Nei Malavoglia coesistono e si scontrano due diverse dimensioni temporali (il tempo della natura e quello della storia), a cui corrispondono due spazi diversi, il microcosmo paesano e il mondo esterno. Le due scansioni temporali, come l’opposizione tra spazio di Aci Trezza e spazio cittadino, riflettono il conflitto, che è al centro del romanzo, tra due mondi diversi, la vecchia società rurale e patriarcale e la società moderna del progresso capitalistico.
Domina, tuttavia, il tempo della natura, della ripetizione ciclica che ignora lo sviluppo e si identifica con l’alternarsi dei giorni e delle stagioni, con il ritmo dei lavori agricoli e delle ricorrenze religiose. È il tempo circolare che ritorna perennemente su se stesso, la cui saggezza è distillata nei proverbi, depositari di verità secolari, eternamente valide; un tempo che ha i suoi riferimenti naturali fissi nel mare, nel cielo e nelle costellazioni. Tutto ritorna e si ripete come sempre nel paese contemplato da ‘Ntoni nel finale del romanzo, che da una parte conclude circolarmente la vicenda dei Malavoglia (Alessi), dall’altra registra uno strappo, il viaggio verso l’ignoto e il tempo della storia di ‘Ntoni (cfr. «L’addio di ‘Ntoni»).
Il tempo storico infatti non scompare, ma entra nel racconto fin dal primo capitolo con l’inizio degli eventi che colpiscono la famiglia Malavoglia tra il 1865 e il 1878. La storia nazionale (la leva, le tasse, Lissa), i segni del progresso (la concorrenza della pesca industriale, il treno che porta via i coscritti) hanno effetti sconvolgenti sull’immobilità ripetitiva dell’arcaica vita dei pescatori. Le difficoltà economiche della famiglia Malavoglia cominciano proprio con la partenza di ‘Ntoni per il servizio militare; da qui il negozio dei lupini e il naufragio. La morte di Luca nella battaglia di Lissa segna l’ulteriore degradazione della famiglia. Il viaggio di ‘Ntoni nel mondo moderno del Continente mette inoltre in crisi radicale il sistema di valori del nonno.
L’intervento della storia provoca la distruzione della società patriarcale. Non esiste possibilità di comunicazione e di mediazione tra i due mondi.
Al conflitto tra tempo del progresso e tempo della natura corrisponde il diverso modularsi del rapporto tra tempo della storia e tempo del racconto nei quindici capitoli del romanzo. Il tempo della stona si viene dilatando sempre di più, mentre si concentra quello del racconto (cfr. § 4). Non a caso, nella prima parte, al centro della narrazione è il personaggio di padron ‘Ntoni, che rappresenta la legge patriarcale del lavoro e dell’onore, mentre nella seconda protagonista diventa il giovane ‘Ntoni che contrappone al nonno la legge "moderna" del progresso e della ricchezza.
L’opposizione si riflette anche nei tempi verbali. Alla prevalenza dell’imperfetto, il tempo della coralità, della ripetizione ciclica della natura (il mare che ripete sempre la solita storia) subentra il passato remoto, che scandisce il dramma storico di ‘Ntoni; il passato remoto introduce sullo sfondo del paese il tempo della storia, della separazione delle antiche radici, che simboleggia l’addio a un’intera civiltà (cfr. «L’addio di ‘Ntoni»).
L’opposizione tra tempo della natura e tempo della storia rimanda a quella tra spazio del paese e spazio della città. L’universo di Aci Trezza è chiuso in se stesso, privo di rapporti con il macrocosmo nazionale. La regressione dell’autore nell’ottica del narratore popolare pone in primo piano, in tutto il romanzo, lo spazio astorico della società rurale. Esso è mostrato come luogo sociale, in tutte le articolazioni in cui si svolge la vita collettiva, nella piazza, all’osteria, al lavatoio, sul sagrato, nelle botteghe. Manca tuttavia una rappresentazione realistica del villaggio: non ci sono strade, le case sono sempre viste dall’esterno, anche la casa del nespolo. Al tempo etnologico risponde uno spazio idealizzato, che riflette la nostalgia di un mondo di sereno raccoglimento opposto alle passioni turbinose della vita cittadina. Questa unione tra indeterminatezza favolistica del tempo e dello spazio e precisione geografica caratterizza il romanzo fin dall’inizio (cfr. l’inizio dei «Malavoglia»).
Oltre i confini paesani c’è il mondo esterno, l’ignoto pieno di minacce e di pericoli. A Riposto ci si imbarca per non tornare più. Catania, Napoli, Trieste rappresentano un altro mondo, diverso, immenso, che costituisce il luogo del vagabondaggio e della perdizione.
Lo spazio esterno della città, tuttavia, è fonte non solo di pericolo, ma anche di fascino: la città appare a ‘Ntoni lo spazio del consumo, del lusso, del benessere. È luogo di un’emigrazione giovanile in cerca di fortuna. L’esperienza dello spazio esterno mette in crisi nel giovane la morale patriarcale del lavoro e del sacrificio, maturando in lui l’inquietudine e la rivolta. Ciò scardina l’immobilità della tradizione e la stabilità della famiglia.
Lo spazio del paese è pure ambivalente. Appare nido protettivo per padron ‘Ntoni, Mena, compare Alfio, spazio mitico nel ricordo nostalgico di ‘Ntoni, quando deve lasciarlo. In realtà non è uno spazio idillico, un rifugio sicuro dalle insidie del mondo esterno. Esso stesso è attraversato dalla lotta per la vita, dall’egoismo e dalle passioni feroci che caratterizzano ovunque l’esistenza dell’uomo. Sono paesani avidi, speculatori e usurai, come zio Crocifisso, compare Piedipapera e don Silvestro a procurare la rovina dei Malavoglia.
Questo spazio del paese non costituisce un’unità organica, ma contiene in sé un’altra opposizione, quella tra il paese e fa casa del nespolo, unico spazio positivo, idillico e familiare, che fa da argine alla violenza del mondo esterno. Lo stesso ribelle ‘Ntoni sente questa unità solidale e per lungo tempo vince il desiderio di andarsene per non recare dolore alla madre, come sacrifica l’amore per Barbara per restare con la famiglia in difficoltà.
Tuttavia il tempo del progresso procede come una fiumana, sconvolgendo i vecchi assetti: la famiglia patriarcale, pure unita come un pugno chiuso, entra in crisi. La storia di ‘Ntoni e la partenza dal paese (come la fuga di Lia) segnano l’irrompere del tempo moderno nella società premoderna: si tratta di un trauma, di una rottura irrisarcibile che decreta la fine del romanzo idillico e familiare e rivela la coscienza verghiana della crisi storica della famiglia.
D’altra parte Alessi ricostituisce la casa del nespolo e il romanzo si chiude con una perfetta circolarità: passato e futuro, natura e storia, spazio chiuso e aperto, unità e disgregazione coesistono nel finale, la cui struggente nostalgia non lascia dubbi sul futuro destino della vecchia società patriarcale.
Domina, tuttavia, il tempo della natura, della ripetizione ciclica che ignora lo sviluppo e si identifica con l’alternarsi dei giorni e delle stagioni, con il ritmo dei lavori agricoli e delle ricorrenze religiose. È il tempo circolare che ritorna perennemente su se stesso, la cui saggezza è distillata nei proverbi, depositari di verità secolari, eternamente valide; un tempo che ha i suoi riferimenti naturali fissi nel mare, nel cielo e nelle costellazioni. Tutto ritorna e si ripete come sempre nel paese contemplato da ‘Ntoni nel finale del romanzo, che da una parte conclude circolarmente la vicenda dei Malavoglia (Alessi), dall’altra registra uno strappo, il viaggio verso l’ignoto e il tempo della storia di ‘Ntoni (cfr. «L’addio di ‘Ntoni»).
Il tempo storico infatti non scompare, ma entra nel racconto fin dal primo capitolo con l’inizio degli eventi che colpiscono la famiglia Malavoglia tra il 1865 e il 1878. La storia nazionale (la leva, le tasse, Lissa), i segni del progresso (la concorrenza della pesca industriale, il treno che porta via i coscritti) hanno effetti sconvolgenti sull’immobilità ripetitiva dell’arcaica vita dei pescatori. Le difficoltà economiche della famiglia Malavoglia cominciano proprio con la partenza di ‘Ntoni per il servizio militare; da qui il negozio dei lupini e il naufragio. La morte di Luca nella battaglia di Lissa segna l’ulteriore degradazione della famiglia. Il viaggio di ‘Ntoni nel mondo moderno del Continente mette inoltre in crisi radicale il sistema di valori del nonno.
L’intervento della storia provoca la distruzione della società patriarcale. Non esiste possibilità di comunicazione e di mediazione tra i due mondi.
Al conflitto tra tempo del progresso e tempo della natura corrisponde il diverso modularsi del rapporto tra tempo della storia e tempo del racconto nei quindici capitoli del romanzo. Il tempo della stona si viene dilatando sempre di più, mentre si concentra quello del racconto (cfr. § 4). Non a caso, nella prima parte, al centro della narrazione è il personaggio di padron ‘Ntoni, che rappresenta la legge patriarcale del lavoro e dell’onore, mentre nella seconda protagonista diventa il giovane ‘Ntoni che contrappone al nonno la legge "moderna" del progresso e della ricchezza.
L’opposizione si riflette anche nei tempi verbali. Alla prevalenza dell’imperfetto, il tempo della coralità, della ripetizione ciclica della natura (il mare che ripete sempre la solita storia) subentra il passato remoto, che scandisce il dramma storico di ‘Ntoni; il passato remoto introduce sullo sfondo del paese il tempo della storia, della separazione delle antiche radici, che simboleggia l’addio a un’intera civiltà (cfr. «L’addio di ‘Ntoni»).
L’opposizione tra tempo della natura e tempo della storia rimanda a quella tra spazio del paese e spazio della città. L’universo di Aci Trezza è chiuso in se stesso, privo di rapporti con il macrocosmo nazionale. La regressione dell’autore nell’ottica del narratore popolare pone in primo piano, in tutto il romanzo, lo spazio astorico della società rurale. Esso è mostrato come luogo sociale, in tutte le articolazioni in cui si svolge la vita collettiva, nella piazza, all’osteria, al lavatoio, sul sagrato, nelle botteghe. Manca tuttavia una rappresentazione realistica del villaggio: non ci sono strade, le case sono sempre viste dall’esterno, anche la casa del nespolo. Al tempo etnologico risponde uno spazio idealizzato, che riflette la nostalgia di un mondo di sereno raccoglimento opposto alle passioni turbinose della vita cittadina. Questa unione tra indeterminatezza favolistica del tempo e dello spazio e precisione geografica caratterizza il romanzo fin dall’inizio (cfr. l’inizio dei «Malavoglia»).
Oltre i confini paesani c’è il mondo esterno, l’ignoto pieno di minacce e di pericoli. A Riposto ci si imbarca per non tornare più. Catania, Napoli, Trieste rappresentano un altro mondo, diverso, immenso, che costituisce il luogo del vagabondaggio e della perdizione.
Lo spazio esterno della città, tuttavia, è fonte non solo di pericolo, ma anche di fascino: la città appare a ‘Ntoni lo spazio del consumo, del lusso, del benessere. È luogo di un’emigrazione giovanile in cerca di fortuna. L’esperienza dello spazio esterno mette in crisi nel giovane la morale patriarcale del lavoro e del sacrificio, maturando in lui l’inquietudine e la rivolta. Ciò scardina l’immobilità della tradizione e la stabilità della famiglia.
Lo spazio del paese è pure ambivalente. Appare nido protettivo per padron ‘Ntoni, Mena, compare Alfio, spazio mitico nel ricordo nostalgico di ‘Ntoni, quando deve lasciarlo. In realtà non è uno spazio idillico, un rifugio sicuro dalle insidie del mondo esterno. Esso stesso è attraversato dalla lotta per la vita, dall’egoismo e dalle passioni feroci che caratterizzano ovunque l’esistenza dell’uomo. Sono paesani avidi, speculatori e usurai, come zio Crocifisso, compare Piedipapera e don Silvestro a procurare la rovina dei Malavoglia.
Questo spazio del paese non costituisce un’unità organica, ma contiene in sé un’altra opposizione, quella tra il paese e fa casa del nespolo, unico spazio positivo, idillico e familiare, che fa da argine alla violenza del mondo esterno. Lo stesso ribelle ‘Ntoni sente questa unità solidale e per lungo tempo vince il desiderio di andarsene per non recare dolore alla madre, come sacrifica l’amore per Barbara per restare con la famiglia in difficoltà.
Tuttavia il tempo del progresso procede come una fiumana, sconvolgendo i vecchi assetti: la famiglia patriarcale, pure unita come un pugno chiuso, entra in crisi. La storia di ‘Ntoni e la partenza dal paese (come la fuga di Lia) segnano l’irrompere del tempo moderno nella società premoderna: si tratta di un trauma, di una rottura irrisarcibile che decreta la fine del romanzo idillico e familiare e rivela la coscienza verghiana della crisi storica della famiglia.
D’altra parte Alessi ricostituisce la casa del nespolo e il romanzo si chiude con una perfetta circolarità: passato e futuro, natura e storia, spazio chiuso e aperto, unità e disgregazione coesistono nel finale, la cui struggente nostalgia non lascia dubbi sul futuro destino della vecchia società patriarcale.
Tratto da Luperini, La scrittura e l'interpretazione (ediz. rossa), vol. III, tomo 1, pp. 290-291
Postato il 5 gennaio 2011
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