C'era una volta il pantheon marxista. Oggi il popolo viola e la base del Pd cercano nuovi maestri. E li trovano nel pensiero azionista, negli scrittori del Novecento ma anche nella democrazia ateniese. E voi a chi vi ispirate?
di Lara Crinò
Quali sono, oggi, i padri spirituali dell'Italia che non ci sta, di quella fetta di paese che si oppone al modello culturale e al regime berlusconiano?
Da quando lo scontro nel paese si è acuito, dopo l'escalation di leggi ad personam prodotto dal governo, sia in rete sia in piazza la dissidenza italiana è andata alla ricerca di "maestri" a cui far riferimento. Padri della Repubblica (come Sandro Pertini o Pietro Calamandrei), filosofi come Hannah Arendt, ma spesso anche personaggi dell'antichità (come Pericle) o scrittori più recenti come George Orwell ed Elsa Morante. Un pantheon che può sembrare disomogeneo ma che invece è formativo di un'identità politica. Un'identità politica che, con la fine delle ideologie, dismette il pensiero marxista (ma 'salva' Antonio Gramsci) e, se recupera la Resistenza, lo fa facendo riferimento più alla sua anima azionista che a quella comunista. Non è un caso che Gianfranco Mascia, tra i promotori del Popolo Viola e autore dell'instant book 'Il Libro Viola', racconti che una delle riunioni del movimento si è tenuta, a Roma, nello storico circolo 'Giustizia e Libertà' e teorizzi che nell'accezione di 'Popolo' dei Viola ci sia "l'intenzione di recuperare la parola 'popolo' nella sua funzione di comunità, lontana dagli usi ideologici che ne sono stati fatti".
L'Italia che si oppone, insomma, sembra in cerca di ispirazione senza steccati di tempo e di luogo.
Così ad esempio tra i brani che più ci si scambia in Rete c'è un breve testo che Elsa Morante nel 1945 dedicò all'ingloriosa fine di Mussolini e della sua amante Claretta Petacci. Sul blog georgiamada.splinder.com un post intitolato 'Elsa Morante e la manipolazione della rete' del 15 febbraio scorso ricostruisce la nuova fortuna e le manipolazioni subite dal brano della scrittrice. Dello scritto - una pagina del 'Diario' datata 1 maggio 1945 e pubblicata su 'Paragone Letteratura' nel 1988, poi nelle 'Opere' (Meridiani Mondadori, 1988) il blog propone la versione integrale.
E non c'è dubbio che la descrizione che Morante faceva del Duce come d' un «uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto», e «perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo», valutandolo un politico che «presso un popolo onesto e libero, sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito» non può non colpire la fantasia di oggi.
Così come, poche righe più avanti, colpisce la similitudine con altre caratteristiche umane che molti attribuiscono al Cavalier Berlusconi: «Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto». In Rete - in altri blog e nello spazio discussioni del gruppo Facebook del Popolo Viola - circola una versione ridotta che, epurata dei riferimenti ai crimini del fascismo e dal nome di Mussolini, si presta ancor meglio a dipingere il ritratto di un premier il quale "come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s'immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare».
Molto citato nelle ultime settimane è anche l'ex partigiano Sandro Pertini, presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, scomparso nel 1990. Il suo volto appare in molti cortei con la scritta "lui non avrebbe firmato", in riferimento ai cedimenti mostrati da Napolitano. Spesso diventa addirittura il protagonista di cori quasi da stadio: «Un presidente, c'è solo un presidente» gridavano i ragazzi in piazza del Popolo mostrando il volto di Pertini. Gli spezzoni dei suoi discorsi girano parecchio su Youtube, a iniziare dal suo intervento su 'Democrazia e fascismo'. Sul social network del Popolo Viola compare invece il suo 'Appello ai giovani' affinché difendano ciò che le generazioni precedenti hanno conquistato, in primis l'aspirazione a fare politica "con le mani pulite".
Del giurista Piero Calamandrei, tra i membri della Costituente, sempre sul network del Popolo Viola si trova l'audio di un discorso pronunciato nel 1955 a Milano di fronte a un gruppo di studenti, e dedicato alla Costituzione repubblicana affinché non diventi lettera morta. Il testo integrale dell'intervento è stato pubblicato anche sul blog http://toghe.blogspot.com. In una delle pagine Facebook dedicate a Calamadrei è riportato un altro suo intervento, datato 1950 e dedicato al rapporto tra gestione della scuola, potere politico e rispetto della Costituzione, ripreso da 'L'Unità' nell'ottobre 2008.
Nelle piazze 'viola' chi sale su palco cita l'azionista Ferruccio Parri («Noi dobbiamo avere una legge, quella della libertà, della verità e della giustizia»), il secondo presidente della Repubblica Luigi Einaudi («Un paese in cui i giudici non siano e non si sentano davvero indipendenti, i quali non siano chiamati a giudicare in nome della pura giustizia, se occorre anche contro le pretese dello Stato, è un paese senza legge») e ancora don Giuseppe Dossetti («Così la stessa sovranità popolare diventa sempre più una sovranità mitica. A cui in pubblico e nei discorsi seduttori si rende culto, la si sopraesalta, ma di fatto in sostanza la si vìola»), ma anche l'Antonio Gramsci de "La citta futura" («Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: Se avessi fatto anch'io il mio dovere?»).
Non mancano i filosofi: la Hannah Arendt di 'Le origini del totalitarismo' e del saggio 'Responsabilità e giudizio' è un riferimento importante, così comeNorberto Bobbio, cui Micromega ha appena dedicato un numero monografico. E, esplorando la letteratura del Novecento, si scopre che non perdono smalto 'La fattoria degli animali' di George Orwell né le opere di Albert Camus: la 'Peste' del suo romanzo più celebre è letta ancora come metafora della dittatura, di un vuoto che si impadronisce dei corpi e delle menti.
In tempi di intercettazioni sulla volontà del premier di mettere il bavaglio all'informazione e di far chiudere programmi a lui sgraditi come 'Anno Zero' è tornata d'attualità l'ultima puntata de 'Il Fatto' di Enzo Biagi, in cui il giornalista annunciava la sua "epurazione" dalla tv di stato, insieme a Michele Santoro e al comico Daniele Luttazzi, da parte di Berlusconi.
Il giudizio tranchant di Indro Montanelli sull'Italia berlusconiana, «Il berlusconismo è la feccia che risale il pozzo», contenuto in un'intervista a 'Repubblica' del 2001 è stato citato dal direttore di Micromega, Paolo Flores d'Arcais, durante la manifestazione del 27 febbraio a Roma, dove un grande striscione riportava le parole del sociologo Alain Touraine sul nuovo movimento Viola: «Sono rimasto colpito dal pathos, dall'insistenza sulla cura della democrazia, della Costituzione, del legame sociale. E' questa affettività la vera novità, sono uomini e donne disposti a mettersi in cammino».
Ma i maestri, altre volte, sono veramente antichi. Dai tempi in cui Paolo Rossi lo portò a teatro e fu censurato dalla Rai, il discorso agli Ateniesi di Pericle, riportato da Tucidide ne "La guerra del Peloponneso" (II, 34-41) è diventato un cult.
A colpire è la sicurezza con cui Pericle poteva proclamare, nel V secolo a.C: «Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per questo è detto Democrazia. Le leggi assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo i meriti dell?eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento».
Basterebbe dire che il discorso ha il suo spazio su Facebook e che a novembre 2009 il settimanale "L'Internazionale", diretto da Giovanni De Mauro, lo ha scelto come editoriale. Il fenomeno del recupero del pensiero di politici, giornalisti, scrittori in queste nuove vesti non sfugge alla logica del taglia incolla, a quella grammatica del 'frammento' che è la grammatica di Internet fin dai suoi esordi. E c'è chi osserva come, citati fuori contesto, spesso senza fonte e in versioni modificate e corrette, questi brani rischiano di perdere la loro forza. Ma è meglio non ricordare affatto Calamandrei, Sandro Pertini, Elsa Morante, Pericle e chiunque abbia parlato di democrazia, o scoprirlo per caso, magari su Facebook, e decidere che si vuole approfondire l'argomento?
Da quando lo scontro nel paese si è acuito, dopo l'escalation di leggi ad personam prodotto dal governo, sia in rete sia in piazza la dissidenza italiana è andata alla ricerca di "maestri" a cui far riferimento. Padri della Repubblica (come Sandro Pertini o Pietro Calamandrei), filosofi come Hannah Arendt, ma spesso anche personaggi dell'antichità (come Pericle) o scrittori più recenti come George Orwell ed Elsa Morante. Un pantheon che può sembrare disomogeneo ma che invece è formativo di un'identità politica. Un'identità politica che, con la fine delle ideologie, dismette il pensiero marxista (ma 'salva' Antonio Gramsci) e, se recupera la Resistenza, lo fa facendo riferimento più alla sua anima azionista che a quella comunista. Non è un caso che Gianfranco Mascia, tra i promotori del Popolo Viola e autore dell'instant book 'Il Libro Viola', racconti che una delle riunioni del movimento si è tenuta, a Roma, nello storico circolo 'Giustizia e Libertà' e teorizzi che nell'accezione di 'Popolo' dei Viola ci sia "l'intenzione di recuperare la parola 'popolo' nella sua funzione di comunità, lontana dagli usi ideologici che ne sono stati fatti".
L'Italia che si oppone, insomma, sembra in cerca di ispirazione senza steccati di tempo e di luogo.
Così ad esempio tra i brani che più ci si scambia in Rete c'è un breve testo che Elsa Morante nel 1945 dedicò all'ingloriosa fine di Mussolini e della sua amante Claretta Petacci. Sul blog georgiamada.splinder.com un post intitolato 'Elsa Morante e la manipolazione della rete' del 15 febbraio scorso ricostruisce la nuova fortuna e le manipolazioni subite dal brano della scrittrice. Dello scritto - una pagina del 'Diario' datata 1 maggio 1945 e pubblicata su 'Paragone Letteratura' nel 1988, poi nelle 'Opere' (Meridiani Mondadori, 1988) il blog propone la versione integrale.
E non c'è dubbio che la descrizione che Morante faceva del Duce come d' un «uomo mediocre, grossolano, fuori dalla cultura, di eloquenza alquanto volgare, ma di facile effetto», e «perfetto esemplare e specchio del popolo italiano contemporaneo», valutandolo un politico che «presso un popolo onesto e libero, sarebbe stato tutto al più il leader di un partito con un modesto seguito» non può non colpire la fantasia di oggi.
Così come, poche righe più avanti, colpisce la similitudine con altre caratteristiche umane che molti attribuiscono al Cavalier Berlusconi: «Venale, corruttibile. Adulatore. Cattolico senza credere in Dio. Corruttore. Presuntuoso: Vanitoso. Bonario. Sensualità facile, e regolare. Buon padre di famiglia, ma con amanti. Scettico e sentimentale. Violento a parole, rifugge dalla ferocia e dalla violenza, alla quale preferisce il compromesso, la corruzione e il ricatto». In Rete - in altri blog e nello spazio discussioni del gruppo Facebook del Popolo Viola - circola una versione ridotta che, epurata dei riferimenti ai crimini del fascismo e dal nome di Mussolini, si presta ancor meglio a dipingere il ritratto di un premier il quale "come ogni abile mimo, non ha un carattere ben definito, e s'immagina di essere il personaggio che vuole rappresentare».
Molto citato nelle ultime settimane è anche l'ex partigiano Sandro Pertini, presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, scomparso nel 1990. Il suo volto appare in molti cortei con la scritta "lui non avrebbe firmato", in riferimento ai cedimenti mostrati da Napolitano. Spesso diventa addirittura il protagonista di cori quasi da stadio: «Un presidente, c'è solo un presidente» gridavano i ragazzi in piazza del Popolo mostrando il volto di Pertini. Gli spezzoni dei suoi discorsi girano parecchio su Youtube, a iniziare dal suo intervento su 'Democrazia e fascismo'. Sul social network del Popolo Viola compare invece il suo 'Appello ai giovani' affinché difendano ciò che le generazioni precedenti hanno conquistato, in primis l'aspirazione a fare politica "con le mani pulite".
Del giurista Piero Calamandrei, tra i membri della Costituente, sempre sul network del Popolo Viola si trova l'audio di un discorso pronunciato nel 1955 a Milano di fronte a un gruppo di studenti, e dedicato alla Costituzione repubblicana affinché non diventi lettera morta. Il testo integrale dell'intervento è stato pubblicato anche sul blog http://toghe.blogspot.com. In una delle pagine Facebook dedicate a Calamadrei è riportato un altro suo intervento, datato 1950 e dedicato al rapporto tra gestione della scuola, potere politico e rispetto della Costituzione, ripreso da 'L'Unità' nell'ottobre 2008.
Nelle piazze 'viola' chi sale su palco cita l'azionista Ferruccio Parri («Noi dobbiamo avere una legge, quella della libertà, della verità e della giustizia»), il secondo presidente della Repubblica Luigi Einaudi («Un paese in cui i giudici non siano e non si sentano davvero indipendenti, i quali non siano chiamati a giudicare in nome della pura giustizia, se occorre anche contro le pretese dello Stato, è un paese senza legge») e ancora don Giuseppe Dossetti («Così la stessa sovranità popolare diventa sempre più una sovranità mitica. A cui in pubblico e nei discorsi seduttori si rende culto, la si sopraesalta, ma di fatto in sostanza la si vìola»), ma anche l'Antonio Gramsci de "La citta futura" («Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: Se avessi fatto anch'io il mio dovere?»).
Non mancano i filosofi: la Hannah Arendt di 'Le origini del totalitarismo' e del saggio 'Responsabilità e giudizio' è un riferimento importante, così comeNorberto Bobbio, cui Micromega ha appena dedicato un numero monografico. E, esplorando la letteratura del Novecento, si scopre che non perdono smalto 'La fattoria degli animali' di George Orwell né le opere di Albert Camus: la 'Peste' del suo romanzo più celebre è letta ancora come metafora della dittatura, di un vuoto che si impadronisce dei corpi e delle menti.
In tempi di intercettazioni sulla volontà del premier di mettere il bavaglio all'informazione e di far chiudere programmi a lui sgraditi come 'Anno Zero' è tornata d'attualità l'ultima puntata de 'Il Fatto' di Enzo Biagi, in cui il giornalista annunciava la sua "epurazione" dalla tv di stato, insieme a Michele Santoro e al comico Daniele Luttazzi, da parte di Berlusconi.
Il giudizio tranchant di Indro Montanelli sull'Italia berlusconiana, «Il berlusconismo è la feccia che risale il pozzo», contenuto in un'intervista a 'Repubblica' del 2001 è stato citato dal direttore di Micromega, Paolo Flores d'Arcais, durante la manifestazione del 27 febbraio a Roma, dove un grande striscione riportava le parole del sociologo Alain Touraine sul nuovo movimento Viola: «Sono rimasto colpito dal pathos, dall'insistenza sulla cura della democrazia, della Costituzione, del legame sociale. E' questa affettività la vera novità, sono uomini e donne disposti a mettersi in cammino».
Ma i maestri, altre volte, sono veramente antichi. Dai tempi in cui Paolo Rossi lo portò a teatro e fu censurato dalla Rai, il discorso agli Ateniesi di Pericle, riportato da Tucidide ne "La guerra del Peloponneso" (II, 34-41) è diventato un cult.
A colpire è la sicurezza con cui Pericle poteva proclamare, nel V secolo a.C: «Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per questo è detto Democrazia. Le leggi assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo i meriti dell?eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento».
Basterebbe dire che il discorso ha il suo spazio su Facebook e che a novembre 2009 il settimanale "L'Internazionale", diretto da Giovanni De Mauro, lo ha scelto come editoriale. Il fenomeno del recupero del pensiero di politici, giornalisti, scrittori in queste nuove vesti non sfugge alla logica del taglia incolla, a quella grammatica del 'frammento' che è la grammatica di Internet fin dai suoi esordi. E c'è chi osserva come, citati fuori contesto, spesso senza fonte e in versioni modificate e corrette, questi brani rischiano di perdere la loro forza. Ma è meglio non ricordare affatto Calamandrei, Sandro Pertini, Elsa Morante, Pericle e chiunque abbia parlato di democrazia, o scoprirlo per caso, magari su Facebook, e decidere che si vuole approfondire l'argomento?
«L'Espresso» del 22 marzo 2010
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