16 marzo 2010

E il fascino greco conquistò i romani

Un programma di mostre di 5 anni, con opere dalla fine del III secolo al I a. C., che segnano la nascita dell’Occidente
di Marco Bussagli
C’è una bella e rara forma modale, praticamen­te intraducibile, con la quale Porcio Licinio, il grammatico amico e sodale del patrizio Lu­tazio Catulo (che sconfisse i Cimbri e i Teutoni a fianco di Mario nel 101 a.C.), indicò la rapidità con cui la Gre­cia asservì Roma alla propria arte e ai propri costumi: pinnatu grado. Potremmo tradurre «in un battito d’a­la». Ebbene sì, fu in battibaleno che Roma si ritrovò ad essere il portavoce più autorevole e convinto del verbo greco. La storia è nota. Il primo contatto con la Grecia, al di là dei rapporti commerciali fra la Magna Grecia e la madre-patria, Roma l’ebbe con la Seconda Guerra Punica, dopo aver subito la sconfitta di Annibale a Canne nel 218 a.C., la strategia romana portò la Romuli gentem feram, sempre per usare le parole di Porcio Li­cinio, a saldare i conti con gli alleati del Cartaginese e, primo fra tutti Filippo V di Macedonia, la cui iniziativa, fra il 215 ed il 205 a.C., fu bloccata sul suolo greco.
Fu questo solo l’antefatto perché, poi, cinque anni più tardi, nel 200 a.C., Rodi, Pergamo e perfino Atene, chie­sero il sostegno di Roma per frenare le mire espansio­nistiche di Filippo. Così la Seconda Guerra di Macedo­nia (200-197 a.C.) fu il proto­tipo di quelle 'guerre di libe­razione' che poi, inevitabil­mente, portavano alla con­quista delle terre 'liberate'; cosa che puntualmente av­venne. Solo che i Romani, si direbbe oggi con una frase colloquiale, «avevano fatto i conti senza l’oste»; nel senso che non avevano affatto va­lutato il fascino culturale che la Grecia poteva esercitare su Roma. I conquistatori furono irretiti dai conquistati, dalla magnificenza delle loro ope­re d’arte, dalla raffinatezza dei costumi, dalla sottigliezza del loro pensiero e perfino dall’eleganza delle loro acconciature.
I Romani presero a vivere alla greca: stava nascendo la civiltà occidentale. Senza tale compenetrazione che coniugava praticità romana e meditazione greca, lega­lità romana ed estetica gre­ca, quello che siamo abi­tuati a chiamare mondo oc­cidentale non sarebbe mai esistito. Adesso, proprio a questi temi, è dedicata una bella mostra allestita ai Musei Capitolini ed intitolata I giorni di Roma. L’età della conquista. La prima parte del titolo è destinata a ritornare perché l’esposizione è la prima di un ciclo dedicato, appunto, alla straordina­ria storia antica di questa città che ha coinciso con i destini del Mediterraneo.
La rassegna si concluderà nel 2014 e racconterà l’e­spansione, l’apogeo e la caduta dell’impero romano.
Curata da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce, con la collaborazione di Annalisa Lo Monaco, L’età del­la conquista si articola in quattro sezioni. La prima, in­titolata Dei e santuari, è dedicata alle ricostruzioni dei frontoni di alcuni templi d’età repubblicana, fra il II ed il I secolo a.C. La seconda è dedicata ai Monumenti o­norari, e, se prima della conquista della Grecia, la figu­ra del generale vincitore, era in abiti militari, corazza, mantello e lungo scettro, dal II secolo a.C. si diffondo­no soluzioni nuove, 'alla greca': i corpi sono nudi, in posa autorevole, capaci da soli di esprimere le qualità e il carisma della persona onorata. La terza, Vivere alla greca indaga l’affermazione del gusto greco in ogni am­bito del vivere, persino nel settore degli arredi domesti­ci come candelieri, tavoli, crateri e vasellame prezioso.
La quarta ed ultima sezione è riservata ai Costumi fu­nerari, che paiono rimanere legati alla tradizione ro­mana, orgogliosamente avvinti nelle pieghe delle loro toghe, simbolo del civis romanus. Corredata da un bel catalogo edito da Skira, la mostra è un vero viaggio alla radice della mentalità dell’Occidente.

Roma, Musei Capitolini, I GIORNI DI ROMA, L’età della conquista (fino al 5 settembre)
«Avvenire» del 16 marzo 2010

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