Se spengo la luce gli orsi polari non muoiono più?
di Piero Vietti
Psicologi inglesi: le nuove generazioni temono il global warming come trent’anni fa si temeva la guerra atomica
Abigail è un bambino di otto anni del Middlesex che tutte le mattine chiude il rubinetto mentre si lava i denti, spegne la luce quando esce da una stanza e va a scuola a piedi perché “pensa sempre agli orsi polari che stanno morendo dato che non hanno più cibo, e questo mi rende molto triste”. Parker ha 15 anni, e dopo avere preso parte a un viaggio in Antartide dove ha visto i pinguini morire di fame pensa “in continuazione ai cambiamenti climatici, molto più di quanto pensi agli esami scolastici”. La mamma di Finn, nove anni, gli ha raccontato che il livello del mare sta salendo, e lui sa che “tonnellate di ossigeno si stanno rovinando”. Per questo a scuola Finn fa la raccolta differenziata e dice ai suoi genitori di chiudere i rubinetti e di smetterla di fare viaggi in giro per il mondo. E’ una generazione di bambini terrorizzati dal clima, quella che emerge da alcune ricerche riportate dal Times: secondo un sondaggio condotto in Australia, un bambino su tre tra i sei e gli undici anni è convinto che la Terra non ci sarà più quando loro saranno adulti.
Se negli anni Settanta la grande paura era lo scoppio di una guerra atomica – scriveva giovedì il Times on line – oggi si teme il cambiamento climatico, onnipotente uomo nero che sommerge le nazioni, inquina i cieli e ammazza gli orsi polari. In Inghilterra, poi, il tutto è esasperato da campagne aggressive del governo che impone l’argomento nei programmi scolastici e ultimamente ha inondato tv e muri delle città con spot e cartelloni inquietanti: un padre che mette a letto il figlio piccolo raccontandogli la storia del mondo che si allagherà uccidendo tutti se lui non spegne la luce quando esce dalla camera, e filastrocche con i personaggi delle fiabe che muoiono di sete perché nel pozzo non c’è più acqua per colpa del riscaldamento globale. “Sempre più genitori mi dicono di essere spaventati per il modo in cui i loro figli hanno a che fare con i temi climatici”, dice al Times Angharad Rudkin, psicologo dell’infanzia. Troppe informazioni grossolanamente esagerate che creano ansia nei bambini, responsabilizzandoli in modo sbagliato: far credere che chiudendo un rubinetto nel Middlesex gli orsi polari avranno da mangiare è solo un esempio delle vette di ipocrisia che l’ideologia climatica ha toccato negli anni. Inutile è stata la protesta dell’Autorità per gli standard pubblicitari inglese che ha censurato gli spot governativi perché eccessivamente spaventosi e stressanti: gli spot vanno avanti, combattere il global warming è ormai causa di forza maggiore che passa sopra a ogni scrupolo.
I bambini sono il pubblico adatto per l’indottrinamento coatto: Rajendra Pachauri, il discusso direttore dell’Ipcc, il panel di scienziati dell’Onu che studia i cambiamenti climatici e che ultimamente è stato smentito dai fatti su diverse previsioni catastrofiche, poche settimane fa ha detto in un’intervista che “i nuovi strumenti per combattere il riscaldamento globale sono i bambini”: terrorizzandoli, faranno sentire in colpa i loro genitori e il mondo cambierà. La cosa sembra funzionare, se Iona, quindicenne di Edimburgo, racconta che quando guarda le notizie in tv vede “terremoti, inondazioni e tsunami” e giustamente spera che quando sarà grande tutto questo non ci sarà più. Spiegargli che terremoti, inondazioni e tsunami non c’entrano nulla con i cambiamenti climatici evidentemente non paga, dato che lui da bravo cittadino, per evitare queste calamità, ricicla, spegne la luce e ogni volta che deve buttare un pezzo di carta cerca “freneticamente un cestino per la raccolta differenziata”.
Un politico è andato a parlare nella scucola di Raphael, dieci anni, a Londra: gli ha spiegato che molti paesi verranno inondati e che il Polo Nord si scioglierà. Rapahel si è spaventato, e quindi trova giusto che nel menu scolastico vengano diminuite le razioni di carne e pesce perché così “è più sostenibile”. Un amico di Raphael gli ha detto che se ci saranno inondazioni in inverno, queste potrebbero provocare un’era glaciale, “e dovremo essere in alto come un campanile per salvarci”. Il catastrofismo climatico prepara un nuovo attacco all’opinione pubblica “educando” generazioni di ambientalisti in serie. E dopo le smentite arrivate dalla scienza a una teoria fino a ieri data per infallibile (quella dell’origine umana del riscaldamento del pianeta), si inventano nuove acrobazie retoriche per riprendere la battaglia. Esempio: l’Economist di questa settimana ammette che ci sono state esagerazioni, ma sostiene che bisogna agire contro i cambiamenti climatici non perché la scienza sull’argomento sia certa, ma proprio perché non lo è affatto.
Se negli anni Settanta la grande paura era lo scoppio di una guerra atomica – scriveva giovedì il Times on line – oggi si teme il cambiamento climatico, onnipotente uomo nero che sommerge le nazioni, inquina i cieli e ammazza gli orsi polari. In Inghilterra, poi, il tutto è esasperato da campagne aggressive del governo che impone l’argomento nei programmi scolastici e ultimamente ha inondato tv e muri delle città con spot e cartelloni inquietanti: un padre che mette a letto il figlio piccolo raccontandogli la storia del mondo che si allagherà uccidendo tutti se lui non spegne la luce quando esce dalla camera, e filastrocche con i personaggi delle fiabe che muoiono di sete perché nel pozzo non c’è più acqua per colpa del riscaldamento globale. “Sempre più genitori mi dicono di essere spaventati per il modo in cui i loro figli hanno a che fare con i temi climatici”, dice al Times Angharad Rudkin, psicologo dell’infanzia. Troppe informazioni grossolanamente esagerate che creano ansia nei bambini, responsabilizzandoli in modo sbagliato: far credere che chiudendo un rubinetto nel Middlesex gli orsi polari avranno da mangiare è solo un esempio delle vette di ipocrisia che l’ideologia climatica ha toccato negli anni. Inutile è stata la protesta dell’Autorità per gli standard pubblicitari inglese che ha censurato gli spot governativi perché eccessivamente spaventosi e stressanti: gli spot vanno avanti, combattere il global warming è ormai causa di forza maggiore che passa sopra a ogni scrupolo.
I bambini sono il pubblico adatto per l’indottrinamento coatto: Rajendra Pachauri, il discusso direttore dell’Ipcc, il panel di scienziati dell’Onu che studia i cambiamenti climatici e che ultimamente è stato smentito dai fatti su diverse previsioni catastrofiche, poche settimane fa ha detto in un’intervista che “i nuovi strumenti per combattere il riscaldamento globale sono i bambini”: terrorizzandoli, faranno sentire in colpa i loro genitori e il mondo cambierà. La cosa sembra funzionare, se Iona, quindicenne di Edimburgo, racconta che quando guarda le notizie in tv vede “terremoti, inondazioni e tsunami” e giustamente spera che quando sarà grande tutto questo non ci sarà più. Spiegargli che terremoti, inondazioni e tsunami non c’entrano nulla con i cambiamenti climatici evidentemente non paga, dato che lui da bravo cittadino, per evitare queste calamità, ricicla, spegne la luce e ogni volta che deve buttare un pezzo di carta cerca “freneticamente un cestino per la raccolta differenziata”.
Un politico è andato a parlare nella scucola di Raphael, dieci anni, a Londra: gli ha spiegato che molti paesi verranno inondati e che il Polo Nord si scioglierà. Rapahel si è spaventato, e quindi trova giusto che nel menu scolastico vengano diminuite le razioni di carne e pesce perché così “è più sostenibile”. Un amico di Raphael gli ha detto che se ci saranno inondazioni in inverno, queste potrebbero provocare un’era glaciale, “e dovremo essere in alto come un campanile per salvarci”. Il catastrofismo climatico prepara un nuovo attacco all’opinione pubblica “educando” generazioni di ambientalisti in serie. E dopo le smentite arrivate dalla scienza a una teoria fino a ieri data per infallibile (quella dell’origine umana del riscaldamento del pianeta), si inventano nuove acrobazie retoriche per riprendere la battaglia. Esempio: l’Economist di questa settimana ammette che ci sono state esagerazioni, ma sostiene che bisogna agire contro i cambiamenti climatici non perché la scienza sull’argomento sia certa, ma proprio perché non lo è affatto.
«Il Foglio» del 22 marzo 2010
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