di Lucetta Scaraffia
Gridare al complotto per giustificare una sconfitta lascia sempre il tempo che trova. E così è avvenuto, infatti, quando nel 2004 Rocco Buttiglione è stato bocciato come commissario europeo per i Diritti Civili e le Libertà. Anche chi non era pregiudizialmente contrario alla sua nomina finì con il pensare che qualche errore il filosofo doveva averlo commesso, se non altro quello di usare il termine «peccato» in una sede politica. Molti, però, colsero subito la natura illiberale e il fondo anticattolico di chi si era opposto alla sua candidatura. E oggi di questo si trova conferma nella minuziosa ricostruzione dei fatti che Luca Volonté ha realizzato nel libro La congiura di Torquemada (Rubettino). Il «complotto» c’era, e in particolare forte fu la delegittimazione del politico italiano messa in opera dall’Ilga, associazione per la difesa dei diritti di gay e lesbiche: come del resto è stato successivamente rivendicato dal sito dell’associazione stessa. In sostanza, si è trattato di un processo inquisitorio sulle opinioni, sulla confessione religiosa e, in particolare, sull’idea di omosessualità del candidato. E a proposito di questa è emerso un nuovo paradigma culturale, che oggi si è affermato con successo: soltanto gli omosessuali hanno diritto a definire e a qualificare il proprio orientamento. Sarebbe come se i cattolici potessero essere definiti solo dai cattolici, i socialisti dai socialisti, e via dicendo. Si afferma così in prospettiva l’idea di una molteplicità di culture chiuse, che esclude qualsiasi possibilità di libero dibattito: si può fare ciò che si vuole, ma non si può dire ciò che si pensa (beninteso senza offendere e togliere diritti a nessuno). E questo mi sembra, come minimo, una bella contraddizione.
«Corriere della sera» del 31 marzo 2007
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