La Carta dei valori dell'integrazione
di Souad Sbai
È stata presentata ieri dal ministro degli Interni Giuliano Amato la Carta dei valori, importante banco di prova per i rappresentanti musulmani facenti parte della Consulta islamica. Tantissimi e di estrema importanza i temi in questione, ma alcuni in particolare hanno suscitato la piena adesione della maggioranza della Consulta e della Comunità delle donne marocchine.
Il documento ha chiarito alcuni punti che a noi, donne del Marocco, stavano particolarmente a cuore come quello inerente il riconoscimento dell'uguaglianza tra l'uomo e la donna, e dunque il godimento di pari diritti tra coniugi, il "no" alla poligamia, la necessità della conoscenza della lingua italiana per l'ottenimento della cittadinanza italiana. E ancora, la condanna di ogni discriminazione razziale, sessuale e religiosa, il riconoscimento all'interno della coppia di pari potestà educativa, ferma restando la libertà di pensiero dei figli e la libera scelta religiosa per qualsiasi individuo.
Vogliamo tuttavia considerare il raggiungimento di questo risultato non come un punto di arrivo, ma come la partenza per l'ottenimento di ulteriori traguardi. Se il ribadire concetti come l'uguaglianza tra uomo e donna e il "no" ai matrimoni poligamici può apparire come un atto scontato, chi ha partecipato alle riunioni della Consulta può ben capire come niente di tutto questo sia, in realtà, mai stato considerato ovvio. Le opposizioni in merito all'approvazione del testo ci sono e continueranno ad esserci ma il fatto che, una volta per tutte, questi ed altri temi fondamentali siano stati messi nero su bianco e precisati in un testo ufficiale, in maniera tale da evitare qualsiasi fraintendimento o arbitraria interpretazione, è di estrema importanza, soprattutto per quelle donne, marocchine e no, che quotidianamente vivono l'inferno dei matrimoni poligamici imposti e della totale assenza di diritti. La Carta dei valori dà nuovamente coraggio alle donne che lo avevano perso, a tutte coloro che si ritrovano in balia di un illegale potere patriarcale e che avevano bisogno di una decisa presa di posizione da parte delle Istituzioni italiane. È pensando a tutte loro che possiamo affermare: oggi una battaglia è stata vinta. Ma, ribadiamo, questo è solo l'inizio, ci sono altri obiettivi sui quali lavorare ancora.
La nostra battaglia continuerà anche a prescindere dalla Consulta, e si concentrerà su altre questioni di estrema rilevanza come quella riguardante il controllo sulle scuole islamiche, nelle quali deve prevalere l'insegnamento della lingua italiana come punto fondamentale per formare cittadini e uomini consapevoli; e ancora sul controllo delle moschee e dei loro finanziamenti e sull'adeguata preparazione di figure importanti come gli imam. Ci auguriamo in ogni caso che da oggi sia più chiaro per tutti (anche se si parla di concetti già ben specificati dalla Costituzione italiana) che le donne immigrate devono avere gli stessi doveri e godere degli stessi diritti delle donne italiane; da oggi potranno sentirsi più protette anche a livello legale, poiché le istituzioni giuridiche avranno un testo di riferimento in più quando si troveranno ad affrontare materie controverse come quella dei matrimoni poligamici in Italia.
Il documento ha chiarito alcuni punti che a noi, donne del Marocco, stavano particolarmente a cuore come quello inerente il riconoscimento dell'uguaglianza tra l'uomo e la donna, e dunque il godimento di pari diritti tra coniugi, il "no" alla poligamia, la necessità della conoscenza della lingua italiana per l'ottenimento della cittadinanza italiana. E ancora, la condanna di ogni discriminazione razziale, sessuale e religiosa, il riconoscimento all'interno della coppia di pari potestà educativa, ferma restando la libertà di pensiero dei figli e la libera scelta religiosa per qualsiasi individuo.
Vogliamo tuttavia considerare il raggiungimento di questo risultato non come un punto di arrivo, ma come la partenza per l'ottenimento di ulteriori traguardi. Se il ribadire concetti come l'uguaglianza tra uomo e donna e il "no" ai matrimoni poligamici può apparire come un atto scontato, chi ha partecipato alle riunioni della Consulta può ben capire come niente di tutto questo sia, in realtà, mai stato considerato ovvio. Le opposizioni in merito all'approvazione del testo ci sono e continueranno ad esserci ma il fatto che, una volta per tutte, questi ed altri temi fondamentali siano stati messi nero su bianco e precisati in un testo ufficiale, in maniera tale da evitare qualsiasi fraintendimento o arbitraria interpretazione, è di estrema importanza, soprattutto per quelle donne, marocchine e no, che quotidianamente vivono l'inferno dei matrimoni poligamici imposti e della totale assenza di diritti. La Carta dei valori dà nuovamente coraggio alle donne che lo avevano perso, a tutte coloro che si ritrovano in balia di un illegale potere patriarcale e che avevano bisogno di una decisa presa di posizione da parte delle Istituzioni italiane. È pensando a tutte loro che possiamo affermare: oggi una battaglia è stata vinta. Ma, ribadiamo, questo è solo l'inizio, ci sono altri obiettivi sui quali lavorare ancora.
La nostra battaglia continuerà anche a prescindere dalla Consulta, e si concentrerà su altre questioni di estrema rilevanza come quella riguardante il controllo sulle scuole islamiche, nelle quali deve prevalere l'insegnamento della lingua italiana come punto fondamentale per formare cittadini e uomini consapevoli; e ancora sul controllo delle moschee e dei loro finanziamenti e sull'adeguata preparazione di figure importanti come gli imam. Ci auguriamo in ogni caso che da oggi sia più chiaro per tutti (anche se si parla di concetti già ben specificati dalla Costituzione italiana) che le donne immigrate devono avere gli stessi doveri e godere degli stessi diritti delle donne italiane; da oggi potranno sentirsi più protette anche a livello legale, poiché le istituzioni giuridiche avranno un testo di riferimento in più quando si troveranno ad affrontare materie controverse come quella dei matrimoni poligamici in Italia.
«Avvenire» del 24 aprile 2007
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