di Luca Gallesi
Una lunga e consolidata tradizione descrive il regno di Elisabetta I d’Inghilterra (1558-1603) come un’era di splendore, durante la quale fiorivano le arti e la Divina Provvidenza vegliava sui sudditi inglesi attraverso la Regina Vergine, dispensatrice di serenità, pace e giustizia. Peccato che, come tanti luoghi comuni della storia, dalla «leggenda nera dell’Inquisizione» alle «armi di distruzione di massa» di Saddam Hussein, anche il mito dell’età dell’oro elisabettiana sia un’abile invenzione propagandistica. Questa, almeno, è la tesi di fondo del godibilissimo saggio
Elisabetta la sanguinaria di Elisabetta Sala, che conclude l’analisi storica della Riforma inglese iniziata con L’ira del Re è morte, pubblicato due anni fa per lo stesso editore.
Quello della nascita della Chiesa anglicana è un periodo storico tornato di attualità grazie alla recente visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, che, pur accompagnata dalle prevedibili polemiche 'antipapiste', non ha riaperto le antiche e dolorosissime ferite conseguenti allo scisma di Enrico VIII, che costrinse al martirio migliaia di cattolici e distrusse un patrimonio di beni dal valore incalcolabile. La persecuzione anticattolica inaugurata dal Re Tudor e ripresa da sua figlia fu, infatti, il primo esempio di quella sanguinosa serie di genocidi che caratterizza la modernità.
Morto Enrico VI, il giovane figlio di Enrico VIII, e dopo l’ancora più breve parentesi di Maria Tudor, regina cattolica amata dal popolo, a cui la propaganda protestante impose ingiustamente il nomignolo di Sanguinaria, nel gennaio 1559 viene incoronata Elisabetta, figlia – illegittima, poiché le loro nozze erano state annullate – di Enrico e Anna Bolena. Appena diventata regina, comincia a insozzare la memoria della sorella Maria, mal sopportando l’idea che i suoi sudditi preferissero portare il lutto per la morte di lei piuttosto che gioire per la sua salita al trono.
Tra le prime leggi sottoposte dalla nuova sovrana al Parlamento, che subito le approvò, ci sono un nuovo Atto di Supremazia, che abrogava le riforme di Maria, e un nuovo Atto di Uniformità, che imponeva a tutti i sudditi la liturgia protestante. La Regina era il Supremo Governatore della Chiesa anglicana, e da allora in poi, diventava obbligatoria per ogni cittadino la presenza alla funzione religiosa anglicana, e reato partecipare alla Messa cattolica.
Una fitta rete di spie – i churchwardens – veniva creata appositamente per controllare la vita religiosa degli inglesi, che non furono mai altrettanto meticolosamente spiati e controllati.
Le storie, spesso eroiche, dei fedeli che non vollero abiurare l’antica fede, aiutati anche da missionari appositamente inviati in incognito in terra d’Albione, vengono raccontate dall’autrice con passione e dovizia di particolari, mettendo così a disposizione del lettore un’analisi completa del periodo dal punto di vista storico, che viene integrato da un originale e brillante approfondimento letterario. La rinascita della letteratura inglese, infatti, che, contrariamente a quanto solitamente creduto non comincia con Elisabetta, ma sotto Maria, con la pubblicazione nel 1557 della Tottel’s Miscellany, raggiunge il culmine con l’opera del Grande Bardo, ovvero William Shakespeare, nato ed educato in una famiglia cattolica, e molto probabilmente cattolico egli stesso. L’interpretazione delle sue opere, infatti, proposta da Elisabetta Sala alla luce della dottrina cattolica, permette di superare molte contraddizioni e svelare altrettanti misteri. Valga per tutti un commento sull’opera più celebre, l’Amleto , che presenta molti inequivocabili riferimenti al cattolicesimo, tra cui l’esistenza di un Purgatorio, da cui viene il fantasma del padre, le cui sofferenze possono essere lenite dalle preghiere dei vivi; poi, Shakespeare ci parla della possibilità di meritarsi il Paradiso anche all’ultimo minuto di vita, grazie ai sacramenti e al pentimento, tutte verità di fede cattolica.
Elisabetta Sala, ELISABETTA LA SANGUINARIA, Ares, pp. 376, € 20,00
Elisabetta la sanguinaria di Elisabetta Sala, che conclude l’analisi storica della Riforma inglese iniziata con L’ira del Re è morte, pubblicato due anni fa per lo stesso editore.
Quello della nascita della Chiesa anglicana è un periodo storico tornato di attualità grazie alla recente visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, che, pur accompagnata dalle prevedibili polemiche 'antipapiste', non ha riaperto le antiche e dolorosissime ferite conseguenti allo scisma di Enrico VIII, che costrinse al martirio migliaia di cattolici e distrusse un patrimonio di beni dal valore incalcolabile. La persecuzione anticattolica inaugurata dal Re Tudor e ripresa da sua figlia fu, infatti, il primo esempio di quella sanguinosa serie di genocidi che caratterizza la modernità.
Morto Enrico VI, il giovane figlio di Enrico VIII, e dopo l’ancora più breve parentesi di Maria Tudor, regina cattolica amata dal popolo, a cui la propaganda protestante impose ingiustamente il nomignolo di Sanguinaria, nel gennaio 1559 viene incoronata Elisabetta, figlia – illegittima, poiché le loro nozze erano state annullate – di Enrico e Anna Bolena. Appena diventata regina, comincia a insozzare la memoria della sorella Maria, mal sopportando l’idea che i suoi sudditi preferissero portare il lutto per la morte di lei piuttosto che gioire per la sua salita al trono.
Tra le prime leggi sottoposte dalla nuova sovrana al Parlamento, che subito le approvò, ci sono un nuovo Atto di Supremazia, che abrogava le riforme di Maria, e un nuovo Atto di Uniformità, che imponeva a tutti i sudditi la liturgia protestante. La Regina era il Supremo Governatore della Chiesa anglicana, e da allora in poi, diventava obbligatoria per ogni cittadino la presenza alla funzione religiosa anglicana, e reato partecipare alla Messa cattolica.
Una fitta rete di spie – i churchwardens – veniva creata appositamente per controllare la vita religiosa degli inglesi, che non furono mai altrettanto meticolosamente spiati e controllati.
Le storie, spesso eroiche, dei fedeli che non vollero abiurare l’antica fede, aiutati anche da missionari appositamente inviati in incognito in terra d’Albione, vengono raccontate dall’autrice con passione e dovizia di particolari, mettendo così a disposizione del lettore un’analisi completa del periodo dal punto di vista storico, che viene integrato da un originale e brillante approfondimento letterario. La rinascita della letteratura inglese, infatti, che, contrariamente a quanto solitamente creduto non comincia con Elisabetta, ma sotto Maria, con la pubblicazione nel 1557 della Tottel’s Miscellany, raggiunge il culmine con l’opera del Grande Bardo, ovvero William Shakespeare, nato ed educato in una famiglia cattolica, e molto probabilmente cattolico egli stesso. L’interpretazione delle sue opere, infatti, proposta da Elisabetta Sala alla luce della dottrina cattolica, permette di superare molte contraddizioni e svelare altrettanti misteri. Valga per tutti un commento sull’opera più celebre, l’Amleto , che presenta molti inequivocabili riferimenti al cattolicesimo, tra cui l’esistenza di un Purgatorio, da cui viene il fantasma del padre, le cui sofferenze possono essere lenite dalle preghiere dei vivi; poi, Shakespeare ci parla della possibilità di meritarsi il Paradiso anche all’ultimo minuto di vita, grazie ai sacramenti e al pentimento, tutte verità di fede cattolica.
Elisabetta Sala, ELISABETTA LA SANGUINARIA, Ares, pp. 376, € 20,00
Un saggio svela il vero volto di Elisabetta I, che completò con un bagno di sangue lo scisma anglicano e venne trasfigurata dalla propaganda
«Avvenire» del 9 ottobre 2010
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