Onore ai giurati di Oslo che non hanno accettato il ricatto cinese
di Nicoletta Tiliacos
Onore al merito dei giurati del Nobel per la Pace, che dopo una lunga serie di scelte politicamente corrette hanno premiato ieri il dissidente cinese Liu Xiaobo, per il quale ieri il presidente americano Obama, oltre alla Francia e alla Germania hanno chiesto la liberazione.
Cinquantatré anni, scrittore, tra i principali promotori di Carta 08, manifesto per la democrazia in Cina, condannato a undici anni di detenzione per “istigazione alla sovversione” il giorno di Natale del 2009, nella speranza che la notizia passasse inosservata sulla stampa internazionale. In precedenza, dopo Tienanmen, Liu Xiaobo aveva passato venti mesi in prigione, e nel 1996 era stato condannato a tre anni di campo di rieducazione al lavoro. Onore al merito del comitato per il Nobel, dunque, anche perché la scelta di Liu Xiaobo arriva nonostante le fortissime pressioni contrarie di Pechino, che aveva promesso gelo nelle relazioni con la Norvegia se il comitato avesse confermato l’orientamento trapelato nelle scorse settimane.
Pechino ha subito convocato l’ambasciatore della Norvegia e il ministro degli Esteri cinese, che ha definito il premio al dissidente “un’oscenità”, ha ribadito che “Liu Xiaobo è un criminale condannato dal sistema giudiziario cinese perché ha infranto le leggi”. La polizia ha intanto l’incarico di pattugliare la casa di Liu Xiaobo, per impedire che la moglie possa essere intervistata (lo ha fatto la Bbc, prima di essere interrotta). Nella motivazione del Nobel, si fa riferimento all’articolo 35 della Costituzione cinese, il quale “stabilisce che i cittadini godono delle libertà di associazione, di assemblea, di manifestazione e di discorso”. Libertà di carta straccia, che “in realtà non vengono messe in pratica”. Per oltre vent’anni, “Liu è stato un grande difensore dell’applicazione di questi diritti”. Con Carta 08 (che si richiama al famoso manifesto della dissidenza cecoslovacca: non a caso a proporre Liu Xiaobo per il Nobel è stato l’ex presidente ceco Václav Havel, promotore di Charta ’77), egli “ha costantemente sottolineato questi diritti violati dalla Cina.
La campagna per il rispetto e l’applicazione dei diritti umani fondamentali è stata portata avanti da tanti cinesi e Liu è diventato il simbolo principale di questa lotta”. Carta 08 chiede il riconoscimento della libertà e di valori come “l’integrità, dignità, libertà di ogni persona”. Diritti milioni di volte calpestati nella Cina lanciata nella corsa alla ricchezza, che unisce sfruttamento senza limiti e abissale disprezzo per la vita umana. E’ la Cina dei campi di rieducazione, dei manicomi per i dissidenti, degli aborti forzati per chi viola la regola del figlio unico, della limitazione della libertà religiosa, di stampa, di espressione. Se la comunità degli attivisti democratici cinesi saluta con gioia e speranza il Nobel al dissidente, all’occidente tocca ora onorare quella scelta.
Cinquantatré anni, scrittore, tra i principali promotori di Carta 08, manifesto per la democrazia in Cina, condannato a undici anni di detenzione per “istigazione alla sovversione” il giorno di Natale del 2009, nella speranza che la notizia passasse inosservata sulla stampa internazionale. In precedenza, dopo Tienanmen, Liu Xiaobo aveva passato venti mesi in prigione, e nel 1996 era stato condannato a tre anni di campo di rieducazione al lavoro. Onore al merito del comitato per il Nobel, dunque, anche perché la scelta di Liu Xiaobo arriva nonostante le fortissime pressioni contrarie di Pechino, che aveva promesso gelo nelle relazioni con la Norvegia se il comitato avesse confermato l’orientamento trapelato nelle scorse settimane.
Pechino ha subito convocato l’ambasciatore della Norvegia e il ministro degli Esteri cinese, che ha definito il premio al dissidente “un’oscenità”, ha ribadito che “Liu Xiaobo è un criminale condannato dal sistema giudiziario cinese perché ha infranto le leggi”. La polizia ha intanto l’incarico di pattugliare la casa di Liu Xiaobo, per impedire che la moglie possa essere intervistata (lo ha fatto la Bbc, prima di essere interrotta). Nella motivazione del Nobel, si fa riferimento all’articolo 35 della Costituzione cinese, il quale “stabilisce che i cittadini godono delle libertà di associazione, di assemblea, di manifestazione e di discorso”. Libertà di carta straccia, che “in realtà non vengono messe in pratica”. Per oltre vent’anni, “Liu è stato un grande difensore dell’applicazione di questi diritti”. Con Carta 08 (che si richiama al famoso manifesto della dissidenza cecoslovacca: non a caso a proporre Liu Xiaobo per il Nobel è stato l’ex presidente ceco Václav Havel, promotore di Charta ’77), egli “ha costantemente sottolineato questi diritti violati dalla Cina.
La campagna per il rispetto e l’applicazione dei diritti umani fondamentali è stata portata avanti da tanti cinesi e Liu è diventato il simbolo principale di questa lotta”. Carta 08 chiede il riconoscimento della libertà e di valori come “l’integrità, dignità, libertà di ogni persona”. Diritti milioni di volte calpestati nella Cina lanciata nella corsa alla ricchezza, che unisce sfruttamento senza limiti e abissale disprezzo per la vita umana. E’ la Cina dei campi di rieducazione, dei manicomi per i dissidenti, degli aborti forzati per chi viola la regola del figlio unico, della limitazione della libertà religiosa, di stampa, di espressione. Se la comunità degli attivisti democratici cinesi saluta con gioia e speranza il Nobel al dissidente, all’occidente tocca ora onorare quella scelta.
«Il Foglio» dell'8 ottobre 2010
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