Medio Oriente e Nord Africa: crescono i nemici della Rete
di Federica Zoja
Nella saga delle difficili relazioni fra Skype – applicazione informatica utilizzata da 500 milioni di persone per telefonare via Internet in tutto il mondo – e le autorità dei Paesi in cui le telecomunicazioni sono filtrate dalla censura, quella egiziana è la puntata più recente: alla fine del mese di marzo, il Cairo ha infatti deciso, in nome della tutela del proprio operatore di telefonia fissa a partecipazione statale, Telecom Egypt (TE), di impedire le telefonate internazionali con accessi Internet mobile. La disposizione si applica ai tre detentori di licenze di telefonia mobile in Egitto – Mobinil (Orascom e France Télécom), Etisalat Egypt (Etisalat Group) Vodafone Egypt ( Vodafone Group) – che offrono ai propri clienti la navigazione in rete con chiavetta Usb o tessera a tempo prepagata. Nessuna novità, al contrario, se l’acceso a Internet avviene tramite rete telefonica fissa. Ufficialmente, l’Autorità di regolamentazione delle tlc nazionali (Ntra) intende sostenere TE in un difficile frangente economico. La manovra restrittiva, insieme ad altre nell’area, suscita l’allarme delle associazioni per i diritti civili: è probabile che negli Emirati Arabi Uniti, Skype perda la licenza di fornitore di servizi voce via Internet (VoIp). Nel frattempo, la non tracciabilità delle chiamate telefoniche via Web fa riflettere i servizi di intelligence di altri Stati dell’area Nord Africa-Medio Oriente (Mena).
Il fenomeno Skype, in realtà, va inserito in una tendenza più ampia, quella che vede il boom di Internet nella suddetta zona geografica, forte di una popolazione giovane e spesso bilingue (arabo-inglese, arabo- francese...), e, in parallelo, il tentativo dei regimi autoritari di limitare la libera navigazione su social network, blog e soprattutto siti di informazione.
Non è un caso che una figura emergente in Egitto affidi le sue fortune ai nuovi media. Il diplomatico Mohammed el-Baradei non si è ancora candidato ufficialmente alle prossime elezioni presidenziali, eppure sta raccogliendo ampio consenso. Su Facebook la sua pagina ha superato 3 .000 iscritti, che alimentano il dibattito politico anche senza il suo intervento. Premio Nobel per la pace nel 2005 per il suo impegno in qualità di numero uno dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha fatto il suo ingresso sulla scena politica egiziana a sorpresa, alla fine del 2009, dichiarando la propria disponibilità a correre alle elezioni del 2011. El-Baradei ha fondato il Movimento per il cambiamento, catalizzando l’interesse di riformisti di formazione laica e religiosa. I segni dell’insofferenza del regime di Hosni Mubarak per l’avanzata di un rivale di prestigio non mancano, come dimostra l’arresto, avvenuto al Cairo lo scorso 4 aprile, di Ahmed Mahanna, editore del libro El Baradei e il sogno della rivoluzione verde.
Deciso a dare battaglia, il diplomatico denuncia la repressione attraverso il social network Twitter, mentre intraprende un tour del Paese, pieno di ostacoli, per spiegare la sua visione politica. Ma il 'tour' sul web è più fluido, grazie ai numerosi blog che esibiscono immagini del novello Obama montate sulla bandiera egiziana, al fianco della scritta «We can». Un dettaglio: Facebook Egypt sfiora i 2 milioni di iscritti.
«Sebbene i Paesi dell’area del Middle East and North Africa (Mena) presi in considerazione (Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Arabia Saudita) non abbiano adottato tutte quelle tecniche di controllo applicate al Web da Cina e Iran, l’analisi del grado di controllo della Rete nel mondo arabo dimostra le sempre maggiori ingerenze dei governi nell’architettura libera di Internet», spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), nell’introduzione al suo lavoro Medioriente: il nemico è online.
Secondo il rapporto annuale di Reporters senza frontiere, Arabia Saudita, Egitto, Siria e Tunisia si collocano fra i primi dieci nemici di Internet. Ecco alcune tecniche censorie che brillano nella censura preventiva. Ad esempio, un’unica compagnia nazionale gestisce il servizio telematico in regime di monopolio, blocca liste nere di siti, seleziona i risultati dei motori di ricerca e tenta di ostacolare l’accesso alla Rete delle persone non gradite.
Anche la censura sui contenuti furoreggia, colpendo soprattutto blog di attivisti e siti di testate indipendenti. L’accusa di diffondere in rete opinioni illegali, che screditano la nazione, è utilizzata in Egitto per arrestare blogger scomodi. Ma ci sono anche interventi che incoraggiano l’autocensura. Prevedono controllo degli accessi, del traffico online e del contenuto delle caselle di posta elettronica degli utenti. Oppure, l’accesso a Internet può essere reso caro o di qualità scadente, così lento da scoraggiare gli utenti. Ma i giovani non s’arrendono facilmente ...
Il fenomeno Skype, in realtà, va inserito in una tendenza più ampia, quella che vede il boom di Internet nella suddetta zona geografica, forte di una popolazione giovane e spesso bilingue (arabo-inglese, arabo- francese...), e, in parallelo, il tentativo dei regimi autoritari di limitare la libera navigazione su social network, blog e soprattutto siti di informazione.
Non è un caso che una figura emergente in Egitto affidi le sue fortune ai nuovi media. Il diplomatico Mohammed el-Baradei non si è ancora candidato ufficialmente alle prossime elezioni presidenziali, eppure sta raccogliendo ampio consenso. Su Facebook la sua pagina ha superato 3 .000 iscritti, che alimentano il dibattito politico anche senza il suo intervento. Premio Nobel per la pace nel 2005 per il suo impegno in qualità di numero uno dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha fatto il suo ingresso sulla scena politica egiziana a sorpresa, alla fine del 2009, dichiarando la propria disponibilità a correre alle elezioni del 2011. El-Baradei ha fondato il Movimento per il cambiamento, catalizzando l’interesse di riformisti di formazione laica e religiosa. I segni dell’insofferenza del regime di Hosni Mubarak per l’avanzata di un rivale di prestigio non mancano, come dimostra l’arresto, avvenuto al Cairo lo scorso 4 aprile, di Ahmed Mahanna, editore del libro El Baradei e il sogno della rivoluzione verde.
Deciso a dare battaglia, il diplomatico denuncia la repressione attraverso il social network Twitter, mentre intraprende un tour del Paese, pieno di ostacoli, per spiegare la sua visione politica. Ma il 'tour' sul web è più fluido, grazie ai numerosi blog che esibiscono immagini del novello Obama montate sulla bandiera egiziana, al fianco della scritta «We can». Un dettaglio: Facebook Egypt sfiora i 2 milioni di iscritti.
«Sebbene i Paesi dell’area del Middle East and North Africa (Mena) presi in considerazione (Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Arabia Saudita) non abbiano adottato tutte quelle tecniche di controllo applicate al Web da Cina e Iran, l’analisi del grado di controllo della Rete nel mondo arabo dimostra le sempre maggiori ingerenze dei governi nell’architettura libera di Internet», spiega Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), nell’introduzione al suo lavoro Medioriente: il nemico è online.
Secondo il rapporto annuale di Reporters senza frontiere, Arabia Saudita, Egitto, Siria e Tunisia si collocano fra i primi dieci nemici di Internet. Ecco alcune tecniche censorie che brillano nella censura preventiva. Ad esempio, un’unica compagnia nazionale gestisce il servizio telematico in regime di monopolio, blocca liste nere di siti, seleziona i risultati dei motori di ricerca e tenta di ostacolare l’accesso alla Rete delle persone non gradite.
Anche la censura sui contenuti furoreggia, colpendo soprattutto blog di attivisti e siti di testate indipendenti. L’accusa di diffondere in rete opinioni illegali, che screditano la nazione, è utilizzata in Egitto per arrestare blogger scomodi. Ma ci sono anche interventi che incoraggiano l’autocensura. Prevedono controllo degli accessi, del traffico online e del contenuto delle caselle di posta elettronica degli utenti. Oppure, l’accesso a Internet può essere reso caro o di qualità scadente, così lento da scoraggiare gli utenti. Ma i giovani non s’arrendono facilmente ...
«Avvenire» del 15 maggio 2010
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