24 giugno 2010

Herranz: fermiamo la dittatura del relativismo

Accorato monito il porporato spagnolo contro l’ideologia «del fondamentalismo laicista»
di Pier Luigi Fornari
Un com­pito spetta ai più avveduti e democratici Stati membri del Consiglio di Europa: impe­dire che le istituzioni ufficiali del Vecchio continente aprano la stra­da al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo del­lo Stato sul piano politico. È il mo­nito lanciato dal cardinale Julián Herranz, presidente emerito del Pontificio collegio per i testi legi­slativi, intervenuto nella tavola ro­tonda su Valori e diritto incentra­ta sulla la sentenza della Corte eu­ropea dei diritti dell’uomo di Stra­sburgo (Cedu) contro la presenza del crocifisso nelle scuole italiane. Il giurista ha ripreso un monito lanciato una settimana fa da Be­nedetto XVI che già nella famosa omelia della messa previa al Con­clave in cui fu eletto denunciò cor­raggiosamente «la dittatura del re­lativismo ». Un’ideologia, quest’ultima, che si configura come “fondamentali­smo laicista”, nel contesto della quale va situata la sentenza della Cedu. In contrasto con il retto con­cetto di laicità «vorrebbe relegare la fede cristiana e in genere il fat­to religioso nel solo ambito priva­to della coscienza personale, e­scludendo ogni segno, simbolo o manifestazione esterna della fede nei luoghi pubblici e nelle istitu­zioni civili». Ricordando Giovanni Paolo II, il porporato ha eviden­ziato come il magistero della Chie­sa è stato orientato negli ultimi cento anni soprattutto dalla ne­cessità di «difendere i diritti fon­damentali della persona, tra cui il diritto alla libertà religiosa, da due funeste utopie ideologiche diven­tate sistemi politici: l’utopia tota­litaria della “giustizia senza li­bertà” (totalitarismi di destra e di sinistra: nazismo, comunismo, ecc) e l’utopia libertaria o relativi­sta della “libertà senza verità”, og­gi particolarmente influente in al­cuni settori politici e mediatici eu­ropei ». A giudizio del cardinale la senten­za di Strasburgo non rispetta il di­ritto alla libertà religiosa e della sua manifestazione degli alunni cristiani, sancito dalla Dichiara­zione universale dei diritti umani. Secondo il giurista la Corte, poi, non ha rispettato il principio di sussidiarietà: «Sembra aver supe­rato illegittimamente i limiti del­la propria competenza pronun­ziandosi su di una questione che riguarda la legittima e doverosa salvaguarda da parte di uno Stato delle tradizioni e cultura naziona­­li, oltre che degli impegni presi tra­mite concordati». Voler togliere il crocifisso dai luoghi pubblici, se­condo il cardinale, non sarebbe soltanto “cristofobia” ma soprat­tutto inciviltà, perché è stato con­siderato da secoli (per esempio con la Croce Rossa) un segno di valore civico e di amore che «ac­coglie fraternamente e guarisce». L’esperienza francese, peraltro, in­segna che la proibizione di ogni segno religioso nelle scuole non facilita l’integrazione. Passando a descrivere quanto sta avvenendo in Spagna, Herrànz ha osservato che «forti poteri mediatici e alcu­ni gruppi politici» fanno pressio­ne sul governo, perché prescinda degli accordi internazionali tra la Santa Sede e lo Stato perché «in u­na pretestuosa eventuale legge di “libertà religiosa”» si proibiscano il crocifisso e gli altri segni religio­si, anche se molto probabilmente la maggioranza dei cittadini con­sultata in un referendum, sarebbe contraria.
«Avvenire» del 24 giugno 2010

Nessun commento: