s. i. a.
Un dissidente cinese di 54 anni, forse il più famoso, in carcere con undici anni da scontare, è il successore di Barack Obama come premio Nobel per la pace. Il Comitato norvegese che presiede l'assegnazione del premio, nelle motivazioni, ha definito Liu Xiaobo come "un simbolo della lotta per i diritti umani in Cina"; Thorbjoern Jagland, presidente del Comitato, ha aggiunto che "la Cina è diventata una grande potenza in termini sia economici che politici, ed è normale che le grandi potenze vengano a trovarsi sotto il faro della critica".
Nel corso degli anni Liu Xiaobo, da sempre sostenitore di una lotta non violenta per un graduale cambio di corso nel grande paese asiatico, è diventato uno dei personaggi più conosciuti del frammentato arcipelago del "dissenso" cinese; partecipò alle vicende di piazza Tian Anmen nel 1989 (operando per convincere gli studenti a lasciare la piazza) e per questo venne incarcerato una prima volta per due anni; di nuovo finì in carcere nel 1996, per cinque anni, per aver firmato con altri una lettera aperta in cui chiedeva l'impeachment dell'allora presidente Jiang Zemin. La rottura definitiva con le autorità di Pechino è venuta nel dicembre 2008, con l'arresto solo poche ore prima che vedesse la luce il documento chiamato Carta 08 (echeggiando la celebre Carta 77 di Praga), redatto da lui e da altri e teso a invocare maggiori libertà e la fine del dominio del Partito comunista. Un documento che le autorità cinesi interpretarono come una grave e diretta sfida. Nel successivo processo Liu venne condannato a 11 anni di carcere per sovversione.
La nomina di Liu Xiaobo era abbastanza attesa: nel folto gruppo di candidati al Nobel 2010 era considerato uno dei massimi favoriti. La sua candidatura era appoggiata da premi Nobel passati come il Dalai Lama (ovviamente) e il vescovo sudafricano Desmond Tutu, e da molti altri personaggi di spicco.
Ci si attendono ora aspre reazioni da parte di Pechino a quello che indubbiamente costituisce uno schiaffo alla sua politica e una pesante ripresa della pressione occidentale sulla Cina in materia di diritti umani, dopo una relativa tregua negli ultimi due-tre anni. Forse non a caso, la nomina arriva nel momento in cui la tensione fra Washington (spalleggiata dalla Ue) e Pechino è ai massimi sul piano degli equilibri monetari, come il premier . Già oggi, la trasmissione in diretta della premiazione fatta dalla Cnn e da altre emittenti via satellite è stata oscurata; i primi commenti ufficiali non si scostano da quelli rilasciati nei giorni scorsi col moltiplicarsi delle notizie sulla candidatura di Liu Xiaobo: "La persona in questione è un criminale che ha violato le leggi del suo paese e per questo è stato condannato dall'autorità giudiziaria. Premiarla è completamente contradditorio con lo spirito del Nobel e produrrà conseguenze sulle relazioni tra la Cina e la Norvegia".
Nel corso degli anni Liu Xiaobo, da sempre sostenitore di una lotta non violenta per un graduale cambio di corso nel grande paese asiatico, è diventato uno dei personaggi più conosciuti del frammentato arcipelago del "dissenso" cinese; partecipò alle vicende di piazza Tian Anmen nel 1989 (operando per convincere gli studenti a lasciare la piazza) e per questo venne incarcerato una prima volta per due anni; di nuovo finì in carcere nel 1996, per cinque anni, per aver firmato con altri una lettera aperta in cui chiedeva l'impeachment dell'allora presidente Jiang Zemin. La rottura definitiva con le autorità di Pechino è venuta nel dicembre 2008, con l'arresto solo poche ore prima che vedesse la luce il documento chiamato Carta 08 (echeggiando la celebre Carta 77 di Praga), redatto da lui e da altri e teso a invocare maggiori libertà e la fine del dominio del Partito comunista. Un documento che le autorità cinesi interpretarono come una grave e diretta sfida. Nel successivo processo Liu venne condannato a 11 anni di carcere per sovversione.
La nomina di Liu Xiaobo era abbastanza attesa: nel folto gruppo di candidati al Nobel 2010 era considerato uno dei massimi favoriti. La sua candidatura era appoggiata da premi Nobel passati come il Dalai Lama (ovviamente) e il vescovo sudafricano Desmond Tutu, e da molti altri personaggi di spicco.
Ci si attendono ora aspre reazioni da parte di Pechino a quello che indubbiamente costituisce uno schiaffo alla sua politica e una pesante ripresa della pressione occidentale sulla Cina in materia di diritti umani, dopo una relativa tregua negli ultimi due-tre anni. Forse non a caso, la nomina arriva nel momento in cui la tensione fra Washington (spalleggiata dalla Ue) e Pechino è ai massimi sul piano degli equilibri monetari, come il premier . Già oggi, la trasmissione in diretta della premiazione fatta dalla Cnn e da altre emittenti via satellite è stata oscurata; i primi commenti ufficiali non si scostano da quelli rilasciati nei giorni scorsi col moltiplicarsi delle notizie sulla candidatura di Liu Xiaobo: "La persona in questione è un criminale che ha violato le leggi del suo paese e per questo è stato condannato dall'autorità giudiziaria. Premiarla è completamente contradditorio con lo spirito del Nobel e produrrà conseguenze sulle relazioni tra la Cina e la Norvegia".
«Il manifesto» dell'8 ottobre 2010
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