02 ottobre 2010

I cognati spuntano quando si dà la supplenza della politica ai media

La delega
di Marianna Rizzini
Parla Ritanna Armeni
Una politica che, per coprire il vuoto di idee e l’immobilismo, “delega” ad altri – oggi ai mass media come ai tempi di Tangentopoli alla magistratura – e un intero sistema che crolla, finendo per farsi “dettare la linea” dal Giornale di Vittorio Feltri, da un lato, e dalla Repubblica di Ezio Mauro ed Eugenio Scalfari dall’altro (o da talk show e tigì): questo scriveva ieri Ritanna Armeni nella sua column sul Riformista. Dopo il discorso alla Camera di Silvio Berlusconi, Ritanna Armeni è sempre più convinta che questa “delega”, lungi dal supplire all’assenza di politica, abbia provocato “danni culturali profondi: ormai al bar quelli che parlano della cucina di Tulliani o delle veline pensano di parlare di politica”.
Il premier, dice Ritanna Armeni, “ha fatto un discorso che non cambia nulla. Poteva anche non farlo. Pier Luigi Bersani, dal canto suo, ha detto che era ‘incommentabile’. Ma visto che il giorno prima aveva detto che Berlusconi se ne doveva andare, dopo il discorso avrebbe dovuto spiegare perché, avanzare proposte”. Invece è rimasto sull’“andate a casa” generico. Tutto questo, dice Armeni, “dimostra che dietro l’insulto e lo scandalo sui giornali non c’è niente: al primo abbassamento di toni, si scopre il vuoto pneumatico dalle due parti. I giornali naturalmente fanno il loro mestiere, e infatti il problema sta nella delega. Se il governo Berlusconi avesse fatto quello che prometteva di fare non ci sarebbe stato bisogno di attaccarsi alla cucina del cognato. Se l’opposizione avesse fatto l’opposizione non ci si sarebbe ridotti a fare manifestazioni per il contratto di Travaglio, per quello della Dandini o per l’editoriale di Minzolini. Senza nulla togliere ai suddetti, sia chi fa politica minacciando di non fare il contratto sia chi fa politica dicendo ‘se non lo fate c’è il regime’ mostra l’impoverimento del quadro. I media vanno a riempire il nulla, senza però ovviare alla mancanza di un pensiero politico a destra e a sinistra. Si ritirerebbero, se solo gli altri riprendessero il loro ruolo”. Il vuoto, dice Armeni, viene da lontano: “Dopo l’89 la sinistra perde la sua linea. Con il crollo della Prima Repubblica, non a caso, nascono forze politiche con forti componenti antipolitiche, Forza Italia e Lega. Ma l’opposizione ha grandi responsabilità”.
“Negli anni di Tangentopoli”, dice Ritanna Armeni, “le forze di opposizione hanno mangiato se stesse delegando alla magistratura. Ora è la maggioranza che mangia se stessa. Da un lato non ha agito, nonostante la superiorità numerica, dall’altro si è appoggiata a pagine di giornale traboccanti di scandali. La situazione di allora è simile a quella di oggi, e però oggi i soggetti che rischiano di essere sommersi sono quelli che hanno provocato la deflagrazione. A sinistra, intanto, si cerca il papa straniero, magari tra i direttori di giornale. E non c’è da stupirsi, visto che la linea la dettano loro. Per contrasto, mi ha molto colpito l’ascesa di Ed Miliband in Gran Bretagna. Miliband è rimasto sulle sue posizioni pur avendo i media contro, tanto che persino ora quei media appaiono scettici, prefigurando per lui vita difficile e dicendo ‘è stato eletto con voti di sinistra ma dovrà guardare al ceto medio’. Sono sconcertati perché Miliband non ha fatto passi indietro. Ecco, a noi servirebbe un leader capace di dire ‘la penso così e in nome di questo aggrego o vado in minoranza’”.
La “delega” a giornali e talk show, dice Armeni, “impedisce la mediazione. Così ci si ritrova nel caos attuale, dove spiccano interessi che ci sono sempre stati, ma che deflagrano in direzioni non sempre auspicabili se la politica non è lì a mediare: lo si è visto nel caso di un governo caratterizzato dall’esistenza di faccendieri, corrotti, gente che si fa i fatti suoi”. Armeni non è molto ottimista. Vorrebbe trovarsi “finalmente” a un “dibattito in cui non si parla di veline ma, magari, di rapporto dell’uomo italiano con le donne”. Macché: “A nessuno interessa. Il discorso si fa subito scandalistico e moralistico. Non è più politica, è un’altra cosa. E d’altro canto non si capisce perché la politica italiana debba dipendere dalle maniglie della cucina del cognato di Fini. In questo panorama disperante, mi viene da citare Mao Tse Tung: ‘Grande è il disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente’. Speriamo che dal caos nasca qualcosa”.
«Il Foglio» del 30 settembre 2010

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