Un’antologia che sulle orme di Esopo e Fedro attraversa i secoli recenti e arriva ad oggi, fino a Buzzati e Quinzio. Gli animali protagonisti di storie ove rappresentano vizi e virtù umani
di Bianca Garavelli
L'opera curata da Gino Ruozzi ricorda le «Fiabe italiane» di Calvino. Tra gli autori si va da Alberti, Bruno, Galilei, fino a Nievo e Fogazzaro, per arrivare ai contemporanei
Nel Medioevo gli animali avevano un posto di rilievo nella letteratura, anzi avevano addirittura provocato un genere, il "bestiario", dov'erano protagonisti di brevi storie in cui rappresentavano vizi, virtù e umani enigmi. Erede della favola, il genere da Esopo passato a Fedro, e naturalmente segnato dai tipici tratti dell'età di mezzo, didascalica e spirituale, il bestiario a sua volta crea delle filiazioni inaspettate molti secoli dopo, come dimostra questo monumentale lavoro di ricerca, classificazione e scelta antologica, che Gino Ruozzi, che insegna Letteratura italiana all'Università di Bologna, ha da poco compiuto. In Favole, apologhi e bestiari. Moralità poetiche e narrative nella letteratura italiana segue le orme del Calvino di Fiabe italiane, ma su un arco di tempo ben più vasto, dal Medioevo ai giorni nostri, concludendo con le belle poesie della recente raccolta Poesie con animali (Einaudi 2006) di Franco Marcoaldi.
Ruozzi fa seguire all'agile introduzione generale altre introduzioni parziali, ma specifiche e precise, a ciascun periodo affrontato, e l'arricchisce di un'ottima bibliografia. Il lettore potrà farsi un'idea piuttosto completa di come gli animali sono stati scelti per raccontare o spiegare, persino fare riflessioni filosofiche, o di come il genere "apologo", anche senza animali, sia riuscito a vivere fino ai tempi nostri, grazie alle invenzioni di ottimi scrittori contemporanei non ignari della tradizione. I bestiari non sono certo facilmente reperibili, e Ruozzi ce ne propone una scelta interessante, mostrando anche come la tendenza ad attribuire significati a certe abitudini del mondo animale fosse passata alla poesia: per esempio, la celebre immagine della farfalla notturna che si brucia al fuoco della «lumera», allegoria dell'amante che arde di passione amorosa, di Chiaro Davanzati. Ma dopo il medievale Bestiario moralizzato le «moralità» continuano nel Quattrocento con gli Apologhi di Leon Battista Alberti, e passando per il Candelai o di Giordano Bruno, e il Saggiatore di Galileo Galilei, di cui si svela la bella favola sulla generazione dei suoni, ci fanno giungere al secolo dei lumi. E qui c'è da sorprendersi per quanti testi su volpi, topi, asini e gatti ci si aprono davanti, in un bisogno di raccontare moralizzando che passa naturalmente all'Ottocento, come «un'onda lunga» da cui si lasciano travolgere anche Ippolito Nievo e Antonio Fogazzaro.
I secoli passano, le culture si contaminano, gli influssi si concretizzano in stilemi e parole. Così nel Novecento gli animali da tranquilli incontri quotidiani si trasformano in inquietanti esperienze notturne, come nei racconti agghiaccianti di Dino Buzzati e nelle lievi eppure spaventose di Storie di cani per una bambina (Bompiani 1996) di Dacia Maraini. Chi non sospettasse che Edoardo Albinati si è cimentato nel genere apologo, troverà qui una bella sorpresa tratta dai suoi Orti di guerra (Fazi 1997). Come resterà sorpreso di trovare anche Andrea Camilleri, mentre non si stupirà di fronte a un poeta incline alla metafisica del quotidiano come Roberto Carifi, che ultimamente ha composto nitidi dialoghi zen incentrati sul personaggio di Masao. Ruozzi ci offre il suo punto di vista, cataloga come appartenenti a un genere che non sia semplicemente quello del racconto anche brevi testi di giovani autori noti e meno noti, come le «parabolette evangeliche» divertenti e un po' irriverenti di Guido Conti, che era stato anticipato dalle rivisitazioni pessimistiche delle parabole di Sergio Quinzio in Dalla gola del leone (Adelphi 1980), e i testi brevissimi di Alessandro Trasciatti (Prose per viaggiatori pendolari, Mobydick 2002). E il lettore troverà anche delle conferme, come la frequentazione del genere favola da parte di Raffaele Crovi, di cui è noto il libro, forse non solo per ragazzi, I fratelli Peste (Aragno 2000) e l'ecologismo misto ad amore per i gatti di Giorgio Celli.
Ruozzi fa seguire all'agile introduzione generale altre introduzioni parziali, ma specifiche e precise, a ciascun periodo affrontato, e l'arricchisce di un'ottima bibliografia. Il lettore potrà farsi un'idea piuttosto completa di come gli animali sono stati scelti per raccontare o spiegare, persino fare riflessioni filosofiche, o di come il genere "apologo", anche senza animali, sia riuscito a vivere fino ai tempi nostri, grazie alle invenzioni di ottimi scrittori contemporanei non ignari della tradizione. I bestiari non sono certo facilmente reperibili, e Ruozzi ce ne propone una scelta interessante, mostrando anche come la tendenza ad attribuire significati a certe abitudini del mondo animale fosse passata alla poesia: per esempio, la celebre immagine della farfalla notturna che si brucia al fuoco della «lumera», allegoria dell'amante che arde di passione amorosa, di Chiaro Davanzati. Ma dopo il medievale Bestiario moralizzato le «moralità» continuano nel Quattrocento con gli Apologhi di Leon Battista Alberti, e passando per il Candelai o di Giordano Bruno, e il Saggiatore di Galileo Galilei, di cui si svela la bella favola sulla generazione dei suoni, ci fanno giungere al secolo dei lumi. E qui c'è da sorprendersi per quanti testi su volpi, topi, asini e gatti ci si aprono davanti, in un bisogno di raccontare moralizzando che passa naturalmente all'Ottocento, come «un'onda lunga» da cui si lasciano travolgere anche Ippolito Nievo e Antonio Fogazzaro.
I secoli passano, le culture si contaminano, gli influssi si concretizzano in stilemi e parole. Così nel Novecento gli animali da tranquilli incontri quotidiani si trasformano in inquietanti esperienze notturne, come nei racconti agghiaccianti di Dino Buzzati e nelle lievi eppure spaventose di Storie di cani per una bambina (Bompiani 1996) di Dacia Maraini. Chi non sospettasse che Edoardo Albinati si è cimentato nel genere apologo, troverà qui una bella sorpresa tratta dai suoi Orti di guerra (Fazi 1997). Come resterà sorpreso di trovare anche Andrea Camilleri, mentre non si stupirà di fronte a un poeta incline alla metafisica del quotidiano come Roberto Carifi, che ultimamente ha composto nitidi dialoghi zen incentrati sul personaggio di Masao. Ruozzi ci offre il suo punto di vista, cataloga come appartenenti a un genere che non sia semplicemente quello del racconto anche brevi testi di giovani autori noti e meno noti, come le «parabolette evangeliche» divertenti e un po' irriverenti di Guido Conti, che era stato anticipato dalle rivisitazioni pessimistiche delle parabole di Sergio Quinzio in Dalla gola del leone (Adelphi 1980), e i testi brevissimi di Alessandro Trasciatti (Prose per viaggiatori pendolari, Mobydick 2002). E il lettore troverà anche delle conferme, come la frequentazione del genere favola da parte di Raffaele Crovi, di cui è noto il libro, forse non solo per ragazzi, I fratelli Peste (Aragno 2000) e l'ecologismo misto ad amore per i gatti di Giorgio Celli.
A cura di Gino Ruozzi, FAVOLE, APOLOGHI E BESTIARI, Bur/Rizzoli, pp. 642, € 14,00
«Avvenire» del 14 apriel 2007
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