Le attese conclusioni della commissione parlamentare di studio
Il bando solo in esercizi e uffici pubblici. La sanzione: il rifiuto del servizio
Il bando solo in esercizi e uffici pubblici. La sanzione: il rifiuto del servizio
s. i. a.
La legge andrà probabilmente in discussione dopo le elezioni regionali di marzo. Il dibattito divide i politici. Sarkozy: "Il velo integrale non è benvenuto"
La Francia va verso il divieto del burqa e del niqab nei luoghi pubblici. La commissione di studio istituita dal Parlamento francese ha infatti raccomandato che il velo islamico che copre interamente il volto delle donne sia vietato in tutte le scuole, gli ospedali, i trasporti pubblici e negli uffici statali. Il burqa, è la conclusione del rapporto, offende i valori nazionali della Francia.
Secondo anticipazioni di stampa, le conclusioni della commissione suggeriscono il varo di una norma che vieti il burqa e il niqab negli esercizi e servizi pubblici, ma che non estenda questo divieto a tutti gli spazi pubblici, data l'assenza di unanimità su questo aspetto. In un rapporto di 200 pagine, dai toni prudenti, che concludono sei mesi di lavori, la commissione si studio presieduta dal deputato comunista André Gerin stabilisce 18 raccomandazioni di vario ordine.
Sul piano strettamente normativo, la proposta faro consiste nell'adozione di una "disposizione che vieti di dissimulare il proprio viso nei servizi pubblici". Il rapporto raccomanda di "optare per uno strumento legislativo" che possa anche essere declinato "per via amministrativa". Questo dispositivo potrebbe in particolare essere applicato nei trasporti pubblici e nei dintorni delle scuole. "La conseguenza della violazione di questa regola non sarebbe di natura penale ma consisterebbe in un rifiuto di corrispondere il servizio richiesto". La commissione di studio non arriva a suggerire un "divieto generale e assoluto del velo integrale negli spazi pubblici" perché "non esiste al riguardo unanimità". Il rapporto sottolinea come una legge di questo tipo "sollevi comunque questioni giuridiche complesse", poiché comporta una "limitazione dell'esercizio di una libertà fondamentale, la libertà di opinione, nella totalità dello spazio pubblico"; di qui il rischio di una censura da parte del consiglio costituzionale o di una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.
"Le persone - si legge nel testo - saranno non soltanto costrette a mostrare il volto all'ingresso dei servizi pubblici ma anche durante tutto il periodo della loro permanenza". La proposta dovrebbe superare le obiezioni giuridiche ad un divieto del burqa su tutto il territorio che, secondo diversi giuristi, sarebbe in contrasto con la libertà di culto garantita dalla Costituzione. Secondo gli estensori della proposta, la natura del servizio pubblico legittima infatti "alcune regole particolari" legate alla sicurezza.
In Francia è in corso un ampio dibattito sul velo integrale portato da alcune donne musulmane, dopo che in giugno il presidente Nicolas Sarkozy ha dichiarato che "il burqa non sarà mai il benvenuto sul territorio della Repubblica francese". Fra le proposte sollevate vi è stata recentemente quella del deputato Jean Francois Copè, capogruppo del partito Ump di Sarkozy all'Assemblea Nazionale, che aveva proposto di multare chi indossa il burqa con 750 euro.
Rimane dunque aperta la questione della traduzione legislativa di questa raccomandazione, che potrebbe richiedere ancora del tempo. I sondaggi d'opinione in Francia indicano una maggioranza della popolazione favorevole al bando del cosiddetto burqa (si adotta il termine afgano, anche se in realtà il velo utilizzato dalle islamiche in Francia e in molti altri paesi occidentali è il niqab, ovvero la versione integrale che lascia scoperti gli occhi). La legge andrà probabilmente in discussione dopo le elezioni regionali di marzo in cui il partito conservatore del presidente Sarkozy, l'Ump, tenterà di strappare la maggioranza dei consigli (22 a 20) ai socialisti. Il tema del velo integrale attraversa trasversalmente lo spettro politico francese perché anche il partito socialista è diviso, con la maggioranza contraria al divieto ma alcuni deputati che lo appoggiano.
Sono circa duemila le donne francesi che indossano il velo integrale, ma Gerin (il deputato comunista a capo della commissione parlamentare), che viene dal collegio di Lione dove è forte la presenza musulmana, avverte che la tendenza è in forte espansione e a suo parere va frenata in tempi rapidi.
Secondo anticipazioni di stampa, le conclusioni della commissione suggeriscono il varo di una norma che vieti il burqa e il niqab negli esercizi e servizi pubblici, ma che non estenda questo divieto a tutti gli spazi pubblici, data l'assenza di unanimità su questo aspetto. In un rapporto di 200 pagine, dai toni prudenti, che concludono sei mesi di lavori, la commissione si studio presieduta dal deputato comunista André Gerin stabilisce 18 raccomandazioni di vario ordine.
Sul piano strettamente normativo, la proposta faro consiste nell'adozione di una "disposizione che vieti di dissimulare il proprio viso nei servizi pubblici". Il rapporto raccomanda di "optare per uno strumento legislativo" che possa anche essere declinato "per via amministrativa". Questo dispositivo potrebbe in particolare essere applicato nei trasporti pubblici e nei dintorni delle scuole. "La conseguenza della violazione di questa regola non sarebbe di natura penale ma consisterebbe in un rifiuto di corrispondere il servizio richiesto". La commissione di studio non arriva a suggerire un "divieto generale e assoluto del velo integrale negli spazi pubblici" perché "non esiste al riguardo unanimità". Il rapporto sottolinea come una legge di questo tipo "sollevi comunque questioni giuridiche complesse", poiché comporta una "limitazione dell'esercizio di una libertà fondamentale, la libertà di opinione, nella totalità dello spazio pubblico"; di qui il rischio di una censura da parte del consiglio costituzionale o di una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.
"Le persone - si legge nel testo - saranno non soltanto costrette a mostrare il volto all'ingresso dei servizi pubblici ma anche durante tutto il periodo della loro permanenza". La proposta dovrebbe superare le obiezioni giuridiche ad un divieto del burqa su tutto il territorio che, secondo diversi giuristi, sarebbe in contrasto con la libertà di culto garantita dalla Costituzione. Secondo gli estensori della proposta, la natura del servizio pubblico legittima infatti "alcune regole particolari" legate alla sicurezza.
In Francia è in corso un ampio dibattito sul velo integrale portato da alcune donne musulmane, dopo che in giugno il presidente Nicolas Sarkozy ha dichiarato che "il burqa non sarà mai il benvenuto sul territorio della Repubblica francese". Fra le proposte sollevate vi è stata recentemente quella del deputato Jean Francois Copè, capogruppo del partito Ump di Sarkozy all'Assemblea Nazionale, che aveva proposto di multare chi indossa il burqa con 750 euro.
Rimane dunque aperta la questione della traduzione legislativa di questa raccomandazione, che potrebbe richiedere ancora del tempo. I sondaggi d'opinione in Francia indicano una maggioranza della popolazione favorevole al bando del cosiddetto burqa (si adotta il termine afgano, anche se in realtà il velo utilizzato dalle islamiche in Francia e in molti altri paesi occidentali è il niqab, ovvero la versione integrale che lascia scoperti gli occhi). La legge andrà probabilmente in discussione dopo le elezioni regionali di marzo in cui il partito conservatore del presidente Sarkozy, l'Ump, tenterà di strappare la maggioranza dei consigli (22 a 20) ai socialisti. Il tema del velo integrale attraversa trasversalmente lo spettro politico francese perché anche il partito socialista è diviso, con la maggioranza contraria al divieto ma alcuni deputati che lo appoggiano.
Sono circa duemila le donne francesi che indossano il velo integrale, ma Gerin (il deputato comunista a capo della commissione parlamentare), che viene dal collegio di Lione dove è forte la presenza musulmana, avverte che la tendenza è in forte espansione e a suo parere va frenata in tempi rapidi.
«La Repubblica» del 26 gennaio 2010
Nessun commento:
Posta un commento