
Ecco perché tra individualismo e personalismo possono anche esserci convergenze significative, ma non sul piano dei valori «non negoziabili», perché su questo piano la differenza è netta. Questioni come la legalizzazione degli stupefacenti, la difesa del matrimonio e della famiglia, la tutela della vita (della vita prenatale, della vita in provetta, della vita dei malati) marcano l’ inconciliabilità tra il modo radicale e il modo personalistico di pensare i diritti civili. Chi insiste su questo punto non commette alcun delitto di lesa laicità, perché qui non si tratta di schierarsi dalla parte dello Stato o dalla parte del Papa: l’inconciliabilità tra individualismo e personalismo non ha carattere confessionale, ma si radica in una diversa (e parimenti laica!) visione antropologica del bene umano. I poteri dei presidenti delle Regioni sono significativi, sia in tema di famiglia che soprattutto in tema di sanità e di bioetica (lo si è visto pochi mesi fa, in occasione della tristissima vicenda di Eluana Englaro): sono temi già incandescenti e sempre più destinati a diventarlo nei prossimi mesi. Emma Bonino, con la schiettezza che le è propria, non nasconde che su queste tematiche essa continua a condividere le posizioni individualistiche tipiche dell’ideologia radicale (del resto solo un ingenuo potrebbe pensare al contrario) e non cessa, secondo un vecchio vizio dei radicali, di accusare di integralismo i cattolici che non condividono la sua candidatura. È davvero arrivato il momento di smetterla di usare parole ad effetto (come appunto guelfi/ghibellini, laicità, integralismo) e di ricordarci che il rispetto, che non deve mai mancare per le persone, non sempre va esteso alla loro ideologia.
«Avvenire» del 13 gennaio 2010
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