La cronaca deve fare storia, nutrire e difendere la memoria. «Oggi» non è soltanto un giorno che scorre, «oggi» è anche la chiave vivente per riaprire momenti di ieri, per capire tanti «oggi» del passato
di Roberto Mussapi
Quando l'informazione cancella la profondità
Siamo sommersi e oppressi dal frivolo, dal pettegolezzo, al punto da confonderlo con l’effimero.
L’informazione televisiva (in percentuale altissima) e quella stampata (in percentuale comunque molto alta) ci bombardano quotidianamente di sciocchezze, pettegolezzi, eventi che per avere qualche elemento piccante o inconsueto assurgono a esemplarità, della durata di un attimo.
Da bambino apprendevo non solo a scuola e sui libri, ma anche leggendo il quotidiano che papà ogni giorno ('quotidianamente') acquistava. Non imparavo solo dalla terza pagina o da quella degli spettacoli, ma dalla cronaca. Era un mondo di storie grandi o piccole, ma essenziali, ognuna significativa, anche quando tragica. Ora la tragedia stessa è quasi sempre accettata solo se può essere fraintesa in orrido, in lugubre, lucidamente un tempo, ora inconsapevolmente purgata della sua drammatica complessità.
Così il piccolo e insignificante fatto episodico (che può riguardare un albero che si schianta cadendo su un’auto, un cane semiasfissiato in un’automobile parcheggiata ad agosto, fino all’uomo, trattato più o meno alla stessa stregua), diventa degno di cronaca, perché leggero, attualissimo, letteralmente 'quotidiano'.
Lo nobilitiamo, appunto, definendolo effimero.
L’aggettivo effimero indica invece un avvenimento, una vita, una realtà brevissime per quanto piene, ma destinate a scomparire subito, perché appunto quello è il loro destino.
Effimera è la vita della lucciola, o dell’eroe Achille (gli eroi muoiono giovani e belli): fanno luce, per breve tempo, ma indimenticabilmente.
Un quotidiano, quindi, deve evidenziare ciò che è effimero, che si manifesta e ha senso ma è destinato a svanire subito: deve fissarlo, renderlo carta stampata o voce o immagine registrata, dargli memoria. Cogliere l’occasione dell’attimo per mettere in luce, in risalto, qualcosa di significativo che diversamente scomparirebbe ingiustamente. Forse non è un caso che Montale, grande autore del celebre Le occasioni, fosse poeta e giornalista. La materia prima era la stessa, il mondo, nella sua quotidianità. A cui si aggiunge un’affinità morale e metodologica: mettere in luce ciò che diversamente scomparirebbe senza lasciar segno.
La parola 'occasione' indica ciò che accade, 'cogliere l’occasione' significa non farselo sfuggire. Per registrarlo, per renderlo noto. Un buon giornalista è notoriamente qualcuno a cui non sfuggono mai le occasioni. Vede ciò che accade e ne anticipa sviluppi che ad altri sfuggono. Ma il guaio, un guaio anche morale, è che domina ormai una concezione, più che distorta, rovesciata: non si cerca di cogliere l’occasione ma di crearla, di inventarla.
La logica che un tempo era vigente in certe manifestazioni tipo festival di Sanremo, con la ricerca del pettegolezzo, del piccolo scoop, ora si è estesa all’intero campo del reale. Un esempio lampante è offerto dalla cronaca di eventi antropologicamente incredibili, come 'Il grande fratello' o 'L’isola dei famosi', svolta con l’attenzione e il rigore dedicati alla cronaca della realtà.
Un tempo si invitava il giornalismo a distinguere i fatti dalle opinioni. Oggi si deve auspicare che si distinguano i fatti dalle invenzioni.
Registrando i fatti molti giornali e telegiornali hanno fatto storia: dall’allunaggio di Armstrong alla borraccia tra Bartali e Coppi, all’urlo di Tardelli al Bernabeu, per citare esempi euforizzanti, senza dimenticare quelli drammatici o tragici delle guerre e del lutto. La cronaca deve fare storia, nutrire e difendere la memoria. 'Oggi' non è soltanto un giorno che scorre invitandoci a cogliere l’attimo, secondo il simpatico ma troppo rassegnato Orazio, 'oggi' è anche la chiave vivente per riaprire momenti di ieri, per capire tanti 'oggi' del passato.
L’informazione televisiva (in percentuale altissima) e quella stampata (in percentuale comunque molto alta) ci bombardano quotidianamente di sciocchezze, pettegolezzi, eventi che per avere qualche elemento piccante o inconsueto assurgono a esemplarità, della durata di un attimo.
Da bambino apprendevo non solo a scuola e sui libri, ma anche leggendo il quotidiano che papà ogni giorno ('quotidianamente') acquistava. Non imparavo solo dalla terza pagina o da quella degli spettacoli, ma dalla cronaca. Era un mondo di storie grandi o piccole, ma essenziali, ognuna significativa, anche quando tragica. Ora la tragedia stessa è quasi sempre accettata solo se può essere fraintesa in orrido, in lugubre, lucidamente un tempo, ora inconsapevolmente purgata della sua drammatica complessità.
Così il piccolo e insignificante fatto episodico (che può riguardare un albero che si schianta cadendo su un’auto, un cane semiasfissiato in un’automobile parcheggiata ad agosto, fino all’uomo, trattato più o meno alla stessa stregua), diventa degno di cronaca, perché leggero, attualissimo, letteralmente 'quotidiano'.
Lo nobilitiamo, appunto, definendolo effimero.
L’aggettivo effimero indica invece un avvenimento, una vita, una realtà brevissime per quanto piene, ma destinate a scomparire subito, perché appunto quello è il loro destino.
Effimera è la vita della lucciola, o dell’eroe Achille (gli eroi muoiono giovani e belli): fanno luce, per breve tempo, ma indimenticabilmente.
Un quotidiano, quindi, deve evidenziare ciò che è effimero, che si manifesta e ha senso ma è destinato a svanire subito: deve fissarlo, renderlo carta stampata o voce o immagine registrata, dargli memoria. Cogliere l’occasione dell’attimo per mettere in luce, in risalto, qualcosa di significativo che diversamente scomparirebbe ingiustamente. Forse non è un caso che Montale, grande autore del celebre Le occasioni, fosse poeta e giornalista. La materia prima era la stessa, il mondo, nella sua quotidianità. A cui si aggiunge un’affinità morale e metodologica: mettere in luce ciò che diversamente scomparirebbe senza lasciar segno.
La parola 'occasione' indica ciò che accade, 'cogliere l’occasione' significa non farselo sfuggire. Per registrarlo, per renderlo noto. Un buon giornalista è notoriamente qualcuno a cui non sfuggono mai le occasioni. Vede ciò che accade e ne anticipa sviluppi che ad altri sfuggono. Ma il guaio, un guaio anche morale, è che domina ormai una concezione, più che distorta, rovesciata: non si cerca di cogliere l’occasione ma di crearla, di inventarla.
La logica che un tempo era vigente in certe manifestazioni tipo festival di Sanremo, con la ricerca del pettegolezzo, del piccolo scoop, ora si è estesa all’intero campo del reale. Un esempio lampante è offerto dalla cronaca di eventi antropologicamente incredibili, come 'Il grande fratello' o 'L’isola dei famosi', svolta con l’attenzione e il rigore dedicati alla cronaca della realtà.
Un tempo si invitava il giornalismo a distinguere i fatti dalle opinioni. Oggi si deve auspicare che si distinguano i fatti dalle invenzioni.
Registrando i fatti molti giornali e telegiornali hanno fatto storia: dall’allunaggio di Armstrong alla borraccia tra Bartali e Coppi, all’urlo di Tardelli al Bernabeu, per citare esempi euforizzanti, senza dimenticare quelli drammatici o tragici delle guerre e del lutto. La cronaca deve fare storia, nutrire e difendere la memoria. 'Oggi' non è soltanto un giorno che scorre invitandoci a cogliere l’attimo, secondo il simpatico ma troppo rassegnato Orazio, 'oggi' è anche la chiave vivente per riaprire momenti di ieri, per capire tanti 'oggi' del passato.
«Avvenire» del 23 marzo 2010
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