15 maggio 2010

Censura sul Web

Medio Oriente e Nord Africa: crescono i nemici della Rete
di Federica Zoja
Nella saga delle difficili rela­zioni fra Skype – applica­zione informatica utilizzata da 500 milioni di persone per te­lefonare via Internet in tutto il mon­do – e le autorità dei Paesi in cui le telecomunicazioni sono filtrate dal­la censura, quella egiziana è la pun­tata più recente: alla fine del mese di marzo, il Cairo ha infatti deciso, in nome della tutela del proprio ope­ratore di telefonia fissa a partecipa­zione statale, Telecom Egypt (TE), di impedire le telefonate internazionali con accessi Internet mobile. La di­sposizione si applica ai tre detento­ri di licenze di telefonia mobile in E­gitto – Mobinil (Orascom e France Télécom), Etisalat Egypt (Etisalat Group) Vodafone Egypt ( Vodafone Group) – che offrono ai propri clien­ti la navigazione in rete con chiavet­ta Usb o tessera a tempo prepagata. Nessuna novità, al contrario, se l’ac­ceso a Internet av­viene tramite rete telefonica fissa. Uf­ficialmente, l’Auto­rità di regolamenta­zione delle tlc na­zionali (Ntra) inten­de sostenere TE in un difficile frangen­te economico. La manovra restrittiva, insieme ad altre nel­­l’area, suscita l’allar­me delle associazio­ni per i diritti civili: è probabile che negli Emirati Arabi Uniti, Skype perda la li­cenza di fornitore di servizi voce via Internet (VoIp). Nel frattempo, la non tracciabilità delle chiamate te­lefoniche via Web fa riflettere i ser­vizi di intelligence di altri Stati del­l’area Nord Africa-Medio Oriente (Mena).
Il fenomeno Skype, in realtà, va in­serito in una tendenza più ampia, quella che vede il boom di Internet nella suddetta zona geografica, for­te di una popolazione giovane e spesso bilingue (arabo-inglese, ara­bo- francese...), e, in parallelo, il ten­tativo dei regimi autoritari di limita­re la libera navigazione su social network, blog e soprattutto siti di informazione.
Non è un caso che una figura emer­gente in Egitto affidi le sue fortune ai nuovi media. Il diplomatico Mohammed el-Baradei non si è an­cora candidato ufficialmente alle prossime elezioni presidenziali, ep­pure sta raccogliendo ampio con­senso. Su Facebook la sua pagina ha superato 3 .000 iscritti, che alimen­tano il dibattito politico anche sen­za il suo intervento. Premio Nobel per la pace nel 2005 per il suo impe­gno in qualità di numero uno dell’A­genzia internazionale per l’energia atomica, ha fatto il suo ingresso sul­la scena politica egiziana a sorpresa, alla fine del 2009, dichiarando la pro­pria disponibilità a correre alle ele­zioni del 2011. El-Baradei ha fonda­to il Movimento per il cambiamen­to, catalizzando l’interesse di rifor­misti di formazione laica e religiosa. I segni dell’insofferenza del regime di Hosni Mubarak per l’avanzata di un rivale di prestigio non mancano, co­me dimostra l’arresto, avvenuto al Cairo lo scorso 4 aprile, di Ahmed Mahanna, editore del libro El Bara­dei e il sogno della rivoluzione verde.
Deciso a dare battaglia, il diploma­tico denuncia la repressione attra­verso il social network Twitter, men­tre intraprende un tour del Paese, pieno di ostacoli, per spiegare la sua visione politica. Ma il 'tour' sul web è più fluido, grazie ai numerosi blog che esibiscono immagini del novel­lo Obama montate sulla bandiera e­giziana, al fianco della scritta «We can». Un dettaglio: Facebook Egypt sfiora i 2 milioni di iscritti.
«Sebbene i Paesi dell’area del Midd­le East and North A­frica (Mena) presi in considerazione (Al­geria, Tunisia, Libia, Egitto, Siria e Arabia Saudita) non abbia­no adottato tutte quelle tecniche di controllo applicate al Web da Cina e I­ran, l’analisi del gra­do di controllo della Rete nel mondo ara­bo dimostra le sem­pre maggiori inge­renze dei governi nell’architettura libera di Internet», spiega Matteo Villa, ricercatore del­­l’Istituto per gli studi di politica in­ternazionale (Ispi), nell’introduzio­ne al suo lavoro Medioriente: il ne­mico è online.
Secondo il rapporto annuale di Re­porters senza frontiere, Arabia Sau­dita, Egitto, Siria e Tunisia si collo­cano fra i primi dieci nemici di In­ternet. Ecco alcune tecniche censo­rie che brillano nella censura pre­ventiva. Ad esempio, un’unica com­pagnia nazionale gestisce il servizio telematico in regime di monopolio, blocca liste nere di siti, seleziona i ri­sultati dei motori di ricerca e tenta di ostacolare l’accesso alla Rete delle persone non gradite.
Anche la censura sui contenuti fu­roreggia, colpendo soprattutto blog di attivisti e siti di testate indipen­denti. L’accusa di diffondere in rete opinioni illegali, che screditano la nazione, è utilizzata in Egitto per ar­restare blogger scomodi. Ma ci sono anche interventi che incoraggiano l’autocensura. Prevedono controllo degli accessi, del traffico online e del contenuto delle caselle di posta e­lettronica degli utenti. Oppure, l’ac­cesso a Internet può essere reso ca­ro o di qualità scadente, così lento da scoraggiare gli utenti. Ma i giova­ni non s’arrendono facilmente ...
«Avvenire» del 15 maggio 2010

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