Un programma di mostre di 5 anni, con opere dalla fine del III secolo al I a. C., che segnano la nascita dell’Occidente
di Marco Bussagli
C’è una bella e rara forma modale, praticamente intraducibile, con la quale Porcio Licinio, il grammatico amico e sodale del patrizio Lutazio Catulo (che sconfisse i Cimbri e i Teutoni a fianco di Mario nel 101 a.C.), indicò la rapidità con cui la Grecia asservì Roma alla propria arte e ai propri costumi: pinnatu grado. Potremmo tradurre «in un battito d’ala». Ebbene sì, fu in battibaleno che Roma si ritrovò ad essere il portavoce più autorevole e convinto del verbo greco. La storia è nota. Il primo contatto con la Grecia, al di là dei rapporti commerciali fra la Magna Grecia e la madre-patria, Roma l’ebbe con la Seconda Guerra Punica, dopo aver subito la sconfitta di Annibale a Canne nel 218 a.C., la strategia romana portò la Romuli gentem feram, sempre per usare le parole di Porcio Licinio, a saldare i conti con gli alleati del Cartaginese e, primo fra tutti Filippo V di Macedonia, la cui iniziativa, fra il 215 ed il 205 a.C., fu bloccata sul suolo greco.
Fu questo solo l’antefatto perché, poi, cinque anni più tardi, nel 200 a.C., Rodi, Pergamo e perfino Atene, chiesero il sostegno di Roma per frenare le mire espansionistiche di Filippo. Così la Seconda Guerra di Macedonia (200-197 a.C.) fu il prototipo di quelle 'guerre di liberazione' che poi, inevitabilmente, portavano alla conquista delle terre 'liberate'; cosa che puntualmente avvenne. Solo che i Romani, si direbbe oggi con una frase colloquiale, «avevano fatto i conti senza l’oste»; nel senso che non avevano affatto valutato il fascino culturale che la Grecia poteva esercitare su Roma. I conquistatori furono irretiti dai conquistati, dalla magnificenza delle loro opere d’arte, dalla raffinatezza dei costumi, dalla sottigliezza del loro pensiero e perfino dall’eleganza delle loro acconciature.
I Romani presero a vivere alla greca: stava nascendo la civiltà occidentale. Senza tale compenetrazione che coniugava praticità romana e meditazione greca, legalità romana ed estetica greca, quello che siamo abituati a chiamare mondo occidentale non sarebbe mai esistito. Adesso, proprio a questi temi, è dedicata una bella mostra allestita ai Musei Capitolini ed intitolata I giorni di Roma. L’età della conquista. La prima parte del titolo è destinata a ritornare perché l’esposizione è la prima di un ciclo dedicato, appunto, alla straordinaria storia antica di questa città che ha coinciso con i destini del Mediterraneo.
La rassegna si concluderà nel 2014 e racconterà l’espansione, l’apogeo e la caduta dell’impero romano.
Curata da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce, con la collaborazione di Annalisa Lo Monaco, L’età della conquista si articola in quattro sezioni. La prima, intitolata Dei e santuari, è dedicata alle ricostruzioni dei frontoni di alcuni templi d’età repubblicana, fra il II ed il I secolo a.C. La seconda è dedicata ai Monumenti onorari, e, se prima della conquista della Grecia, la figura del generale vincitore, era in abiti militari, corazza, mantello e lungo scettro, dal II secolo a.C. si diffondono soluzioni nuove, 'alla greca': i corpi sono nudi, in posa autorevole, capaci da soli di esprimere le qualità e il carisma della persona onorata. La terza, Vivere alla greca indaga l’affermazione del gusto greco in ogni ambito del vivere, persino nel settore degli arredi domestici come candelieri, tavoli, crateri e vasellame prezioso.
La quarta ed ultima sezione è riservata ai Costumi funerari, che paiono rimanere legati alla tradizione romana, orgogliosamente avvinti nelle pieghe delle loro toghe, simbolo del civis romanus. Corredata da un bel catalogo edito da Skira, la mostra è un vero viaggio alla radice della mentalità dell’Occidente.
Roma, Musei Capitolini, I GIORNI DI ROMA, L’età della conquista (fino al 5 settembre)
Fu questo solo l’antefatto perché, poi, cinque anni più tardi, nel 200 a.C., Rodi, Pergamo e perfino Atene, chiesero il sostegno di Roma per frenare le mire espansionistiche di Filippo. Così la Seconda Guerra di Macedonia (200-197 a.C.) fu il prototipo di quelle 'guerre di liberazione' che poi, inevitabilmente, portavano alla conquista delle terre 'liberate'; cosa che puntualmente avvenne. Solo che i Romani, si direbbe oggi con una frase colloquiale, «avevano fatto i conti senza l’oste»; nel senso che non avevano affatto valutato il fascino culturale che la Grecia poteva esercitare su Roma. I conquistatori furono irretiti dai conquistati, dalla magnificenza delle loro opere d’arte, dalla raffinatezza dei costumi, dalla sottigliezza del loro pensiero e perfino dall’eleganza delle loro acconciature.
I Romani presero a vivere alla greca: stava nascendo la civiltà occidentale. Senza tale compenetrazione che coniugava praticità romana e meditazione greca, legalità romana ed estetica greca, quello che siamo abituati a chiamare mondo occidentale non sarebbe mai esistito. Adesso, proprio a questi temi, è dedicata una bella mostra allestita ai Musei Capitolini ed intitolata I giorni di Roma. L’età della conquista. La prima parte del titolo è destinata a ritornare perché l’esposizione è la prima di un ciclo dedicato, appunto, alla straordinaria storia antica di questa città che ha coinciso con i destini del Mediterraneo.
La rassegna si concluderà nel 2014 e racconterà l’espansione, l’apogeo e la caduta dell’impero romano.
Curata da Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce, con la collaborazione di Annalisa Lo Monaco, L’età della conquista si articola in quattro sezioni. La prima, intitolata Dei e santuari, è dedicata alle ricostruzioni dei frontoni di alcuni templi d’età repubblicana, fra il II ed il I secolo a.C. La seconda è dedicata ai Monumenti onorari, e, se prima della conquista della Grecia, la figura del generale vincitore, era in abiti militari, corazza, mantello e lungo scettro, dal II secolo a.C. si diffondono soluzioni nuove, 'alla greca': i corpi sono nudi, in posa autorevole, capaci da soli di esprimere le qualità e il carisma della persona onorata. La terza, Vivere alla greca indaga l’affermazione del gusto greco in ogni ambito del vivere, persino nel settore degli arredi domestici come candelieri, tavoli, crateri e vasellame prezioso.
La quarta ed ultima sezione è riservata ai Costumi funerari, che paiono rimanere legati alla tradizione romana, orgogliosamente avvinti nelle pieghe delle loro toghe, simbolo del civis romanus. Corredata da un bel catalogo edito da Skira, la mostra è un vero viaggio alla radice della mentalità dell’Occidente.
Roma, Musei Capitolini, I GIORNI DI ROMA, L’età della conquista (fino al 5 settembre)
«Avvenire» del 16 marzo 2010
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