02 marzo 2010

E l’anticlericalismo riempie gli scaffali

di Stefano Andrini
Nel cuore di Bologna, da qualche tempo, c’è odore di anti-clericalismo. Succede alla libreria Coop Ambasciatori dove sul tema è stato recentemente allestito un settore, con tanto di etichetta di riconoscimento. Davvero sorprendente in un luogo, non certo di nicchia, che tenta la sintesi tra le due anime della città: la dotta e la grassa. Affiancando le eccellenze della gastronomia ai bestseller. Eppure nel tempio della cultura di massa basta chiedere al primo infopoint e, con gentilezza e sollecitudine, si è accompagnati allo scaffale di una tematica che, a prima vista sembrerebbe interessare solo una élite. Bisogna salire al secondo piano per trovarlo.
Un po’ nascosto tra libri di religioni orientale e di scienze umane. Il catalogo, una cinquantina di titoli in tutto, è abbastanza mimetizzato. Compaiono, in ordine sparso, promesse di rivelazione sconcertanti ed esclusive: dalla Bibbia atea alla storia criminale del cristianesimo, tutto Odifreddi e tutto su cardinali e cortigiane, insieme all’immancabile reportage sull’Opus Dei segreta. I clienti che affollano la libreria non sembrano particolarmente attratti: ma, ammonisce l’ultimo numero del Regno-attualità in un articolo di Maria Elisabetta Gandolfi che si occupa della vicenda, «se il libraio decide di creare una sezione apposta da offrire all’acquirente ciò significa che tanti titoli formano una linea e che, pur essendo il sentimento anticlericale antico quanto quello clericale, oggi questa linea si fa consistente».
Quello bolognese è il primo caso in Italia, mentre Oltreoceano è un fatto assodato, visto che nelle grandi catene librarie – esempio Barnes & Noble – compare da tempo il settore "atheism" vicino a quello dedicato a cristianesimo, cattolicesimo, islam, buddismo… Annota ancora Gandolfi: «Mi domando, poi, se tra i due scaffali (l’anticlericale e il religioso) non via sia una relazione uguale ed opposta ovvero se questa parentela non sia la chiave di lettura che il mondo laico ha del fatto religioso in Italia».
L’iniziativa della libreria bolognese è uno «specchio dei tempi», commenta Andrea Menetti di Rebeccalibri, il portale dell’editoria religiosa italiana. «Il primo punto su cui interrogarsi è se la scelta di uno scaffale ad hoc nasca da una richiesta crescente o se invece abbia l’obiettivo di indurre e allargare il consumo di questo genere editoriale. L’altra grossa domanda è se questi titoli sono prodotti in maggioranza nel mondo anglosassone, in Francia o in Germania o se invece sono editi in Italia: in questo caso il discorso si fa più complesso e sicuramente non siamo di fronte ad una goliardata. Perché un conto è il giallo con le sue pur discutibili ricostruzioni: più grave invece quando si va a toccare l’essenza stessa della fede».
«Nelle librerie laiche – osserva Giuliano Vigini, direttore dell’Editrice Bibliografica – cresce il settore religioso anche perché sono molti i grandi editori che pubblicano volumi sul tema. E’ più difficile invece trovare una sezione religiosa ordinata. Tra religione, esoterismo, satanismo si rischia l’effetto suk». E la mescolanza, secondo Vigini, crea problemi di orientamento. «Prendiamo il caso bolognese. L’etichetta anti-clericalismo rischia di essere fuorviante se comprende sia i libelli polemici trainati dai passaggi televisivi sia le opere di studio sul fenomeno. Il risultato è che si rischia di relegare in una sorta di riserva queste sottosezioni. Per risolvere il problema sarebbe importante che le librerie adottassero suddivisioni più larghe come "attualità religiosa" o "i giovani e la fede", solo per fare alcuni esempi». Vigini propone infine un consiglio agli editori cattolici (4000 titoli all’anno, il secondo posto dietro la narrativa anche come tiratura) che fanno sempre fatica ad entrare nelle librerie laiche. «Anche questo è un problema di orientamento. Una top ten dei libri di cultura religiosa faciliterebbe la scelta della libreria anche sotto il profilo della classificazione delle opere».
«Se c’è uno scaffale sull’anticlericalismo» annota il sociologo Ivo Colozzi «significa che c’è una domanda crescente del mercato». E spiega così il fenomeno. «La Chiesa è diventata segno di contraddizione. Se fino a qualche tempo fa era parte integrante del nostro bagaglio culturale, ora ha spinto l’acceleratore sulla proposta e sull’identità. E questo suscita reazioni di ostilità che trovano un riverbero anche nella produzione editoriale». Secondo Colozzi la comparsa dell’anti-clericalismo nel «supermercato» dei libri non ingabbierà il fenomeno né lo renderà meno trasgressivo. «Qualsiasi tendenza culturale oggi ha bisogno del supporto mediatico. Senza l’etichetta che identifica lo scaffale anche l’anti-clericalismo non esisterebbe».
Da parte sua l’opinionista Gianni Gennari commenta: «Sorridiamo malinconicamente sul fatto indegno che, se cerchi una Bibbia o un Vangelo in una grande libreria laica, ti guardano come un estraneo e però viene ospitato tutto ciò che va contro la Chiesa. Mentre nelle librerie cattoliche trovi spesso anche i libri più laicisti e stupidi». Ma il problema vero, secondo Gennari, è intendersi su cos’è l’anti-clericalismo: «C’è quello sacrosanto che ha origine nel Vangelo ed è stato professato dai grandi santi. Una ribellione sana contro l’utilizzo della fede cristiana a scopo di potere. Ma nel caso della libreria di Bologna si va oltre l’anticlericalismo: per dare spazio soprattutto all’anti-cristianesimo e all’anti-papismo. E alla tendenza culturale che ritiene mitico e irrazionale tutto ciò che fa riferimento alla fede cristiana».
«La presenza di certe collane in libreria – aggiunge Gennari – non mi meraviglia. Ma la risposta dei cattolici non deve essere improntata alla paura cedendo alla tentazione di rispondere con esagerazioni ad altre esagerazioni. Di fronte all’anti-clericalismo le nostre armi si chiamano coraggio e mitezza, solidità e rinnovamento del nostro modo di comunicare».
«Avvenire» del 2 marzo 2010

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