di Massimo Gramellini
Con una scelta in palese controtendenza, a Versailles hanno aperto la prima palestra per il cervello. All’ufficio-iscrizioni non prevedono code. L’obiettivo è rafforzare la capacità di concentrazione degli esseri umani. Ho cercato di leggere la notizia fino in fondo, ma a metà della seconda frase è suonato il telefono, sono arrivate due mail, un collega è entrato nella mia stanza e in tv il Fulham ha fatto il quarto gol alla Juve. Restare fermi su qualsiasi oggetto per più di un nanosecondo è ormai diventato un gesto contro natura. Le interruzioni pubblicitarie durante i film erano una coltellata, adesso le aspettiamo come da ragazzi la campanella alla fine delle lezione. A teatro ho visto persone battere nervosamente i piedi dopo appena un quarto d'ora: e non perché lo spettacolo fosse brutto, ma per l’incapacità di seguire il filo del discorso (la nuova unità di misura della nostra mente è lo spot).
Ecco, dopo gli strappi, le pause, le discese ardite e le risalite, sono infine giunto al culmine della notizia: la palestra curerà il cervello attraverso i libri. Che bella scoperta. Solo la lettura muove i muscoli dell’astrazione e i meccanismi arrugginiti della riflessione. Ma per funzionare ha bisogno di non essere interrotta continuamente dagli stimoli superficiali e invadenti della realtà. Vittorio Alfieri si faceva legare a una sedia per scrivere. Noi, di questo passo, per leggere. Il cervello è un amante esclusivo. Si riaccende solo quando spegni tutto il resto.
Ecco, dopo gli strappi, le pause, le discese ardite e le risalite, sono infine giunto al culmine della notizia: la palestra curerà il cervello attraverso i libri. Che bella scoperta. Solo la lettura muove i muscoli dell’astrazione e i meccanismi arrugginiti della riflessione. Ma per funzionare ha bisogno di non essere interrotta continuamente dagli stimoli superficiali e invadenti della realtà. Vittorio Alfieri si faceva legare a una sedia per scrivere. Noi, di questo passo, per leggere. Il cervello è un amante esclusivo. Si riaccende solo quando spegni tutto il resto.
«La Stampa» del 19 marzo 2010
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